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Addio al Nubilato

 
Puoi donarti a un altro uomo
Tutta e per tutta la vita
Ma non potrai mai avere indietro
Quello che hai dato a me
Né avrai il coraggio di gettare via
Quello che io t'ho dato
In fondo a un vecchio cassetto
Son sicuro
Lo conserverai.

("Il Cassetto" Laszlo Bim - Budapest, Aprile 1723)

Quando il campanello della porta trillò, Chiara era stravaccata sul divano del salotto del suo piccolo appartamento da single, con addosso un pigiamino di flanella rosa, dedita ad un distratto zapping tra i programmi TV di seconda serata.

La sua mente continuava a ripassare i preparativi. Niente da fare, non aveva dimenticato nulla. Non c'era nessuna attività rimasta da portare a termine. Nulla che potesse fare per allentare quella fastidiosa inquietudine che l'avvolgeva, e che le impediva di andare a dormire tranquilla, come la saggezza le avrebbe consigliato.

L'indomani sarebbe stata una giornata dura e faticosa. Stressante da diversi punti di vista. Il giorno del suo matrimonio. "Il giorno più importante della sua vita." Sarebbe stato bene affrontarlo con una lunga sana dormita alle spalle. Invece, perversamente, stava tirando tardi.

Il campanello suonò ancora. Uffa. Chi veniva a scocciare?

"Arrivo..." esclamò lamentosa verso la porta. Le sue pantofole di peluche strusciarono pigre sul pavimento. La mano svogliata agì sulla maniglia. Dietro la porta c'era Walter.

Al solito, era vestito in modo impeccabile. Un completo grigio antracite, con delle righine verticali un tono più chiare che ne facevano quasi un gessato. Camicia grigia chiara. Cravatta nera con pallini bianchi.

Come sempre, la formalità dei suoi abiti contrastava con i suoi modi da discolo ribelle. Con quel sorriso furbo e con quella selvaggia luce negli occhi. Chiara stava per sospirare, scocciata da quella inattesa rottura di scatole, quando Walter le agitò sotto il naso un bel bouquet di rose rosse.

"Disturbo?" chiese ironico, dando per scontato che non fosse così. Ma la sua impudenza addolcì Chiara. E anche l'omaggio floreale. Niente da dire, ci sapeva sempre fare.

"Walter!" sorrise Chiara. "Ma... cosa cazzo ci fai qui?"

"Sono venuto a portare i miei omaggi alla sposa, no?" E le porse il bouquet.

"Oh... grazie! Che gentile! Vieni... entra..."

Walter si sistemò comodamente su una poltrona, mentre Chiara, dopo aver spento la TV, tornò ad accovacciarsi in ginocchio sul divano davanti a lui.

"Che sorpresa... Ma da quanto tempo è che non ci vediamo? Almeno un paio d'anni..."

"Sbagliato! Ci siamo visti l'aprile dell'anno scorso... un anno esatto fa... non ricordi?"

"Veramente..."

"Come no? Al supermercato..."

"Ah... è vero!" Entrambi risero, al ricordo. Quel giorno Walter, appena l'aveva vista, aveva infilato nel proprio carrello una confezione di pannolini Pampers, godendosi per qualche minuto gli sguardi stupiti e incuriositi di Chiara. Poi le aveva raccontato, serio, una storia incredibile... di un riconoscimento di paternità... di una bambina che le era stata affidata, frutto di un'avventura con una donna che poi aveva avuto problemi con la giustizia per detenzione di stupefacenti... Chiara si era bevuta tutta la fandonia... fin quando Walter era scoppiato a ridere riposando i pannolini sullo scaffale...

"Che scemo che sei!"

"E tu invece? Ti sposi veramente o è uno scherzo?"

"E' uno scherzo!" disse lei. "Davvero ci hai creduto?"

Walter non rispose. Continuò a guardarla sorridendo ironico. Chiara non aveva la sua stessa faccia tosta e dopo qualche secondo abbassò lo sguardo.

"Mi sposo. Mi sposo con Pietro. Te lo ricordi?"

