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La Settimana Bianca (Seconda Parte)

 
Era cominciato a nevicare piano alle sette di mattina. Erano pochi fiocchi isolati, ma il colore biancastro del cielo ne annunciava molta di più. Alle dieci la neve cadeva fitta e soffice.

Sulle piste c'era molta meno gente rispetto all'assolato giorno precedente, la visibilità non era buona e anche l'umore di Alisha era orientato verso il brutto.

"Xlater! Xlater!"

Lui frenò su un lato della pista e si voltò verso monte. Alisha lo affiancò.

"Ma insomma, Xlater! Mi vuoi aspettare? Cos'è questa fretta?"

"Sono qui... ti aspetto... cos'hai che non va?" Xlater aveva fiutato l'aria di tempesta nei modi della sua giovane amica.

"Uffa... non mi diverto a sciare con questa neve che cade..."

"Ma... guarda... non è bellissimo?" e indicò intorno a sé.

Lo scenario effettivamente era suggestivo. Erano completamente immersi nel bianco; ai lati della pista i rami degli abeti si stavano ricoprendo di neve. C'erano pochi altri sciatori, sembrava che la montagna fosse tutta per loro.

"Non ci riesco a sciare... mi entrano i fiocchi di neve negli occhi..."

"Perché non metti gli occhiali, Alisha?"

"Ci ho provato... ma è addirittura peggio..." e sfilatasi un guanto prese da una tasca un paio di occhiali da sole dal taglio molto vezzoso...

"Non questi, Alisha... quelli da neve, gli occhialoni... quelli che ti ho comprato ieri sera, dopo che abbiamo sentito le previsioni del tempo..."

"Ah... quelli..." Alisha sembrava vagamente imbarazzata. "Veramente... ecco... non li ho portati..."

"Non li hai portati?? Ma come? Te li ho comprati apposta!"

"Io ero arcisicura che sarebbe tornato il sole!" replicò Alisha.

Xlater si guardò intorno con intenzione... il cielo era fitto di nuvole e neve a 360 gradi, senza nemmeno la vaga speranza di uno spiraglio di sereno. "Hai una carriera sicura davanti a te, piccola. Sarai un metereologo di primo ordine..."

Alisha gli fece una linguaccia dispettosa, sentendo la curiosa sensazione dei fiocchi freschi che le cadevano sulla lingua. Xlater non si trattenne, e assunse la stessa smorfia. Entrambi risero.

"La verità, Xla... è che... insomma... con quegli occhialoni sto malissimo... sembro un mostro!"

Xlater sospirò paziente. "Ma Alisha, non è assolutamente vero che sembri un mostro... e poi in una giornata come questa... chi vuoi che ti veda? Sai, tesoro, a volte ti fai dei problemi proprio stupidi..."

Alisha era imbronciata. Xlater continuò.

"E comunque sarebbe meglio che almeno gli altri... quelli da sole... quelli carini che ti piacciono tanto... te li metti ... non faranno molto, ma meglio di niente..."

"Umph... Certo però che avrei sciato molto meglio" commentò pensosa "se avessi avuto gli occhialoni come quelli che ho lasciato a casa..."

"E ti credo..."

"... o se ne avessi come i tuoi..."

Xlater si girò di scatto a guardarla. Lei gli rispose con uno sguardo angelico e innocente. Restarono così per qualche secondo. Poi Xlater imprecò contro tre o quattro divinità minori e si sfilò i propri occhiali, allentando l'elastico e porgendoli alla ragazza.

"Tieni!" disse scorbuticamente.

"Oh, Xlater" miagolò lei, "quanto sei carino a sacrificarti per me... ma ora tu come farai?"

"Come vuoi che faccia?" ribatté lui irritato. "Scierò senza!"

"Prendi i miei, dai! Meglio di niente..." e gli porse i suoi occhiali da sole dalla linea estrosa.

"Questi? Ma sei pazza? Mi fai sembrare un... un finocchio!!"

"In una giornata come questa? E chi vuoi che ti veda?" replicò prontamente Alisha. "Sai, tesoro, a volte ti fai dei problemi proprio stupidi..."

Xlater, senza discutere oltre, inforcò quegli occhiali dalla montatura aggraziata e si lanciò verso valle, sfogando la sua rabbia in una goffa serpentina.

Alisha ridacchiò guardandolo. Poi sospirò "Uomini!!!", e si lanciò all'inseguimento.

