Nello Studio di Aureliana
"Non voglio sembrarti cattiva, ma sono già sei o sette volte che succede..."
Cristina abbassò gli occhi e annuì in silenzio.
"Vedi, nessuno vuole pignoleggiare sui cinque minuti... ma qui si tratta di interi quarti d'ora... oggi addirittura venticinque minuti di ritardo..."
"Scusami Aureliana..." sussurrò. Cristina parlava sempre a bassa voce. "... sai.... il traffico... è un casino..."
"E' un casino per tutte noi, tesoro. Ma lo sai benissimo che in questo periodo dell'anno c'è sempre molto lavoro e dobbiamo stringere i denti. Non possiamo permetterci questi ritardi, capisci? Mi prometti che in futuro ci starai attenta? Magari mettendo la sveglia una mezzoretta in anticipo?"
Cristina annuì di nuovo. Aureliana le sorrise con gentilezza.
"Bene. Allora, adesso, al lavoro! Oggi sarà una giornata piuttosto intensa..."
Cristina fissò ancora il volto sorridente della titolare dello studio. Poi si girò ed uscì, tornando nella stanza grande, alla sua scrivania. Le altre tre ragazze che lavoravano con lei probabilmente avevano sentito tutto. I loro volti, però, erano nascosti dietro i rispettivi monitor e Cristina non poté misurare le loro reazioni. Sospirò e si immerse nel lavoro.
* * * * *
Le caviglie di Cristina erano saldamente legate alla base delle due gambe del lato corto di un tavolo di legno. I polsi invece, con lo stesso tipo di corda da barca, erano stretti tra loro e appesi ad un gancio che scendeva dal soffitto. Quel gancio era almeno di un metro indietro rispetto al bordo del tavolo, e Cristina era costretta in una posizione estremamente scomoda, con la schiena inclinata in avanti fortemente arcuata. I tendini delle gambe erano in tensione dentro le calze autoreggenti, unico indumento che indossava. Le cosce presentavano un lieve rigonfiamento subito sopra la strozzatura dell'elastico. Il culetto pallido e liscio sporgeva vistosamente all'indietro.
La voce di Aureliana era calda e cordiale, come al solito.
"Cristina, tesoro, sai che devo punirti, vero?"
Cristina annuì in silenzio.
"Rispondi ad alta voce, tesoro..."
"Sì..."
"Sì, cosa?"
"Sì... merito di essere punita..."
"Potresti parlare più forte, tesoro? Non riesco a sentirti..."
Cristina fece violenza a se stessa, e quasi urlò.
"Sì! Me lo merito! Merito di essere punita!"
Le sue tre colleghe, che stavano assistendo alla scena, sghignazzarono divertite. "Bene" disse Aureliana, placida. "Sapevo che avresti compreso. Ma tu sai che io non sono cattiva. Per cui mi limiterò a dieci frustate sulle natiche. Solo dieci. Sono buona, vero?"
"Sì, sei buona... mia signora..."
"Ringraziami."
"Grazie, mia signora, per essere così buona con me."
Le colleghe sghignazzarono ancora. "Dai, Aureliana, frustala!"
"Zitte voi!" scattò Aureliana, ottenendo subito il silenzio dalle altre. Poi si rivolse ancora a Cristina. "Ripeti quello che hai detto, tesoro..."
"Grazie, mia signora, per essere così buona con me."
"Perfetto. Dovrai ripetere questa frase dopo ogni colpo di frusta che riceverai. D'accordo?"
"Sì, mia signora..."
Senza preavviso la frusta saettò nell'aria sibilando e si abbatté sonoramente sulle natiche di Cristina, che urlò e si contorse.
"Aaaaahhh!"
La giovane avvertì prima la scossa lancinante dell'impatto. Poi un'intensa sensazione di calore. Infine, la pelle colpita cominciò a bruciare. Le altre ragazze ridevano di gusto.