"Come no? Ottima scelta, devo dire. Un ragazzo serio, solido. Un bel ragazzo, anche. Proprio quello che ci vuole per te!"

Chiara cercò di trovare dell'ironia nelle sue parole, ma non ne trovò. Solo il suo sguardo sembrava prenderla in giro bonariamente. Ma il suo sguardo era sempre così.

"Ebbè? Cosa stai facendo a casa?"

"Cosa vuoi dire?"

"Questa è la sera del tuo addio al nubilato. In questo momento dovresti essere in un locale equivoco, con una decina di amiche scatenate, a gustarti uno spogliarello maschile... con qualche superdotato che agita le sue grazie virili davanti ai tuoi occhi..."

"Ma dai... ti sembro il tipo?! Sono stata ieri sera a cena con alcune amiche... le solite..."

"E niente spogliarello?" la interruppe. "Non puoi perdere un occasione del genere! Se vuoi posso provvedere io..."

Detto questo, Walter si alzò dalla poltrona e cominciò ad ancheggiare a tempo, cantando "You can leave your hat on... tara-tara-tà..".

Chiara rideva, si stava rilassando. "Piantala, scemo! Dove vuoi andare con quel fisico che ti ritrovi!?"

Walter sapeva benissimo di non essere un adone, ma assunse un espressione esageratamente scandalizzata e offesa, spalancando gli occhioni azzurri. "Vuoi scherzare? Fior di donne pagherebbero oro per uno spettacolo del genere! E io te lo offro gratis!"

Chiara ora stava ridendo di cuore.

"Dai! Vestiti che usciamo!" le disse a bruciapelo.

"Sei pazzo? Io stavo andando a nanna... domani mi aspetta una giornata..."

"Ma quale nanna! Non riusciresti a dormire. Faresti le due di notte, sveglia, ad annoiarti davanti al televisore..."

La conosceva troppo bene. Anche dopo tutti quegli anni.

"Coraggio, Chiara! Un drink, una chiacchierata con un vecchio amico, tanto per distrarti un po', e poi a dormire... senza far tardi" insistette lui.

"Ma... sono in pigiama... dovrei prepararmi..."

"Cosa devi prepararti? Un jeans, una maglietta e sei anche troppo bella..."

Quel complimento la colpì piacevolmente. Da un tipo come Walter era da aspettarselo. Ma la colpì ugualmente.

"E poi..." aggiunse lui, "se domani ti sposi... le gambe dovresti averle già depilate..."

Quell'ennesima battuta impudente la convinse. Qualcosa dentro di lei disse "sì", e tutto il resto vi andò dietro. "E va bene... Aspettami un attimo" gli sorrise, "arrivo subito!" E si diresse ancheggiando verso la propria camera.

* * * * *

L'automobile era la stessa di cinque anni prima. Chiara occupò con una strana emozione quello che per un certo periodo era stato il "suo" posto. Era lo stesso anche lo stereo e il genere musicale che ne usciva. I gusti di Walter non erano cambiati. Sempre quel cocktail di ritmo e melodia, di amore e sensualità, di corpo e anima. E sempre artisti per lei completamente sconosciuti. Stelle di un firmamento a lei totalmente estraneo.

Però era musica che creava una bella atmosfera. Inizialmente pensò che Walter avesse selezionato i dischi appositamente per lei. Poi ne fu meno convinta. Il volume dello stereo era basso e piacevole. Lei e Walter non avevano mai smesso di conversare e di scherzare.

"Ehi ma... dove stiamo andando?" gli chiese.

"Verso il mare" disse lui. Aveva appena imboccato lo svincolo per la via Pontina.

"Ma non si fa troppo tardi così?"

"No... in una mezz'ora arriviamo, non c'è traffico. Non ti piace il mare di primavera?"

"Mi piace il mare d'inverno..."

"Mmmm..." mormorò lui pensoso. "Il mare d'inverno è il dolore di una lontananza. Il mare d'autunno è la tristezza di un abbandono. Preferisco il mare in primavera. E' il profumo di una promessa..."

