Le Vacanze di Patrizia (Seconda Parte)
Quella fu una delle serate più tristi della mia vita. Passai tutto il tempo a ripensare alla telefonata con Patrizia (e con Piero). Sentivo come se avessi un pipistrello nello stomaco. La cosa che mi turbava di più era la mia stessa reazione a quello che stavo succedendo.
Davanti agli occhi mi si presentava continuanamente l'immagine di Patrizia, coi suoi capelli corvini e il suo viso delizioso, che con la bocca e con la lingua si industriava adorante su un cazzo che nella mia mente perversa immaginavo di dimensioni mostruose. E una voce maligna dentro di me mi ripeteva che quello che immaginavo stava realmente accadendo, in quel preciso istante. Allora la testa mi girava, il cuore mi si stringeva e, maledizione, il cazzo mi si drizzava.
Non potevo fare a meno di ammeterlo. L'idea di Patrizia che spompinava Piero mi eccitava da morire. Come era possibile? Ero forse un frocio? Un pervertito? Un masochista? Forse, dissi a me stesso, in fondo di Patrizia non mi interessa granché. Mai frase mi sembrò più falsa. Anzi, in quel momento amavo Patrizia come non l'avevo mai amata prima. Pensai a lei, e subito la immaginai che mi guardava con dolcezza, mentre faceva scorrere la lingua lateralmente sull'asta di un cazzo mastodontico. E di nuovo pensai, disperatamente eccitato, che in quel preciso istante...
E quello che avevo detto a Piero, allora? Non riuscivo ancora a rendermi conto di come era possibile. L'avevo invitato, più o meno esplicitamente, sia a prenderla nel culo, sia a passarla agli amici. Roba da matti! Eppure anche quelle prospettive mi eccitavano. Senza dubbio mi eccitavano. E il fatto che mi eccitavano mi dava la nausea e mi faceva stare male.
Così si rincorrevano e rimbalzavano i pensieri nella mia testa, mentre i miei amici mi trascinavano letteralmente a trascorrere quella che doveva essere una folle serata di divertimento e di rimorchio. Purtroppo, nel mio stato, fui una palla al piede per tutto il gruppo. Loro contavano sul mio apporto ai tentativi di aggancio delle ragazze sulla passeggiata lungomare. Dicevano che ero il più spigliato, quello che ci sapeva fare meglio, forse addirittura il più carino. Ma in quel momento delle altre ragazze non me ne fregava niente. Trovavo inoltre umiliante il rischio di ricevere, in risposta ad un tentativo d'approccio, un commento sgarbato, magari un vaffanculo, da una ragazza qualsiasi, mentre la MIA ragazza, centomila volte più bella, in quel preciso istante...
E di nuovo mi apparse Patrizia che mugolando di piacere disegnava ghirigori con la lingua su una cappella delle dimensioni di una grossa albicocca, mentre con le dita circondava l'asta vicino alla base (coprendone a malapena i tre quarti della circonferenza) e la carezzava delicatamente, su e giù. Poi si girava a guardarmi e mi strizzava l'occhio, sorridendo provocante, e mi chiedeva "Allora professore? Come me la sto cavando?".
"Fabio! Fabio!"
"Che c'è?"
"Ma non l'hai vista quella bionda con le cosce di fuori che è passata? T'ha pure sorriso!"
"No, scusami. Stasera non ci sto con la testa."
"E si vede! Ma che c'hai?"
"Niente, niente. Sediamoci un attimo al bar, va'. Offro io". Mi accorsi che gli altri si guardavano tra loro, scuotendo la testa.
La serata presto degenerò. Il mio cattivo umore contagiò gli altri e alla fine ce ne tornammo al villaggio, più scazzati che mai. Era appena l'una di notte, prestissimo per un gruppo di circa-ventenni in vacanza al mare.
A letto fu ancora peggio. Le visioni di Patrizia alle prese con il cazzo-monstre duravano non più pochi secondi, ma interi minuti, e l'erezione che mi provocavano era ancora più imbarazzante, visto che condividevo un lettone matrimoniale con Sergio. Mi giravo e mi rigiravo nel letto, tentando di scacciare le immagini che infestavano i miei pensieri. Sergio a un certo punto sbottò "A Fabio! E armeno facce dormi'!".
Allora mi arresi. Mi alzai ed usciì dall'appartamento. Come uno zombie mi diressi verso la cabina telefonica del villaggio. Si erano fatte le tre e non girava un'anima. Frugai nella tasca dei pantaloni e ritrovai il foglietto con il numero di cellulare di Piero. Non sapevo cosa gli avrei detto di preciso. Volevo sapere qualcosa, qualsiasi cosa. Chiamai il numero.
"Piero? Sono Fabio. Dormivi? Ti disturbo?"
