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Piccolo Capriccio

 
Aveva ragione Federica. Quel film non era un granché. Anzi, diciamolo, era quello che la critica cinematografica più raffinata ama definire una "mattonata bestiale". Evidentemente mi ero fatto suggestionare un po' troppo dal trailer in tv senza dare ascolto allo scarso entusiasmo di chi lo aveva visto.
Anche Federica si era mostrata vagamente perplessa quando glielo avevo proposto, ma poi, dolcemente come al suo solito, aveva detto "Come vuoi tu, amore" ed aveva acconsentito.
La scena che veniva proiettata in quel momento era talmente penosa da farmi sentire in imbarazzo. Ritenni doveroso riconoscere il mio errore di valutazione, e stavo proprio per piegarmi con la testa di lato verso di lei per farlo, quando lei mi anticipò, avvicinandosi e sussurrandomi all'orecchio: "Sai, amore, mi è venuta una voglia..."

"Che voglia?" risposi io, un po' spiazzato.

"Una voglia... un piccolo capriccio... Sono sicura che hai capito..." e piantò i suoi occhi nei miei, sorridendo maliziosa.

Non sapevo bene cosa dire. In realtà non avevo idea di cosa avesse in mente. Avevo un vago sospetto, ma nulla di sicuro. Al tempo stesso non volevo fare la figura di quello che non ci arriva.

"Beh... io..." balbettai incerto. Ma lei mi interruppe subito.

"Dai, vieni" disse, e si alzò camminando di fianco nella nostra fila di sedie verso l'esterno della sala. Lei, piccolina ed esile, si muoveva con molta agilità in quello spazio stretto. Per me invece, massiccio e muscoloso come sono, l'operazione fu un po' più complicata. In pochi secondi comunque la raggiunsi. Mi prese per mano e sparì dietro lo spesso tendaggio che copriva un'uscita laterale, portandomi con sé. Ci ritrovammo nel corridoio che conduceva verso l'uscita d'emergenza. C'erano anche i bagni, qulche metro più avanti, segnalati da un'indicazione. Federica si diresse in quella direzione, trascinandomi con decisione dietro di lei.

Esitò un attimo di fronte alle due porte affiancate. "Donne" o "Uomini"? Entrò da sola per qualche secondo in quello delle donne, poi tornò fuori.

"Vieni pure. Non c'è nessuno." Mi disse con aria complice, facendomi cenno di seguirla.

Ci infilammo in uno dei due gabinetti riservati alle donne. Era piuttosto angusto per starci dentro in due persone, ma neanche troppo minuscolo. La serratura chiudeva bene, la luce funzionava e la privacy era accettabile. Non c'erano odori troppo fastidiosi e l'ambiente sembrava decentemente pulito.

Appena la porta si chiuse dietro di noi, Federica mi gettò le braccia al collo e, alzandosi in punta di piedi, mi baciò con passione. Risposi con entusiasmo al bacio, chinandomi verso di lei, ma ero ancora un po' dubbioso su cosa avesse in mente di preciso.

"Me lo concedi, amore, questo piccolo capriccio?", chiese, con voce dolce. Annuii, non troppo convinto.

Manovrandomi gentilmente, mi fece posizionare in piedi davanti al water, come se dovessi pisciare. Lei restò alle mie spalle e da dietro mi sussurrò "Dai, amore... slaccia i pantaloni..."

Ormai tutti i miei dubbi erano spariti. Avevo capito le sue intenzioni e, sebbene trovassi tutto piuttosto assurdo, provai un oscuro brivido di eccitazione. Obbediente slacciai la fibbia della cintura, poi il bottone e la zip. Le sue mani intervennero, anticipandomi, e in un attimo mi ritrovai denudato fino alle ginocchia. Federica stava cominciando a respirare con un po' più di affanno, ma anche io ero piuttosto turbato.

Mi fece piegare leggermente in avanti, fino a farmi poggiare gli avambracci contro il muro, quindi allungò una mano verso le mie natiche. Inizialmente si limitò a sfiorarne il profilo, poi la sua carezza si fece più ardita. Palpò ed esplorò con decisione.

"Amore, hai un culo magnifico..." sussurrava, saggiandone la consistenza. In realtà non era l'unico dettaglio del mio fisico palestrato ad essere meritevole d'attenzione. Tutta la mia possente muscolatura riceveva unanime ammirazione tutte le volte che mi capitava di sfoggiarla. Non che lei non l'apprezzasse, intendo. Anzi, ne era la prima ammiratrice. Ma il mio culo la faceva impazzire da sempre. E negli ultimi tempi ancora di più.