"E il mare d'estate?" Chiese lei, curiosa.

Lui accentuò il proprio tono teatrale e declamò: "Il mare d'estate, è... il calore di una scopata!!!"

Risero entrambi. Lei lo colpì indispettita su una spalla. "Vigliacco! Hai distrutto tutta la poesia!" piagnucolò scherzosa.

Proprio allora si fermarono ad un semaforo. Walter aveva il volto illuminato dalla luce rossa. Parlò lentamente, a bassa voce, quasi senza espressione. "Il mare d'estate è un vecchio gommone rattoppato, con il motore ingolfato e due pazzi che ci viaggiano sopra, fregandosene, pensando solo ad amarsi..."

Scattò il verde. L'auto ripartì. Per un attimo tra i due regnò il silenzio. Erano immersi nei ricordi. Erano ricordi comuni, ma ognuno ricordava per conto suo. Poi la conversazione riprese.

* * * * *

Era una serata abbastanza fresca. Dal mare spirava un vento fastidioso. C'era poca gente al bar sul lungomare. Lui prese un whisky. Lei un long drink.

Walter stava tessendo il suo incantesimo. Non che stesse volontariamente cercando di sedurla, Chiara ne era sicura. Ma lei non era indifferente al suo fascino, né al ricordo dei mesi passati con lui.

Erano stati mesi molto belli, molto intensi, quasi un sogno. Walter era fatto così, rifletté Chiara. Sembrava come vivesse in una specie di universo parallelo. Tutto quello che faceva in qualche modo diventava qualcosa fuori dall'ordinario, come una favola. E il bello era che lei stessa si accorgeva che, stando vicina a lui, automaticamente entrava nella favola, diventando fata o principessa.

In realtà non c'era niente di favoloso o di straordinario. Era divertente crederci insieme, immergersi volontariamente complici nell'illusione. Sembrava veramente di vivere un sogno. Ma quello era un modo di essere di Walter, era il suo modo di concepire la vita e di viverla. E Chiara non lo condivideva fino in fondo. Sentiva che aveva bisogno di qualcosa di più concreto, di più reale. Era una donna vera, non una bambina né una principessina delle favole. Una donna che voleva vivere nel mondo di tutti i giorni. Aveva i propri progetti, le proprie ambizioni. Per questo, sebbene con dolore, aveva troncato il rapporto. Cinque anni prima.

Passeggiarono sul lungo mare fianco a fianco, non troppo vicini né troppo lontani. Il vento scompigliava i lunghi capelli biondi di Chiara, mentre la cravatta di Walter svolazzava da tutte le parti. Faceva fresco. Chiara teneva le braccia incrociate, stringendosi nel golfino di lana che indossava.

Ad un certo punto Walter si appoggiò alla ringhiera indicandole qualcosa sulla spiaggia scura.

"Guarda lì! Cosa ti ricorda?"

"Un gommone! Ma... è come il tuo!!! Ce l'hai ancora?"

"Macché! L'ho venduto... L'ho venduto per due lire, dopo... dopo che noi... al ritorno dalla Sardegna, insomma. Già era ridotto male allora..."

Walter aveva evitato di dire "dopo che mi hai lasciato". Come se il ricordo ancora lo ferisse. Chiara lo guardò. Ora sembrava imbronciato. Guardava con lo sguardo cupo verso il mare nero, da cui arrivava lo scrosciare delle onde.

Chiara si avvicinò al suo fianco e gli afferrò un braccio. "Siamo stati benissimo quell'estate in Sardegna, vero?" gli disse dolcemente. Quasi per rinfrancarlo, per tirarlo su. Walter annuì. Poi, tra di loro, cominciò il gioco dei ricordi. Una vacanza, dei momenti, che per entrambi sarebbero sempre stati qualcosa di magico.

* * * * *

Avevano preso in affitto per due settimane un appartamentino in un villaggio turistico a pochi km da Porto Rotondo. Ogni giorno partivano il mattino presto, su quel vecchio gommone, ed erano padroni del mare. Sia che si dirigessero verso Est, verso capo Figari, sia verso Ovest verso la Costa Smeralda, fino alla spiaggia di Capriccioli.