* * * * *

La tipica sensazione di calore sulla pelle del viso colpì subito Alisha e Xlater appena entrarono in quel piccolo rifugio. Non era particolarmente affollato, c'erano un paio di tavolini liberi e i due si diressero subito verso uno di questi battendo rumorosamente i pesanti scarponi sul pavimento di legno. Alisha zoppicava leggermente, aveva il viso imbronciato e la tutina da sci, rosa e grigio chiaro, tutta inzuppata di neve. Altri numerosi chicchi di neve albergavano tra i boccoli rossicci che scendevano dal cappellino di lana, decisi a morire e perdersi in quella delizia riccioluta.

"Su, piccola... ti assicuro che non è niente... ora ci riposiamo un po', ci scaldiamo, e vedrai che ti sentirai subito meglio... ti fa molto male?"

Alisha tirò su col naso ed annuì, mentre lasciava drammaticamente vibrare per un tremito il labbro inferiore.

"Me lo sentivo che sarebbe successo..." sussurrò in tono accusatorio. "Solo un pazzo potrebbe sciare in una giornata come questa..."

"Ma sono quattro fiocchi... dai Alisha, non drammatizzare... sciando si può cadere... fa parte del gioco..."

"E' tutta colpa tua..."

"Mia? Colpa tua... cosa ti viene in mente di andare fuori pista in mezzo alla neve fresca?"

"E che ne sapevo che ero fuori pista... non si vedeva assolutamente nulla!!"

"Ma se avevi anche i miei occhiali... a proposito... dove sono adesso?"

"Ehm... credo che siano rimasti lì... dove sono caduta..."

"Come sarebbe a dire? Li hai lasciati lì?"

"Oh, Xlater... stavo morendo dal dolore... temevo di essermi rotta una gamba... come potevo pensare ai tuoi occhiali?"

Xlater stava per inveire, quando furono interrotti dalla proprietaria del rifugio: "I signori prendono qualcosa?"

"Oh, sì" rispose lui. "Per me un Vov caldo... doppio... tu cosa prendi, Alisha?"

"Uhmmmmm.... direi un cioccolato caldo... con panna, molta panna!"

"Panna???" le chiese Xlater, spaventato.

"Sì, panna... perché?"

"Mi farai passare i guai... ci sono dei lettori un po' particolari che non sono tolleranti con l'uso di certi ingredienti... già con l'altra puntata ho avuto dei guai..."

"Non mi interessa! Sono affari tuoi!" e si rivolse alla signora. "Con molta panna, grazie!"

Dopo aver finito le consumazioni, Xlater scalpitava per tornare prontamente sulla pista, ma Alisha era di tutt'altra intenzione.

"Mi fa ancora male il ginocchio..." disse con tono lamentoso.

Xlater era sicuro che stesse esagerando. "Dimmi dov'è che ti fa male..."

"Qui" piagnucolò Alisha indicando una zona nei dintorni della rotula. Lui fece appoggiare ad Alisha lo scarpone sulla propria coscia e cominciò a toccare delicatamente il ginocchio.

"Mmmmm... non dovrebbe essere nulla di grave... vedrai che sciando ti passerà."

"Aaaaaahhh!!!" Alisha emise un musicale urletto. "Mi fa maaaaleee!"

Era evidentemente una recita. Ma subito la signora del rifugio intervenne.

"Mi scusi... se vuole abbiamo delle stanze libere... forse se si stende per qualche minuto la sua nipotina si sentirà meglio..."

Xlater trasalì, mentre Alisha, dopo aver represso una risatina, disse: "Sì... sarebbe proprio meglio... ti prego, zietto, fallo per me...".

* * * * *

Alisha buttò raggiante le braccia al collo a Xlater, non appena la porta di quella camera matrimoniale si chiuse alle loro spalle. Era una stanza piccolina, che profumava di legno, con un bel lettone al centro. La carta da parati, il copripiumone, persino le tende davanti alla finestra, erano adornati da un motivo floreale giallino e violetto su sfondo bianco panna.

Le loro labbra si incontrarono e le lingue saettarono l'una contro l'altra. Ma Xlater era piuttosto rigido.

"Alisha... cosa vuoi fare? Non hai sentito cosa ha detto la signora?"

"Cosa ha detto?" sussurrò lei.

"Ha detto... 'per qualche minuto'... ci presta la stanza per un attimo, per gentilezza..."

"E invece noi restiamo per tutto il pomeriggio... e gliela paghi... è forse questo il problema?"