"Oh, ciao, ti ho riconosciuto OSVALDO. Mi prendi in un momento delicato. In questo momento sono sdraiato su una spiaggia isolata, alla luce della luna, e una bellissima ragazza romana di nome Patrizia mi sta facendo una pompa da urlo."
Il sangue mi si gelò nelle vene. Ero rimasto senza parole. Lo stavano facendo, in quel momento, e io ero al telefono con lui.
Piero si rivolse a Patrizia dicendo qualcosa come: è un mio amico, vuoi che attacco? Lei gli rispose, ma non afferravo quello che diceva.
Riprese a parlare al telefono, fingendo di rispondere ad una mia domanda. "No OSVALDO, non ti preoccupare, parla pure. Lei dice che trova eccitante succhiarmelo mentre parlo al telefono."
La voce di Piero era appena un sussurro, il suo respiro affrettato. Ascoltando attentamente riuscivo a sentire in sottofondo gli inconfondibili mugolii di Patrizia al lavoro sul cazzo di lui.
"Come siete finiti a quest'ora?"
"Oh, è la fine del mondo! Pensa che questo è il terzo bocchino che mi fa stasera. Me ne ha già fatti due in albergo, prima. Stavo riaccompagnandola a casa, ma abbiamo visto questa spiaggia e ci siamo fermati per una paccata. Me l'ha palpato un po' sopra i calzoni e appena ha sentito che ce l'avevo duro l'ha tirato fuori e si è messa all'opera. è insaziabile."
Patrizia mugolava più forte. Aver sentito descrivere la sua condotta in maniera così cruda probabilmente l'aveva eccitata ulteriormente, e con ogni probabilità stava sfogando la sua eccitazione decuplicando il suo impegno sul cazzo di Piero. Anche io mi stavo eccitando da impazzire.
"Come sta andando?"
"E' bravissima, deve essere la migliore pompinara di Roma." Piero aveva intuito che questi discorsi attizzavano Patrizia, a tutto beneficio dei lavori in corso. E insisteva. "Come dici OSVALDO? Vuoi andarla a trovare a Roma?" poi si rivolse a Patrizia: "Ha detto che vuole provarti anche lui e vuole il tuo numero. Che faccio?" Patrizia gli chiese qualcosa e Piero le rispose: "Sicuro, è un bellissimo ragazzo. Deve essere simile al tuo Fabio."
"Ha detto che va bene, OSVALDO. Ti aspetta. Segnati il numero: 06/...... "
Ero esterrefatto. Prima di tutto Patrizia aveva dato il suo numero a Piero. Secondo, non aveva niente in contrario che questo numero circolasse anche tra i suoi amici. Cosa dovevo aspettarmi per l'inverno prossimo? Una lunga schiera di milanesi, magari anche gite organizzate, che venivano a Roma a farsi fare bocchini dalla mia Patrizia?
In quel momento Piero ansimò. "Madonna, OSVALDO... Mi sta passando la lingua tra i coglioni... Mmmh!... Ora ne ha preso uno in bocca e lo sta succhiando piano... Cazzo, che libidine!"
"Piero, piantala, ti prego..."
"Ora sta tornando verso la punta con la lingua appiattita sul cazzo... Mamma mia, che gusto!... Ha tutta la lingua fuori della bocca e ci sta strofinando sopra la cappella."
"Ti prego, mi sto eccitando..." In quell'istante sentii Patrizia sussurrare qualcosa.
"Osvaldo, Patrizia vuole che ti masturbi, mentre io ti descrivo quello che mi sta facendo. Ha detto che devi farlo, in cambio del pompino che ti farà quando andrai a trovarla. Vuole farci venire tutti e due contemporaneamente". Non ci pensai due volte. Anche se non ero Osvaldo avevo raggiunto un livello di eccitazione irreversibile. La cabina era in un angolo buio e intorno non girava un'anima. Lo tirai fuori dalla cerniera. Era gonfio e duro come non l'avevo mai visto. Intanto Piero continuava.
"Me l'ha preso in bocca e me lo sta succhiando... Oohh!... Sta pompando su e giù... Dio... che bocca... che bocca... " A conferma di quanto diceva, sentivo distintamente in sottofondo che i miagolii e i sospiri di Patrizia si erano trasformati in un ritmico "mh...mh...mh...".
Piero aveva la voce strozzata. "Aah! Fab... Osvaldo... non la reggo più... la radiocronaca... ti mando in... presa diretta...". Non sentii più la sua voce, ma i mugolii ritmici di Patrizia erano estremamente più chiari. Doveva aver avvicinato il cellulare al cazzo. Forse se l'era appoggiato sul ventre. Sentivo addirittura Patrizia che respirava affannata con il naso e i rumori di risucchio che la sua bocca provocava. Tenevo la cornetta forocemente incollata all'orecchio per cogliere ogni minimo particolare, mentre con l'altra mano mi masturbavo selvaggiamente. Con quel poco di lucidità che mi era rimasta mi resi conto che anche Patrizia, attraverso il telefonino, poteva sentire il mio ansimare. Allora ansimai volutamente più forte, in curiosa sintonia con i sospiri di godimento di Piero, ancora udibili in sottofondo.