"Ebbene, tesoro?" La voce di Aureliana era di ghiaccio. Cristina ricordò solo allora quello che doveva fare.
"Gra... grazie... mia signora... per essere così buona con me..."
"Non vale!" Gracchiò Eleonora, la più antipatica delle sue colleghe. "Se ne era dimenticata!"
"Eleonora ha ragione, tesoro. Questa frustata non vale. Bisogna ricominciare daccapo. Cerca di non distrarti!"
"Perdonami, mia signora... ti prego..."
"D'accordo... ma devi aiutami a tenere il conto..."
La frusta calò ancora sonoramente sulle chiappe di Cristina. Stavolta rispose subito.
"Uno... Grazie, mia signora, per essere così buona con me..."
Aureliana la colpì ancora più volte, ottenendo sempre la giusta risposta. Cristina piangeva per il dolore e l'umiliazione.
"Quattro... Grazie, mia signora, per essere così buona con me..."
Ma Eleonora intervenne di nuovo. "Più forte, Aureliana! Sembra che la stai accarezzando..."
"Sta' zitta, Eleonora!" rispose duramente la donna. Ma i colpi successivi furono effettivamente più violenti. La frusta schioccò ancora e ancora...
"Dieci... Grazie... mia signora... per essere così buona con me..."
"Prego, tesoro... è stato un piacere..."
Quindi Aureliana si rivolse alle altre. "Ragazze, è tutta vostra per un quarto d'ora. Divertitevi, ma cercate di non esagerare...". E se ne andò.
Le tre accolsero la concessione con gridolini di entusiasmo. Cristina le sentì avvicinarsi minacciosamente alle proprie spalle. Una mano la frugò rudemente tra le cosce divaricate. Di nuovo si fece sentire la voce di Eleonora.
"E' tutta bagnata... che porca... ti piace farti frustare, vero cagnetta?"
Cristina non rispose. Un dito la penetrò violentemente nell'ano. Cristina sentì ancora gli odiosi risolini delle colleghe. "Guarda! Le ha messo un dito nel culo!" "Mettigliene dentro un altro!"
Eleonora seguì il suggerimento, ruotando senza pietà le sue dita nel buco. Cristina sussultò per il dolore.
"Le senti le mie unghie? Ti piacciono, vero cagnetta? Le tengo sempre affilate per te..."
"Dai, Eleonora, frustiamola anche noi!"
"Ferme... voglio frustarla io, per prima... poi la lascerò a voi..." rispose Eleonora con voce cattiva.
* * * * *
Aureliana studiò i fogli appena stampati che Cristina le aveva portato.
"Va abbastanza bene, tesoro. Però fai sempre un gran casino con le tabelle di Word... Non riesci mai a formattarle come si deve..."
"Mi dispiace..." sussurrò Cristina.
"Vieni con me..."
Aureliana si alzò e si diresse nella stanza grande, seguita da Cristina.
"Eleonora... hai mica un attimo di tempo? C'è Cristina che ha un po' di difficoltà con le tabelle di Word... perché non le spieghi bene come si fa, tu che sei tanto brava?"
Eleonora sorrise. "Volentieri! Vieni Cristina, porta qui la tua sedia... vedrai è semplicissimo... basta conoscere un paio di trucchi..."
"Allora te l'affido, va bene?"
"Certo Aureliana... ci penso io..."
Aureliana tornò nella sua stanza.
* * * * *
Eleonora si liberò dello stivaletto a tacco alto, e sbatté il piede nudo sotto al naso di Cristina, inginocchiata sotto la scrivania.
"Forza, cagnetta! Lecca! Leccami il piede..."
Cristina cercò disperatamente di ignorare l'odore pungente che percepiva. La sua lingua si affacciò timida tra le labbra e sfiorò la parte superiore del piede di Eleonora.
"Non ci siamo proprio, cagnetta... vuoi forse essere frustata? Mettici un po' più di entusiasmo..."