Xlater si affrettò a smentire. "No, non c'entra nulla... è che... alle 16.30 c'è l'ultima corsa della seggiovia... se no rimaniamo bloccati qui!"

Alisha guardò l'orologio. Erano le due e venti. "Abbiamo un paio d'ore..."

"Meno... molto meno... dobbiamo essere alla partenza della seggiovia puntuali, è c'è un pezzo di discesa da fare..."

"Abbiamo comunque un po' di tempo... io mi stendo... il ginocchio mi fa male..."

Piegando le labbra in una drammatica smorfia di sofferenza, Alisha si liberò degli scarponi e si adagiò sul letto. Poi stese le gambe e si lasciò sfuggire un sospiro addolorato, portando istintivamente la mano sul ginocchio sinistro.

Xlater continuava a sospettare che almeno in parte fosse una recita, ma decise di stare al gioco e si avvicinò premuroso. "Fammi vedere bene dove ti fa male questo ginocchio..."

"Aspetta..." rispose Alisha. La zip che costituiva l'unica chiusura della tuta da sci di Alisha si aprì completamente, e la ragazza ne scivolò fuori. Xlater se la ritrovò vestita solo di una maglietta di cotone rosa fucsia a collo alto, di un paio di slippini merlettati bianchi e rosa, e di calzettoni da sci di lana che riprendevano perfettamente il tono della maglietta. Le gambe nude e calde attirarono subito il suo sguardo mentre la smania di tornare sulle piste di sci stava rapidamente liquefacendosi.

Ciononostante l'uomo, con cipiglio professionale, concentrò l'attenzione sul ginocchio derelitto. "Fammi vedere il punto esatto dove ti fa male, Alisha" disse serio. In realtà non aveva nessuna competenza medica o fisiologica, e probabilmente a precisa domanda avrebbe sostenuto che il "Menisco" fosse un animale mitologico. Ma quella, in quel momento, era la sua parte nel gioco.

Alisha indicò vagamente la zona esterna del ginocchio. Lui vi portò la punta delle dita e cominciò piccoli movimenti rotatori.

"Fa male?"

"No... continua... mi dà sollievo..." sospirò Alisha.

Xlater continuò e presto una seconda mano si aggiunse alla prima, per massaggiare la coscia sopra al ginocchio. Alisha chiuse gli occhi.

"Sì... ti prego... ho i muscoli così indolenziti..."

Le carezze ora si concentravano sulle cosce della ragazza ed erano sempre meno massoterapiche e sempre più sensuali. La ragazza aveva impercettibilmente allargato le gambe e le dita indugiavano spesso sulla parte interna, avvicinandosi millimetro dopo millimetro all'orlo delle mutandine. Alisha continuava a tenere gli occhi chiusi e a respirare piano, e ciò sembrava incoraggiare Xlater ad essere più audace.

I polpastrelli della mano sinistra si insinuarono timidamente sotto l'orlo merlettato delle mutandine e sfiorarono quella pelle delicata giocando tra i peli morbidi. Fece appena in tempo a rilevare la leggera sensazione di umido sulle dita, che Alisha subito lo apostrofò.

"Si può sapere cosa stai facendo?"

Xlater tornò bruscamente sul pianeta terra.

"Ehm... io credevo che... insomma io..."

"Possibile che non sai stare buono un momento? Ma cosa sei? Una specie di maniaco?"

Xlater si trovò all'improvviso a corto di parole. Finché non esclamò un sentito "Eccheccazzo!!" e si alzò dal letto andandosene verso la finestra e voltando con ostentazione la schiena ad Alisha. Quello che vide dall'altra parte del vetro lo irritò ancora di più. La nevicata era cessata e le piste tornavano ad essere frequentate da gente che si stava divertendo un mondo sulla neve fresca appena caduta. E lui invece era chiuso dentro quella stanza con quella ragazzina capricciosa senza nemmeno rimediare una cazzo di...

"Xlater?" lo chiamò Alisha.

"Mmmmm..." muggì lui, cupo, senza voltarsi.

"Xlateruccio?"

"Cosa vuoi?" rispose scorbutico.

"Zietto, mi vieni a dare un bacio?"

Stavolta non poté fare a meno di voltarsi. Sgranò gli occhi. Alisha si era silenziosamente liberata dei vestiti e lo guardava invitante, sorridendo radiosa. Xlater scartò subito l'opzione di continuare a tenere il broncio, ma avrebbe preferito avvicinarsi al letto in modo più austero e signorile. Invece praticamente si gettò di peso sulla ragazza che lo accolse cingendolo con le braccia e con le gambe. Si scambiarono un lungo bacio, poi lei gli sussurrò maliziosamente ironica all'orecchio:

"Ehm... Tesoro... non credi che saresti più comodo se ti togliessi gli scarponi?"