Sceglievano insieme una spiaggetta dove attraccare, ogni giorno una diversa, e godevano insieme del sole e del mare. Quel mare dal colore unico al mondo, dove si tuffavano con maschera e pinne e nuotavano a lungo, mano nella mano, indicandosi l'un l'altro i suggestivi panorami sottomarini e gli sciami di pesci che vorticavano loro intorno.

Ogni volta, al pomeriggio, il vecchio motore del gommone stentava a ripartire, provocando loro qualche brivido. Altre volte succedeva che l'ancora rimanesse incagliata sotto qualche scoglio, costringendo Walter ad un bagno supplementare e a faticose immersioni. Una volta Walter era silenziosamente riemerso dalla parte opposta del gommone. Aveva aspettato che Chiara cominciasse a chiamarlo preoccupata, poi l'aveva assalita alle spalle, ridendo, gettandola con lui in acqua. Il delicato pareo di seta di Chiara, dipinto a fiori, ne fu irrimediabilmente rovinato. Ma fu dolcissimo il bacio al gusto di mare che i due si scambiarono appena sopra il pelo dell'acqua.

La sera, abbronzati da far schifo, indossando leggeri abiti estivi sulla pelle profumata di crema dopo-sole, passeggiavano per i vicoli snob di Porto Rotondo. Una sera Walter ebbe il coraggio di offrirle una consumazione al bar, pagando uno sproposito per due frullati di frutta. La sera dopo, con una spesa inferiore, si abbuffarono di pesce squisito in un ristorantino di Golfo Aranci, ritrovo dei portuali.

E quella volta che il motore del gommone non ne voleva sapere di ripartire, mentre erano su una spiaggetta deserta dell'isolotto di Soffi. Walter aveva armeggiato inutilmente per ore con chiavi inglesi e candele, mentre il sole tramontava e l'apprensione di Chiara cresceva sempre più. Poi, complice la penombra della sera, avevano fatto l'amore sulla sabbia tiepida. Sospesi nel tempo. E fu bello come mai.

Alla fine il motore miracolosamente partì. Tornarono verso riva, tardissimo, immersi nel buio, sul mare calmo che rifletteva il cielo. Sullo sfondo le luci del Golfo di Marinella. Le onde placide trasportavano i suoni attutiti di una discoteca in lontananza, dove probabilmente molti giovani ballavano e si divertivano. Ma il centro dell'universo, non avevano alcun dubbio, era su quel vecchio gommone che si muoveva lentamente nella notte, fendendo l'acqua salata, circondato di stelle.

* * * * *

Chiara non resse. Aveva represso per lungo tempo quei ricordi di sogno, ma in quel momento erano più vivi che mai. Afferrò Walter per la cravatta e lo tirò verso di se.

"Baciami, stronzo. E abbracciami."

Walter esitò, quasi travolto dalla passione della lingua di lei che frugava nella sua bocca. Poi si lasciò andare e rispose con altrettanto calore.

Si baciarono a lungo, stringendosi forte. Poi Chiara fece scivolare la propria mano tra i loro corpi fino a raggiungere la virilità eretta di lui. Fu compiaciuta di scoprire che ancora faceva quell'effetto a Walter. Strinse forte la mano intorno al pene da sopra i pantaloni.

Si staccarono. Walter la guardò, con gli occhi stupiti ed il respiro affannato.

"Chiara... non sono venuto da te per questo..." biascicò.

Ma Chiara strinse le dita ancora più forte e tornò a premere le proprie labbra su quelle dell'uomo.

* * * * *

Il piccolo albergo Stella Marina era in condizioni smaglianti. Aveva appena terminato un'accurata ristrutturazione invernale ed ora anelava ad offrirsi, completamente rinnovato, alla clientela estiva del litorale romano. La stanza che avevano preso non aveva ancora perso completamente l'odore dell'intonaco dato ai muri, e le lenzuola sembravano appena uscite di fabbrica. Ma Chiara non notava niente di tutto questo.