Cristina intensificò i suoi sforzi, mentre Eleonora, dall'alto, le dava precise indicazioni.
"Bene... brava cagnetta... ora passa la lingua sulla pianta... bagnala tutta con la tua saliva... brava... perfetto... Ora le dita... leccale una ad una... così... passa bene la lingua tra un dito e l'altro... succhia bene l'alluce..."
Mentre lei eseguiva obbediente, Eleonora si tolse l'altro stivaletto e avvicinò l'altro piede. Cristina dovette così raddoppiare il suo impegno.
"Fermati ora!" Cristina ubbidì.
Eleonora si liberò delle mutandine e allargò le ginocchia.
"Leccami la fica, cagnetta!"
Cristina affondò la testa tra le cosce aperte della collega, e mise in moto la lingua tra le pieghe della sua intimità. Subito avvertì un sapore aspro e si allontanò bruscamente..
Eleonora l'afferrò per i capelli e la sbatté di nuovo con la bocca contro la suo fica.
"Cosa c'è, cagnetta? Ah... capisco... forse non mi sono asciugata bene, quando sono andata in bagno... non sarai mica schifata dalla mia pipì, vero? Ci penserà la tua linguetta a pulirmi come si deve..."
Cristina riprese docilmente a leccare. Presto il sapore acre dell'urina sparì, sostituito da quello più mieloso degli umori che fluivano dalla vagina. Eleonora cominciò a godere, alternando sospiri di piacere ed epiteti umilianti.
"Aaahhh, siiiii... leccami bene, cagna... Fammi godere... troietta leccafiche... aaahhh... assaggia il sapore del mio piscio... siiiiii..."
Eleonora lasciò che la lingua di Cristina la trascinasse ad un gustoso orgasmo. Ma non era ancora paga.
"Non ho finito con la tua lingua, cagnetta...."
Si alzò in piedi e si chinò sul tavolo, dando le spalle a Cristina, che era sempre in ginocchio.
"Leccami bene il culo!" ordinò Eleonora e con le mani si aprì le chiappe, offrendo il buco scuro alla lingua della collega. Cristina si accorse che anche quello non sembrava troppo pulito.
* * * * *
"Cristina, questo signore è l'ingegner Moretti..."
Cristina alzò lo sguardo dallo schermo del PC e osservò incuriosita, al fianco di Aureliana, quel cinquantenne brutto e panciuto, i cui occhi sembravano enormi dietro le spesse lenti da miope.
"Ingegnere" continuò Aureliana "sarà Cristina a seguire direttamente la sua pratica..."
L'uomo le rivolse un sorriso insulso, e fece cadere pesantemente sulla scrivania una cartellina di cartone verde chiaro, logora e strappata, stracolma di fogli, buste, lettere, relazioni, stampati, allegati. Cristina fissò spaventata quella minacciosa montagna di carta.
* * * * *
"Ingegnere, questa è Cristina" disse Aureliana con la sua voce garbata e professionale. "Cristina è a sua completa disposizione, potrà farne quello che vuole... vieni, Cristina, avvicinati..."
Cristina fece timidamente dei passi in avanti, ondeggiando pericolosamente sulle scomodissime scarpine con tacco a spillo. Portava una guepiere con i ganci che tenevano su delle calze a rete. Un collare di cuoio a fibbia le stringeva il collo. Per il resto era nuda, sebbene truccata in modo molto pesante. L'ingegnere la osservava sbavando da dietro gli occhiali.
"Penso che possa andar bene..." commentò.
Aureliana sorrise soddisfatta. "Bene... allora vi lascio soli... Cristina, mi raccomando..."
Prima ancora che la porta si chiudesse, l'uomo aveva già cominciato a palparla con mani frenetiche e sudaticce. Cristina lo lasciava fare, restando immobile, passiva e disponibile. Presto l'attenzione di lui si concentrò sulle sue natiche, mentre lei si metteva nelle posizioni più adeguate per facilitare l'ispezione di quelle dita curiose e invadenti
Un grosso indice forzò d'improvviso la sua intimità anale. Cristina represse un gridolino.