* * * * *

Patrizia era molto irritata con se stessa. Stava sentendo un freddo cane con quella gonna corta, mentre le scarpine coi tacchi che indossava, sebbene graziose ed elegantissime, erano estremamente scomode per camminare. Era ormai sera e la temperatura era estremamente rigida. La neve che era caduta copiosamente ad alta quota sulle piste, lì a valle, nel primo pomeriggio, era stata solo pioggia. Con la conseguenza che appena i termometri erano tornati sotto lo zero l'acqua si era trasformata in insidiosissimi lastroni di ghiaccio. L'oscurità, appena attenuata da qualche raro lampione, rendeva la situazione ancora peggiore.

Lei aveva in stanza degli stupendi scarponi doposci, assolutamente antiscivolo. Per non parlare di quei pantaloni di velluto elasticizzato caldissimi, che evidenziavano stupendamente le forme del culetto e la linea slanciata delle gambe. Che sciocca era stata a vestirsi così. La colpa però era di Fabio, che saggiamente gliel'aveva fatto notare.

"Dove stai andando?" le aveva chiesto.

"In profumeria... ho quasi finito il mascara..."

"Vestita così?"

"Perché? Cosa ho che non va?"

"Credi di essere in via Condotti? Fa freddo, e poi scivolerai con quei tacchi..."

"Ufff... che storie..."

"Fai come ti pare..."

Sicuramente ci sarebbe arrivata da sola a capire che quell'abbigliamento non era l'ideale. Ma Fabio l'aveva irritata con la conseguenza che lei si era irrigidita testarda nelle sue posizioni. Patrizia imprecò silenziosamente contro di lui. Poi sorrise, rendendosi conto di quanto quei suoi pensieri fossero assurdi, e si sentì subito in colpa nei confronti del suo ragazzo. Pensò a lui, ai suoi riccioli neri, al suo sguardo da ragazzino, alle sue battute, e subito il suo cuore si addolcì.

Proprio in quel momento la sua scarpina slittò su un pezzo di ghiaccio, e Patrizia faticò a mantenersi in equilibrio. Imprecò ancora contro quelle scarpine, e ripetè dentro di se che la colpa era di Fabio e che sicuramente gliel'avrebbe pagata.

La ragione vera era che da un momento all'altro, quella sera, sarebbero arrivati Piero e Vanessa da Milano, e lei voleva farsi trovare al massimo dello splendore. Per Piero, certo. Ma soprattutto per Vanessa. Temeva il confronto con la bionda milanese. Non poteva sopportare di essere la meno "bona" tra le due, e sapeva che il primo confronto sarebbe stato assolutamente decisivo.

La stradina che stava percorrendo era in una zona nuova nella parte alta del paese. All'ennesimo slittare insidioso della sua scarpina alta sul ghiaccio, Patrizia prese una decisione. C'era un mucchio di neve ammucchiata dallo spazzaneve sul lato esterno della strada, e sembrava abbastanza solido da camminarci sopra senza problemi. Con un agile saltino vi montò sopra e continuò per la sua strada.

Non si rese nemmeno conto di come successe. Forse un piede messo in fallo. Si accorse solo di star scivolando giù oltre il ciglio della strada, a valanga tra la neve. Nemmeno il tempo di aver paura e si trovò dentro una specie di buca nera dove atterrò, poco cerimoniosamente sul suo formoso culetto.

"Ahia!" imprecò, massaggiandosi vigorosamente il posteriore, mentre si guardava intorno cercando di capire dove fosse finita. La "buca" era formata dalla parete esterna di quella che sembrava una graziosa villetta e per il resto da tutta la neve che la circondava. Come se il calore che traspirava dalla finestra della villa avesse sciolto la neve a contatto più ravvicinato. La brutta notizia era che, a quanto sembrava, da dove si trovava non ci fossero vie d'uscita. Con sollievo si accorse che dietro il pesante tendaggio la luce all'interno era accesa. Avrebbe dovuto bussare in qualche modo e farsi aprire la finestra. Pensò con orrore alla figura ridicola che avrebbe fatto con chi abitava quella villetta. Ma non c'erano alternative, e doveva anche sbrigarsi visto che in quell'intercapedine in cui si trovava il freddo era ancora più pungente e stava tremando e battendo i denti.