Per tutto il breve tragitto in auto, poi mentre Walter chiedeva le chiavi al gestore nella reception, poi mentre salivano le scale, non aveva fatto altro che divertirsi ad ignorare la vocina che dentro di lei le ripeteva "Che fai? Sei pazza? Domani ti sposi!"

Pensava: tanto non è vero. Non è la vita reale questa. Sono di nuovo entrata nella favola di Walter, ed è tutto così incredibile. Si sentiva presa da uno strano entusiasmo, da un senso di abbandono, quasi come fosse drogata. L'umidità nelle mutandine testimoniava ancora di più la sua voglia di fare l'amore. Con quell'uomo. Con Walter.

Appena furono soli in quella stanza d'albergo, Chiara quasi lo assalì. La bocca cercava avidamente quella di lui, mentre le mani lo frugavano su tutto il corpo, a caccia di bottoni da slacciare, di nodi da sciogliere, di zip da abbassare.

Quasi senza accorgersene si ritrovarono a rotolarsi nudi sul letto, affannati, eccitati. Fu lei, senza perdere troppo tempo in preliminari, ad afferrare la sua virilità, mentre lui le era sopra, e a dirigerla verso la propria vagina. Walter fu subito tutto dentro di lei e cominciò a pompare di buon ritmo.

Nonostante l'intenso piacere che sentiva salirle dal basso ventre, Chiara ebbe la lucidità di pensare a Pietro (con sorprendente freddezza) e di fare un paragone tra i due. Così diversi.

Pietro era un bestione impetuoso. Faceva l'amore con trasporto, in modo animalesco, e questo la soddisfaceva in pieno. Chiara adorava la sua irruenza e trovava Pietro un amante insuperabile. Walter era diverso. Più tenero e delicato, molto attento al piacere di lei, pronto a coglierne ogni gemito, ogni respiro, per compiacerla al meglio. Pietro era un toro da monta, Walter un violinista con il suo Stradivari. E se come femmina probabilmente preferiva il suo promesso sposo, non poteva negare che come donna lo stile di Walter la gratificasse. Era, il suo, l'unico modo con cui poteva essere scopata una fata o una principessina da fiaba. Si sentiva al centro dell'attenzione. Sentiva di essere qualcosa di delicato e prezioso, e questo le piaceva. Alla mente quanto al corpo.

Walter intensificò il ritmo dei suoi colpi, e presto entrambi raggiunsero un intenso orgasmo. Ma non furono affatto paghi e continuarono a giocare coi loro corpi e a darsi reciproco piacere.

* * * * *

"Ora facciamo un gioco..." le disse ad un certo punto, riemergendo con la testa dalle sue cosce e guardandola con il suo sguardo diabolico.

"Che gioco?" disse lei distratta. Stava gustandosi da diversi minuti il lavoro della lingua di lui sulla sua intimità, e non sentiva il bisogno di nessun gioco.

"Il gioco delle lettere. Io scrivo una parola e tu devi indovinarla..."

"Ma... Come..." Chiara non capiva.

Walter aveva ripreso a leccarla. In modo strano. Finalmente intuì in che consisteva il gioco.

"Aspetta Walter, ricomincia!"

Walter riprese a disegnare lettere con la lingua.

"C... H... I... A... R... A... Chiara! Hai scritto il mio nome!"

"Bravissima. Ora leggi questo."

Chiara si accorse subito che era una specie di deliziosa tortura. Il gioco la costringeva a rimanere concentrata e a non lasciarsi andare. Ma, paradossalmente, anche a prestare la massima attenzione alle carezze della lingua di lui.

"... T... E... R... Walter! Era facile!" La sua voce tradiva un tremito di eccitazione.

Continuarono a giocare. Chiara era sempre più brava a "leggere" ma anche sempre più eccitata da quel supplizio. Finché non afferrò Walter per i capelli e, tirandolo con poca grazia verso la sua figa, non gli disse "Adesso basta giocare. Pensa a farmi godere."