"Dammi la cintura, dai..." sospirò ansiosa.

Continuando ad appoggiarmi con un braccio al muro, estrassi rapidamente la spessa striscia di cuoio dai passanti dei pantaloni e la consegnai alle sue manine impazienti.

"La camicia, tesoro..."

Feci scorrere l'orlo della camicia verso l'alto, fino a scoprire completamente il culo. Poi afferrai i lembi e li strinsi leggermente nella mano destra, in modo che la stoffa non tornasse a scivolare in basso.

Esitò qualche secondo, godendosi ancora lo spettacolo, poi dolcemente chiese: "Sei pronto, amore?"

* * * * *

Da quando Federica ed io abbiamo cominciato a frequentarci, il nostro copione a letto aveva seguito a lungo uno stesso schema. Lei amava moltissimo abbandonarsi passivamente a me e lasciare che abusassi a volontà del suo corpicino delizioso. Mi accorgevo che più ero rude e brutale in quei momenti più lei si divertiva. Le piaceva ritrovarsi un po' malconcia e ammaccata al termine delle nostre selvagge sessioni erotiche. Piccolina ed esile come era, sembrava un fuscello nelle mie braccia forzute, e la sbatacchiavo letteralmente su e giù per il letto gustandomi ogni delizia il suo corpo offrisse. Lei ripeteva che adorava sentirsi un po' il mio giocattolo, ed era sempre disponibile e servizievole ad accontentare ogni mia fantasia, con il suo solito "Come vuoi tu, amore."

Fui io ad introdurre la cintura nei nostri giochi intimi. La prima volta feci la proposta quasi per scherzo, ma Federica sospirò prontamente il suo "Come vuoi tu, amore" e prima che potessi dire altro si era messa in posa sul letto, carponi, con quel culetto da urlo candidamente offerto. La sua disponibilità mi trasmise una scarica di eccitazione incredibile. Inizialmente mi limitai a qualche colpetto leggero, quasi una carezza, dall'impatto del tutto simbolico. Ma lei la pensava diversamente. "Anche più forte, se vuoi, amore..."

Eccitato più che mai, aumentai progressivamente l'intensità dei colpi, e mi accorsi presto che il gioco mi stava prendendo la mano. Ero deliziato dal suono sibilante del cuoio che batteva secco su quel culetto, dal puntuale contrappunto dei suoi ansiti di dolore, e dalle striature rosse sempre più fitte che comparivano sulla pelle delicata. Ma la cosa che mi fece letteralmente impazzire fu notare i suoi umori che fluivano abbondanti dalla fica per scivolare lenti nell'interno delle cosce. La troietta era eccitatissima da quel trattamento, e a me era venuto un cazzo come una spranga di ferro.

Incapace di trattenermi, gettai la cintura sul pavimento e le saltai addosso, cominciando a scoparla con una foga mai vista. Lei ebbe un orgasmo quasi subito, e poi continuò a godere mentre la prendevo in tutte le posizioni possibili.

Da quella volta la cintura fece capolino spesso nei nostri giochi di letto, a sottolineare la mia posizione dominante su di lei. Come se non fosse già sufficiente essere oltre 30 cm più alto e pesare poco meno del suo doppio.

Poi, un giorno, volli togliermi lo sfizio di fare una specie di esperimento, e le proposi di scambiarci i ruoli.

"Per una volta sarai tu a decidere cosa si fa. Io sono qui per servirti e farò tutto quello che mi chiedi. Ti piace l'idea?"

Era un po' incerta e perplessa, ma sorrise e disse "Come vuoi tu, amore."

Per prima cosa volle che la lasciassi libera di toccarmi, palparmi, baciarmi e leccarmi su tutto il corpo. In quell'occasione scoprii la sua attrazione per il mio culo, cui dedicò moltissime attenzioni tenendomi a lungo steso sulla pancia. Provai inizialmente un po' di imbarazzo a farmi toccare da quelle parti, ma poi scoprii che era piuttosto piacevole. E comunque la "padrona" era lei, e non avrei potuto oppormi.