Prima di bussare però, volle dare una sbirciatina all'interno, là dove le due falde del tendaggio lasciavano uno squarcio di qualche centimetro.

Quello che vide la agghiacciò se possibile ancora di più. All'interno, su un divano nei pressi di un caminetto acceso, c'erano Alisha e Xlater. Peggio ancora, i due stavano amoreggiando in modo abbastanza "pesante".

Patrizia si sentì subito lo stomaco in subbuglio. Ok, sapeva benissimo che i due erano in vacanza insieme e immaginava quello che sarebbe successo tra i due. E l'idea non le piaceva affatto. Lo aveva ammesso anche a se stessa, era molto gelosa di Xlater. Il rapporto tra lei ed il suo creatore era molto tormentato. Lei gli aveva dato una grossa mano a farsi conoscere, e sapeva benissimo che tuttora i racconti in cui lei era protagonista erano i più apprezzati, come dimostravano le statistiche del sito web. Per non parlare delle sue stupende interpretazioni in "La doccia 2" e in "Cairo 2". Ma col passare dei mesi il maledetto, evidentemente invidioso della popolarità della sua eroina, l'aveva sempre più trascurata, malgrado i fan che quotidianamente gli scrivevano per sapere quando avrebbero potuto tornare ad ammirarla in azione. Eppure, malgrado la rabbia che sentiva, non poteva negare di sentire una strana attrazione per quell'uomo. D'aspetto non era niente d'eccezionale, soprattutto per gli standard di un racconto erotico. Pochi capelli, qualche chilo di troppo, non più giovanissimo. Ma era il suo creatore, il suo autore, e questo in qualche modo pesava, come una specie di complesso di Elettra.

E poi c'era la perfida Alisha, quella mocciosa capricciosa che ancora non aveva deciso se essere una ragazzina o un'adulta, né se essere un personaggio o una persona vera. Non poteva farselo, se proprio voleva, nella vita reale? Che bisogno aveva di venirselo a scopare dentro un racconto? Quel racconto sarebbe stato stupendo senza loro due, con lei grande protagonista, due personaggi collaudatissimi come Fabio e Piero, e poi questa Vanessa che promette molto bene... che cavolo era venuto in mente a Xlater di infilarsi nel racconto per fare il maiale con quella sgualdrinella?

"Guardali lì... che schifo!" mormorò cupamente Patrizia, mentre i due, ignari della presenza di un pubblico, si stavano baciando con passione, completamente nudi tranne un paio di boxer per lui e degli slippini molto succinti neri, con minuscoli disegnini bianchi, per lei. Le loro mani si alternavano tra l'abbraccio al corpo dell'altro e carezze sempre più frenetiche e intime dentro e fuori la rispettiva biancheria.

Patrizia, tremando dal freddo, cominciò ad immaginarsi al posto di Alisha. La scena era senza dubbio coinvolgente e dentro di sé cominciò a smuoversi un riconoscibilissimo senso di eccitazione. Si accorse di non riuscire a staccare gli occhi dalla scena.

All'interno intanto Alisha era scivolata sul pavimento davanti al divano e stava sfilando via i boxer a Xlater, rivelando la sua prevedibile erezione. Patrizia guardò con grande interesse e curiosità. Non aveva mai visto nudo il suo autore. La finestra da cui guardava era messa di fianco rispetto alla posizione del divano, che a sua volta era girato verso il caminetto.

"Quello sarebbe l'armamentario del Grande Scrittore?.... Mmmph... Ho visto di meglio..." commentò sprezzante, con la voce sempre scossa dai brividi di freddo. Alisha era in ginocchio tra le gambe di Xlater e con una mano gli stringeva il pene. I due stavano parlando. Patrizia non sentiva, da dietro i doppi vetri, ma poteva vedere lo sguardo malizioso e furbetto di Alisha e le smorfie eccitate e concitate dell'uomo. Non serviva capire le parole, Patrizia conosceva benissimo quei giochetti. Quanto basta per continuare ad essere eccitata dallo spettacolo.

Poi, come naturale conseguenza, la bocca di Alisha incontrò il pene di Xlater.

"Guarda... guarda... la mocciosetta si è decisa ad imparare a fare i pompini..."

Osservò attentamente le mosse della rivale.

"Niente male... la bambina ci sa fare..." fu costretta ad ammettere. "Guarda quell'imbecille che faccia!" ridacchiò. Xlater aveva poggiato la testa all'indietro e respirava pesantamente a bocca aperta, con una smorfia non particolarmente brillante.