Walter la leccò con suprema maestria portandola in pochi minuti sull'orlo del punto di non ritorno. Poi, e Chiara se ne accorse, riprese a "scrivere". E Chiara lesse. T... I... A... M... O...

La lingua di Walter indugiò sulla "O" finale, trasformandola in un piccolo vortice sempre più stretto intorno al bottoncino sensibile di lei. L'orgasmo di Chiara esplose violento e rumoroso.

Walter si stese al suo fianco, dopo essersi asciugato la bocca con il lenzuolo, e le massaggiò delicatamente il ventre, tra l'ombelico e il pube, mentre lei si godeva sospirando le ultime convulsioni del piacere.

"Hai scritto 'ti amo'..." gli disse lei con la voce dolcissima, appena ebbe fiato per parlare.

"Ma cosa dici? Stai scherzando?" rispose lui, guardandola con una luce ironica negli occhi.

"Hai scritto 'ti amo'..." insistette lei.

"Ma davvero?" sussurrò lui continuanado a carezzarla dolcemente sul pancino. "Davvero credi che vada in giro a scrivere 'ti amo', con la lingua, sulla figa delle ragazze che il giorno dopo si sposano? Ma dai... Per chi mi hai preso? Cosa vai a pensare?"

Chiara rise e lo strinse a se. Si baciarono ancora.

* * * * *

"Sei sempre brava come ti ricordo io?" Le chiese Walter. Chiara stava avvicinando la testa al pene di lui. Alzò gli occhi per guardarlo, sorridendo maliziosa.

"Certo che lo sono. Perché non dovrei!?" rispose con un pizzico di orgoglio.

"Vuoi dire che ti sei tenuta in costante allenamento in questi anni? Mi fa piacere..." scherzò Walter.

Chiara rise. "Ad essere sincera... è un po' di tempo che non..." le scappò detto.

Walter si mostrò sorpreso. "Come mai? Una volta ti piaceva... ricordo che lo facevi volentieri... non ti piace più, forse?"

"Oh, no!" sussurrò lei, guardandolo con uno sguardo di fuoco. "Mi piace... mi piace ancora..." e, quasi per confermarlo, cominciò a passare voluttuosamente la lingua morbida sull'asta di lui.

Walter gemette. Poi disse "Forse non piace molto a lui..."

Chiara interruppe un attimo le sue manovre di lingua. "Pietro ne va pazzo..."

"E allora?"

Chiara introdusse il pene sino in fondo alla bocca, accompagnando l'operazione con un breve mugolio. Un ottimo modo per non rispondere a quell'imbarazzante domanda. Né a Walter, né a se stessa. Cominciò a muovere la testa. Walter ebbe così la possibilità di constatare compiaciuto che quel periodo di inattività non aveva assolutamente intaccato l'abilità di Chiara nelle performance orali.

* * * * *

Walter dormiva saporitamente. Chiara lo guardava nella penombra. Come era diverso ora che le palpebre erano chiuse e nascondevano il suo sguardo intenso. Ora sembrava quasi un bambino indifeso. Ispirava tenerezza.

Chiara si sorprese a pensare che forse Walter aveva bisogno di una donna al suo fianco. Di una donna forte e concreta come lei. Capace di tenerlo con i piedi sulla terra, ma anche di apprezzare i suoi voli e le sue favole. Uno scambio equilibrato. Poteva funzionare benissimo. Avrebbe funzionato sicuramente. Perché era stata così sciocca da non capirlo, cinque anni prima? Chissà forse ora...

Si scosse. Ma cosa sto pensando? Io domani mi sposo con Pietro...

Fu allora che la domanda che era stata in sospeso per tutta la serata cadde su di lei, gelandola.

Sto facendo la cosa giusta?

Pietro. Pietro era bello, forte, gentile. L'amava teneramente. Ma era anche così... così privo di... di fantasia. Chiara non era più sicura di riuscire a tollerare questa carenza per tutta la vita. Non voleva rinunciare del tutto alle favole. Voleva continuare a saper sognare.