Piero fu il primo a venire. Emise un lunghissimo "Aaahhhhhh!" e subito mi accorsi che i rumori di suzione si erano interrotti mentre il "mh... mh..." ritmico di Patrizia era stato sostituito da brevi rigurgiti, come piccoli singhozzi intervallati, in corrispondenza, intuii, agli schizzi del cazzo di Piero nella sua bocca. Piero schizzò quattro... cinque... sei volte. Patrizia emise un lungo "Mmmmmmmh!" di apprezzamento, attutito dalla presenza del cazzo ancora nella sua bocca. Poteva significare "mmmh, quanto sperma!" oppure "mmmh, che buono!", oppure entrambe le cose. Fu quel mugolio soddisfatto a far scattare il mio orgasmo. Ansimai con voce roca "Vengooohhh!" nella cornetta e schizzai dappertutto dentro la cabina. Patrizia doveva avermi sentito, poiché (sicuramente aveva ancora il cazzo di Piero tra le labbra) emise una specie di squittio divertito. Poi la sentii distintamente deglutire lo sperma di Piero (in ben tre "gulp" distinti) e infine, mentre sfilava la bocca dal cazzo, fare lo stesso "aaahh!" di chi ha appena bevuto da una bottiglia di acqua fresca. Fece un risolino e disse "Ehi! Ho fatto godere anche Osvaldo! Osvaldo, ci sei?".
Prima che Patrizia potesse avere la tentazione di rivolgersi direttamente al finto Osvaldo (ma muoio dalla curiosità di sapere cosa gli avrebbe detto) Piero recuperò il cellulare. Avevamo entrambi il fiato corto.
"Che esperienza sconvolgente!"
"Figurati per me!" risposi. "Falle i complimenti. Da parte di Osvaldo. Cosa sta facendo, ora?"
"Mi sta ripulendo il cazzo con la lingua. Lo fa sempre."
"Lo so. Beato te! Io invece non ho neanche un kleenex e qui ho schizzato dappertutto..."
"Beh, Osvaldo, ci risentiamo. Se ci sono novità te le farò sapere."
"Grazie Piero. Ciao."
Usciì dalla cabina, barcollando. Raccolsi della sabbia per terra e vi ricoprii tutte le chiazze di sperma sul pavimento e sulle pareti della cabina. L'aver sfogato tutta la tensione sessuale accumulata mi aveva sicuramente fatto bene. Ero lucido e sereno come mai lo ero stato nelle ultime ore.
Mentre tornavo a casa, riflettevo.
Ok! Mi eccita che Patrizia faccia sesso con un altro. Prendo atto. Ma, in fondo, che male c'è?
Certo, se la cosa si veniva a sapere io mi sarei fatto la fama del "cornuto" e lei della "sgualdrina". E questo poteva essere oltremodo fastidioso. Ma bastava muoversi con un minimo di discrezione e selezionare le giuste occasioni e i giusti partner e il rischio sarebbe stato minimo. E poi... 'sti cazzi di quello che dice e pensa la gente!
La questione seria era un'altra. Poteva, quello che era successo, nuocere al nostro rapporto? Ci pensai a fondo e decisi per il no. Per quello che mi riguardava, gli ultimi eventi avevano addirittura amplificato i miei sentimenti per Patrizia. Non mi ero mai reso conto di amarla così tanto. E da parte di Patrizia? Vediamo... io al posto suo... se io rimorchiassi qualche gran fica e me la trombassi a ripetizione cambierebbero i miei sentimenti per Patrizia? No, affatto! E se Patrizia sapesse, e approvasse, e facesse addirittura il tifo per me? Troppa grazia... arriverei ad adorarla. E allora...
Mi sentivo sicuro. Patrizia mi voleva ancora bene, forse ancora di più. Mi sbagliavo? Chissà? L'avrei saputo presto. Domani sera (anzi, STAsera... cazzo sono le quattro meno un quarto!) le avrei telefonato. Avrei subito capito che aria tirava. E poi mi doveva raccontare ben tre bocchini. Non vedevo l'ora di ascoltare il suo rapporto. Rapporto... orale, sghignazzai tra me.
Rientrai, cercando di non svegliare i miei amici. Sergio bofonchiò "A Fabio! Ma 'ndo cazzo sei annato!?" e si riaddormentò. Mi addormentai subito anche io. E dormii come un bambino fino a mezzogiorno.
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