"Però io sono più brava!" esclamò decisa.

Come se con quella frase si fosse ormai tranquillizzata, decise di cedere alla tentazione. Si sfilò il guanto della mano destra, raggiunse e superò l'orlo delle mutandine. Le dita trovarono la sua fichetta caldissima e bagnata.

"Dai, Xlater... maledetto pigro... piantala di fartelo succhiare... fammi vedere come te la fotti..."

Xlater ovviamente non poteva sentirla, e comunque sembrava troppo assorto nei piaceri che Alisha gli donava oralmente. Fu invece la stessa Alisha a liberarsi delle mutandine e ad arrampicarsi sul corpo dello scrittore, impalandosi flessuosa sulla sua virilità ed iniziando un avvolgente movimento di bacino.

La nuova scena era ancora più eccitante per Patrizia. Le sue dita si muovevano sapienti intorno al suo bottoncino, mentre i tremiti di freddo ormai si confondevano a quelli di eccitazione. Dalla sua posizione non vedeva i dettagli intimi, ma i movimenti di Alisha non lasciavano nulla all'immaginazione, così come le espressioni dei due lasciavano chiaramente capire il piacere che stavano ricavando dall'amplesso.

Trascinata dall'eccitazione che saliva, e forse anche stranita dal freddo e dalla situazione, Patrizia si ritrovò a pronunciare, continuando a toccarsi, frasi assolutamente volgari a commento della scena, con modalità più consone ad un militare di leva in un cinema porno di periferia che ad una ragazza della sua classe. Ma stranamente usare quel linguaggio da portuale la eccitava ancora di più..."

"Ti piace, vero troietta?... Ti piace cavalcare sui cazzi duri, vero?... E guardalo lì il maiale come sgodazza a giocare al cavalluccio-mio-giogiò con una pischella vent'anni più giovane... Cosa stanno facendo, ora?"

Alisha, senza smettere di muoversi con il bacino, aveva avvicinato la bocca a quella dello scrittore, e la sua lingua stava dando languide spennellate.

"Si fa leccare le labbra... vizioso porco maledetto... ooohh!" Patrizia era eccitatissima dalla cosa. Le sue dita si agitavano frenetiche nelle mutandine. "Ma lui non fa mai un cazzo?.... oooohhhh.... Si limita a stare lì fermo... aaahhh.... a farsi... sollazzare.... oooohhh...."

La scena cambiò ancora. Alisha si sistemò in ginocchio sull'orlo del divano, appoggiandosi con le mani allo schienale. Xlater, in piedi alle sue spalle, con delicatezza le fece allargare ancora di più le ginocchia, in modo di averla all'altezza più appropriata.

"Dai, Xlater... Mettiglielo nel culo... oooohhh.... Fammi vedere... che faccia fa... la stronzetta quando ha il culo pieno di cazzo... ooohhh... Dai, Xlater dei miei stivali... sii uomo per una volta in vita tua... inculatela... oooohhhhh... sfondala... daaaaaiiiiiiii..."

Patrizia capì subito che Xlater non aveva recepito il suggerimento. Il cazzo scivolò dentro con troppa facilità e l'altezza non era quella giusta. Stava solo scopandosela da dietro. Però anche quella era una scena molto eccitante, con il pene dell'uomo che affondava ritmicamente tra le carni di Alisha, della quale Patrizia poteva vedere l'espressione di piacere ogni volta che questa ruotava il visino verso sinistra.

"Così.... bravo.... scopatela... falle ballare quelle chiappe flaccide... ooohhh... Sììììì... pompala bene... dai... uuuhhhh"

Le mutandine di Patrizia erano pian piano scivolate verso le ginocchia e la mano si muoveva sempre più libera. Patrizia aveva messo prima due, poi tre dita nella vagina colante, e le stringeva furiosamente contro il palmo che a sua volta si strofinava sul clitoride.

Proprio in quel momento Alisha si tirò su con la schiena e girò la testa, con tutta la lingua di fuori, a caccia della lingua di Xlater che presto la raggiunse. L'uomo approfittò della nuova posizione per portare la mano destra sul basso ventre di Alisha, prendendo ad accarezzarla dolcemente tra le cosce.

Fu davanti a quell'immagine che Patrizia esplose nell'orgasmo. Sentì tanto caldo, poi tanto freddo, poi si accorse di tremare violentemente e svenne, sul tappeto di neve ai suoi piedi.

[Continua?]

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