Allo stesso tempo non era nemmeno così sicura di Walter. Certo, era stata bene quella sera con lui. Non poteva nasconderselo. Ma può bastare una sera, per essere sicura di star bene con una persona? Eppure era certa di sentire qualcosa per quell'uomo che dormiva tranquillamente al suo fianco. Le bastò guardarlo per sentire subito una fiammata di tenerezza nel cuore. Maledizione, si disse. Sento di amarlo. Cosa devo fare?

Raggiunse con un braccio il pacchetto di sigarette sul comodino, e se ne accese nervosamente una. Non posso prendere una decisione del genere così a caldo. Diavolo! Dovrei pensare, riflettere, capire...

Ma non poteva sposarsi l'indomani. Questo era poco, ma sicuro. Troppa confusione in testa. Troppa confusione nel cuore

Alla fine, con un sospiro, si alzò dal letto e frugò nella borsetta, fino a trovare il cellulare. Si avvicinò alla finestra, dove il segnale era migliore e dove non avrebbe disturbato il sonno di Walter.

"Pietro? Pietro sono io... no, non sono a casa... lo so che sono le tre di notte... senti io devo parlarti, un discorso molto serio... urgentemente... No, non sono a casa, sono fuori Anzio, all'Hotel Stella Marina... e... non sono sola... Ti prego non insistere... non voglio parlarne al telefono, ma per favore, vieni qui subito... appena puoi... ti aspetto."

"Chiara, tu ora andrai via con lui. Lo sai, vero?"

Chiara sobbalzò. Non l'aveva sentito arrivare alle sue spalle. Si girò di scatto.

"Come sarebbe? E tu?"

"E io resto qui..." Il tono di Walter era serio. Come Chiara forse non lo aveva mai sentito.

"Walter... io avevo pensato che io... che noi..."

"Abbiamo pensato tante cose, in queste ore insieme, Chiara. Sia tu che io. Ma è meglio che tu vada..."

"Ma perché...?"

"Rispondimi subito Chiara. Vorresti davvero sposarmi? Rispondi con un sì o un no secco! Vorresti davvero essere mia moglie?"

Chiara esitò. Non riusciva a rispondere. Walter riprese il discorso.

"Lo vedi? Non sono l'uomo per te, Chiara. Lo sai anche tu. Posso andar bene per la follia di una notte. Per una vacanza in Sardegna. Ma non sono la persona giusta per stare con te per tutta la vita..."

Chiara sgranò gli occhi. "Tu non mi vuoi! Questa è la verità! Lo dici solo per mandarmi via..."

"Lo dico perché è vero. Sappiamo tutti e due che appartieni a Pietro. Sei la sua ragione di vita, la molla che lo spinge ad andare avanti. Se stanotte la sua auto ripartirà e tu non ci sarai dentro, avrai modo di pentirtene."

Chiara si ribellò. "No!"

"Forse non oggi. Forse nemmeno domani. Ma succederebbe... e durerebbe per tutta la vita..."

"E cosa ne resta di... di noi?" Chiara chinò lo sguardo verso il basso.

"Abbiamo sempre la Sardegna, no? Era un ricordo che avevamo perso, finché stasera non sei venuta qui con me. E abbiamo il ricordo di stasera. Un ricordo può unire due persone, come non immagini neppure... Senti Chiara, non sono molto bravo a fare la parte del romantico. La verità è che questa è una storia del cavolo. Per tutto il mondo tu sei solo una che si è voluta togliere uno sfizio prima di accasarsi, e io sono solo uno abbastanza furbo da essersi fatto trovare nel posto giusto al momento giusto. Una squallida storia di sesso come ce ne sono a migliaia."

"Ma non è così..." protestò lei.

"Noi sappiamo che non è così. Ma sappiamo lo stesso che devi andare. Ora forse non capisci il perché. Un giorno capirai. Ma adesso... adesso..."