Poi volle che mi dedicassi a lei e mi ordinò di omaggiarla con la lingua. Soprattutto sui capezzoli, che non immaginavo così sensibili, e rimpiansi la poca cura che avevo dedicato in passato alle sue tette piccole e sode. Stava visibilmente prendendo gusto a darmi ordini e ad avermi al suo servizio. Pronunciava i suoi comandi con sempre maggiore autorità e sicurezza. Io stesso provavo uno strano oscuro piacere ad interpretare quel ruolo di devoto schiavo-stallone intento ad ubbidirle amorevolmente. Quando infine mi chiese di scoparla eravamo entrambi eccitatissimi, e trovai inebriante la sensazione di farlo pensando soprattutto a farla godere, a farla impazzire di piacere, come era giusto che un bravo schiavo-stallone facesse.

Nelle frasi convulse e ansimanti che ci scambiammo durante l'amplesso ci fu la promessa reciproca di ripetere quell'esperimento di scambio di ruoli.
"E la prossima volta, amore... credo proprio che ti farò anche assaggiare un po' di cintura..." mi disse, subito prima che si scatenasse un violento orgasmo simultaneo.

* * * * *

Il primo colpo fu subito deciso e mi strappò un piccolo grido che rimbalzò sulle spartane piastrelle del cesso del cinema.

"Sssst!" sibilò lei. "Non puoi far così, amore... Se passa qualcuno, ci sente... Devi sopportare in silenzio..."

Annuii. Aveva ragione. Arrivò il secondo colpo, ancora più violento. Strinsi i denti per frenare l'impulso di gemere. Ebbi l'impressione che, senza quello sfogo vocale, il dolore fosse centuplicato e mi esplodesse nel cervello. Sentii le lacrime salirmi agli occhi. Espirai forte, quasi in un soffio.

Federica osservava compiaciuta la mia sofferenza. "Sei bravissimo, amore... Davvero bravo... Cerca di resistere ora... voglio darti qualche colpo più forte..."

Fu di parola. Fece schioccare quattro scudisciate assassine in rapida sequenza, due volte sulla natica destra, due volte sulla sinistra. Venni meno al voto del silenzio, e fu già uno sforzo sovrumano tenere i decibel a un livello sufficientemente basso. Pensai piccato che l'esigenza di non far rumore evidentemente non valeva per i sonori colpi con cui mi stava torturando.

Nel frattempo si era fermata. Non sapevo se era una delle piccole soste che mi concedeva per farmi riprendere fiato, prima di tornare a colpire, o se c'era altro. Mentre me lo chiedevo lei si avvicinò da dietro e, passando un braccio intorno al mio fianco, strinse il mio cazzo con la sinistra, mentre con l'altra mano continuava a tenere la cintura.

"Ti è venuto duro, tesoro... Ti stanno piacendo le frustate che ti do... Non negarlo..."

Il suo tono era dolce e sospiroso, ma percepivo un pizzico di bonaria ironia nel suo compiacimento. Stavo quasi per rispondere che non era poi tutto questo granché di erezione. Ma un certo turgore era innegabile, e le gocce trasparenti che bagnavano la punta della cappella erano ampiamente rivelatrici. Inoltre le sue sapienti carezze stavano rapidamente riducendo la distanza da un'erezione piena. Non avevo argomenti troppo solidi per ribattere.

* * * * *

Eppure non era vero. Le frustate non mi piacevano assolutamente. Facevano un male boia, cui avrei fatto volentieri a meno. Però dovevo ammettere che mi faceva impazzire di eccitazione che me lo facesse, e che me lo facesse con tanto gusto e soddisfazione. Chi l'avrebbe mai detto, una come lei, così carina, gentile, tenera...

Non avrei mai pensato che le potesse fare questo effetto. Invece sin dalla prima volta, dopo i primi due o tre colpetti esitanti, era stata colta da una specie di raptus ed aveva preso a staffilarmi con un'intensità e una veemenza che mi lasciò del tutto stupefatto, oltre che straziato dal dolore.

"Devi perdonarmi amore" mi disse poi. "Non so cosa mi ha preso... Ma vederti così, carponi sul letto... il tuo culo fantastico che diventava sempre più rosso... vederti contorcere sotto i colpi che ti davo... Non ci ho capito più niente... Era bellissimo... eccitante da morire... Ti ho fatto molto male, amore?"

"Niente di così insopportabile..." minimizzai con virile spavalderia, dichiarandomi disponibile ad offrirmi ancora al supplizio, se le piaceva così tanto.

"Grazie amore" mi disse. "Devi perdonarmi, ma credo proprio che ne approfitterò". E lo fece, ogni volta che se ne presentava l'occasione.

In seguito cercai di investigare meglio sulle sue emozioni e sensazioni in quei momenti, finché alla fine lo ammise esplicitamente, anche a se stessa.

"Credo che mi piaccia infliggerti dolore... farti male, farti soffrire... E' terribile, vero?... Eppure io non sono così... O almeno... credevo di non esserlo... La verità è che mi piace un casino frustarti... Mi sembra di non poterne fare a meno... Mi bagno solo a pensarci..."

E io, notando quanto mi eccitasse sentirla parlare così, sentirla confessare il suo gusto sadico, ero sorpreso e confuso quanto lei.

* * * * *

Federica abbandonò la presa sul mio cazzo duro e, dopo aver fatto un mezzo passo indietro, mi assestò un'altra dozzina di colpi feroci, tali da scuotermi tutto. Il dolore smorzò un po' gli ardori della mia erezione, ma non completamente. Continuava ad esserci una certa rigidità, e dalla cappella continuava a fluire un filo sottile di liquido trasparente che lentamente si posava sulla ceramica bianca del water. Poi di colpo Federica si fermò.

Solo allora mi accorsi dei passi in avvicinamento. La porta esterna si aprì e qualcuno, probabilmente qualcuna, entrò nel bagno. Tentò la porta del nostro gabinetto, ma la serratura la tenne bloccata. "Occupato..." disse pronta Federica, con la voce più tranquilla del mondo.
La tizia entrò quindi nell'altro gabinetto, mentre noi restammo immobili in attesa. Io piegato contro il muro, lei subito dietro di me. Solo la sua mano si muoveva. L'aveva di nuovo stretta intorno al mio cazzo e scorreva piano su e giù, mantenendomi eretto ed eccitato.

* * * * *

Col tempo ci eravamo scoperti letteralmente ossessionati dal gioco della cintura. Lei dal gusto perverso di darmela, io da quello ancora più perverso di subirla. I colpi di cintura erano diventati un momento cardine della nostra vita erotica, donando incredibilmente un gusto più piccante ed intenso a tutte le altre attività di letto. Quello che inizialmente doveva essere un esperimento transitorio era diventata una sistemazione permanente: lei manteneva la posizione dominante nei nostri momenti intimi, e mi dispensava ogni volta frustate con somma generosità, a volte per punirmi quando riteneva (o fingeva di ritenere) che non fossi all'altezza della situazione nei miei doveri di servirla e accontentarla in tutto, ma ancora più spesso, con intricata e paradossale crudeltà, mi frustava per manifestarmi il suo compiacimento quando era soddisfatta di me e del piacere che le davo.

"Sei stato bravissimo, amore... mi hai fatto godere da pazzi... hai un cazzo meraviglioso... non potrei immaginare uno schiavo migliore..." mi diceva con voce sognante, ancora intrisa dell'estasi degli orgasmi che le avevo donato. Ma i colpi che mi assestava sul culo tra una frase e l'altra erano ancora più violenti del solito. Forse per compensare la gratificazione che mi regalava con le sue parole. Forse perché in quei momenti non era abbastanza lucida da misurare i colpi. Ma ho il sospetto che il piacere che provava a farmi sobbalzare dolorante sotto le sue scudisciate esaltasse al massimo la languida beatitudine che provava dopo una lunga ed intensa scopata. Il gusto tutto sadico di infliggere dolore senza pietà a chi ti ha appena regalato momenti di dolce goduria era la spezia piccante che rendeva l'intero piatto irresistibile. Non avrei mai voluto che rinunciasse a tale delizia frenando il suo impeto, a costo di farmi massacrare.

Scoprii presto quanto fosse profondo, al di là del piano fisico, l'effetto emotivo e psicologico del dolore che mi infliggeva in quel modo. Il dolore non ti scuote solo fisicamente. Ti penetra nell'anima. La reazione emotiva al dolore può essere duplice: o ti ribelli e reagisci o ti abbandoni e ti arrendi. Mi accorgevo che dopo le sue sfuriate di dieci, venti, trenta, a volte cinquanta scudisciate di seguito, il mio senso di adorazione e sottomissione nei suoi confronti ne usciva amplificato. Forse è il retaggio di qualche oscuro istinto ancestrale che ti induce a subordinarti all'animale del branco che ti domina fisicamente, che dimostra di poterti infliggere dolore. Fatto sta che ogni volta che il cuoio schioccava sulle mie natiche mi ritrovavo sempre più felice di essere il suo schiavo-stallone e di compiacerla in tutti i modi. Compreso offrirmi docile e voglioso al suo gusto sadico di farmi male. Arrivavo a sentire l'impulso di implorarla di usare la cintura su di me.
Se il gioco della cintura suscitava una dipendenza in chi lo praticava, come fosse qualche strana droga esotica, non era certo solo Federica ad esserne soggetta. Tutt'altro.