Chiara alzò il viso verso quello di lui. I suoi occhi cominciarono a lacrimare copiosamente. Walter le prese delicatamente il mento e avvicinò il suo viso al proprio. Si baciarono.

"...E poi, piccola, sai sempre dove trovarmi..." le sussurrò.

* * * * *

Appena Pietro varcò la soglia dell'albergo, Chiara scese di corsa gli ultimi gradini delle scale e andò ad abbracciarlo singhiozzando. Pietro sembrò prima sorpreso, poi rassicurato e ricambiò l'abbraccio.

"Chiara... va tutto bene, dolcezza?"

"Va tutto bene. Tranne una cosa" intervenne Walter, in piedi sull'ultimo gradino. "Credo di doverti una spiegazione..."

"Non ti ho chiesto nessuna spiegazione!" scattò Pietro.

"Ma io te la darò lo stesso. Potrebbe significare molto per te, in futuro... Tu sai che Chiara ed io, anni fa, siamo stati insieme, vero?"

"Sì..."

"Quello che non sai è che io sono andato a casa di Chiara stasera. Lei era un po' nervosa per domani... aveva bisogno di qualcuno con cui parlare un po'. Di distrarsi. Non è vero, Chiara?"

"E' vero..." confermò lei.

"Io sono ancora innamorato di lei. Lei ha cercato, per gioco forse, di farmi credere che da parte sua fosse lo stesso. In realtà per lei è un discorso chiuso da diversi anni, ormai. Ma ha voluto fingere, e io l'ho lasciata fingere. Ha accettato persino di seguirmi in questo albergo. Chissà cosa pensava di fare. Ma poi... poi mi ha detto le cose come stanno. Lei ti ama, Pietro. Mi sembrava giusto che queste cose le sapessi anche da me..."

"Grazie. Apprezzo il pensiero" rispose Pietro freddamente. "Possiamo andare, ora..."

I due uscirono senza voltarsi. Walter rimase immobile, con il volto privo di espressione. Da fuori si sentì il rumore di portiere che sbattevano. Poi la messa in moto. Poi il rumore del motore che si allontanava, sempre più tenue. Poi il silenzio più assoluto.

"Non mi aspettavo che tu fossi così nobile e romantico, amico!" Il gestore dell'albergo aveva assistito a tutta la scena, fingendo di occuparsi d'altro. Era un uomo di mezza età con due baffi alla Burt Reynolds e l'aspetto e i modi di un vecchio viveur ritiratosi dall'attività.

"Non so di cosa stai parlando!" Rispose Walter con stizza.

"Della favoletta che hai raccontato al quel tizio. Conosco abbastanza le donne. Dal suo sguardo si capiva benissimo che non era vera una parola di quello che dicevi... e poi sei stato tre ore e mezza in quella camera con lei. Non mi sentirò in colpa a chiederti la tariffa intera..." sorrise.

"Per quello che conta, ormai..."

"Però un bicchiere posso offrirtelo, se ti va... vieni!"

Senza parlare, Walter seguì il gestore verso il bar. Questi prese una bottiglia di MacCallan e versò due dosi robuste. Da qualche parte la voce di Natalie Cole, accompagnata dal pianoforte, cominciò a gracchiare gli standard jazz del lontano passato.

L'uomo gli porse la mano. "Io sono Giorgio..."

"Walter, piacere..."

"Sai, Walter, ragazzo mio... con le donne è sempre così. Anch'io mi sono trovato in una situazione del genere, tanti anni fa..."

Walter cominciava a sentirsi un po' meglio. Forse era l'effetto del whisky che cominciava a scaldargli le vene. Forse era la musica che lo cullava dolcemente. Oppure la voce profonda di quell'uomo che stava resuscitando i ricordi di antiche improbabili avventure d'amore.

"Ma sei sicuro che ti va di starmi ad ascoltare?"

Walter si riscosse dopo un secondo. Sorrise. "Come? Oh, certo, certo, Giorgio... vai avanti, che mi interessa... anzi sai che ti dico? Che questo ha tutta l'aria di essere l'inizio di una bellissima amicizia!"

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