La cosa curiosa è che fuori dalla camera da letto nulla era cambiato. Lei era sempre la ragazza carina, dolce e tenera, che mi lasciava sempre l'ultima parola, con il suo "Come vuoi tu, amore..."

* * * * *

"Ho ancora voglia di frustarti, amore..." mi sussurrò, non appena i passi dell'anonima utilizzatrice del WC accanto al nostro finalmente si allontanarono. "Speriamo di non doverci interrompere ancora..." aggiunse. "Diamine, avevo appena cominciato a divertirmi..."

Non dissi nulla, ma a quelle sue parole il mio cazzo vibrò durissimo nella sua mano. Lei se ne accorse e anche senza poterla guardare in faccia percepii distintamente il compiacimento nella sua voce. "Oh..." sussurrò. "Anche tu ne vuoi ancora... Vero, amore?... Lo sento che ne vuoi ancora... Non temere... te ne darò tante... e forti... E tu dovrai sopportare in silenzio... Non sai quanto mi stuzzica l'idea di farlo qui... nel cesso del cinema... Uscirai di qui con il culo tutto rosso... Camminerai tra la gente con le chiappe che ti bruciano... Nessuno immaginerà mai che un fusto come te si è appena fatto frustare sul culetto... docile come un agnellino... Ho avuto proprio una bella idea, vero amore?"

Continuavo a tacere, passivo, ma il mio alter ego nella sua mano, duro fino a scoppiare, si esprimeva per me in modo piuttosto esplicito.

"Ora basta parlare, amore. Preparati... Credo che ti farò un po' male..."

Restai in posa, a sua disposizione. In pochi secondi il supplizio riprese, e durò a lungo.

* * * * *

"Cosa facciamo ora, amore?" mi chiese sorridendomi con tenerezza, serena e tranquilla come nulla fosse.

Eravamo appena usciti dal bagno, di nuovo nel corridoio adiacente la sala del cinema. Mi sentivo ancora piuttosto sconvolto. Conoscevo bene la sua e la mia ossessione per la cintura, ma non mi sarei mai aspettato che saremmo arrivati a farlo nel cesso di un cinema, dove una coppia si apparta, semmai, per una sveltina, per un rapido pompino. Eppure era successo e dovevo ammettere che era stata un'esperienza decisamente coinvolgente. La guardai confuso, preso a tenaglia tra il candore del suo sorriso e il bruciore ancora intenso che saliva dai miei glutei strapazzati. Federica aveva, come sempre, l'aspetto e l'espressione della più dolce creatura sulla terra, e mi guardava docile in attesa di conoscere le mie intenzioni per il resto della serata, mentre torreggiavo enorme accanto a lei. Eppure non riuscivo a togliermi dalla mente che dietro quel sorriso innocente e angelico c'era la piena consapevolezza di sapermi ancora col culo infiammato e dolorante per mano sua, e la perversa soddisfazione che tale consapevolezza le dava.

"Allora, amore? Cosa vuoi fare?"

"Direi... Credo che... Magari... se non hai nulla in contrario... vale la pena vederci il finale del film, visto che ormai siamo qui..." La mia voce era curiosamente timida e incerta.

"Come vuoi tu, amore..."

"Poi... se sei d'accordo... andiamo a mangiare qualcosa..."

"Come vuoi tu, amore..."

"Direi... Alla trattoria di Salvatore, giù dopo l'incrocio... che ne pensi?"

"Come vuoi tu, amore..."

"E poi... se ti va... possiamo andare da te a... a... a continuare..." e feci un gesto indistinto con la mano verso il bagno da cui eravamo appena usciti, distogliendo per un attimo lo sguardo.

Una strana luce le apparve negli occhi, mentre il suo sorriso assumeva una piega vagamente maliziosa. Sentii di arrossire in volto tanto quanto ero rosso sul culo.

"Come vuoi tu, amore..."

Whatever you want
It's alright with me
'Cause you've got that whip appeal
So work it on me
It's better than love
It's sweet as can be
You've got that whip appeal
So whip it on me
Keep on whipping on me
("Whip appeal" Babyface, 1989)

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