"Bene... bene... è stretto... molto stretto... proprio come piace a me..."
L'uomo la diteggiò per qualche secondo, poi tolse di colpo l'indice.
"Tirami fuori il cazzo" ordinò.
Cristina, come aveva imparato, si inginocchiò per eseguire la manovra. Sciolse la cinta, abbassò la zip, slacciò il bottone e lasciò scivolare i pantaloni grigi lungo le gambe pelose dell'uomo, fin sulle scarpe. Poi agganciò le dita all'elastico dei mutandoni bianchi e tirò verso il basso.
Non poteva credere ai suoi occhi. Da quel capo di biancheria tutt'altro che giovanile emerse una specie di spaventosa proboscide. Calcolò che probabilmente era lunga quanto il suo avambraccio, e altrettanto larga. Afferrò quel bastone enorme con le due mani, all'altezza della base, lasciandone fuori dalla presa ben oltre la metà. Poté così apprezzare al tatto quanto quel pene nodoso fosse anche duro come il legno.
"Mettiti carponi, e girati, piccola. Voglio incularti."
Cristina era terrorizzata. L'ingegnere voleva sodomizzarla con quella mostruosità... così... a secco... senza un minimo di preparazione. L'avrebbe uccisa. Doveva cercare una scappatoia.
"Po... potrei succhiarlo un po'... prima?" sussurrò.
L'uomo la guardò dubbioso, un po' scocciato. "Perché? Credi che non sia abbastanza duro?" rispose sarcastico.
Era un piccolissimo spiraglio, ma Cristina vi si buttò a pesce.
"La prego, signore... sono molto brava con la bocca..." e per cercare di convincerlo si passò languidamente la lingua sulle labbra, abbondantemente coperte di rossetto, tenendosi con la bocca vicinissima alla grossa cappella.
L'uomo sghignazzò. "Dilla tutta, piccola... la verità è che ti piace prenderlo in bocca... hai proprio le labbra di una che fa un sacco di pompini..."
Cristina stette al gioco. "E' vero... mi piace da impazzire fare i pompini... succhiare il cazzo..." e tornò a leccarsi le labbra. Le sue mani sembravano piccolissime mentre si muovevano su e giù lungo quell'asta sterminata.
"Sei proprio una bocchinara, affamata di cazzo, non è così?"
"Sì... ho tanta voglia di sentire un cazzo in bocca... e poi il suo è così bello... così grosso... così duro..."
"Va bene... d'accordo... puoi gustartelo per un minutino... ma poi mi servi il culetto. E' chiaro?"
Cristina si gettò a bocca spalancata su quel pene smisurato, cercando di farvi colare tutta la riserva di saliva che aveva accumulato durante quel dialogo assurdo. Per quanto si sforzasse, riusciva ad ospitarne in bocca solo una piccola frazione. Per il resto cercava di spalmare la saliva come poteva... con la lingua... con le mani. La frenesia con cui cercava di lubrificare tutto quel cazzo nei pochi secondi che aveva a disposizione poteva facilmente essere scambiata per passione.
"Sei proprio una troietta pompinara... deve proprio piacerti un mondo... guarda come sbavi... ti sei sbaffata il rossetto su tutta la faccia... e ti stai masturbando come una cagna in calore... sì... continua... sgrillettati mentre mi spompini..."
Cristina mugolò di libidine, con la bocca piena di cazzo. Ma in realtà non si stava masturbando. Stava manovrando rapidamente con le dita cercando di inumidirsi il buchino posteriore con i succhi che le scendevano copiosamente, come sempre, dalla vagina.
"Ora basta giocare, puttanella. E' finita la ricreazione. Voglio farti il culo."
La ragazza valutò con lo sguardo il pene dell'uomo. Era tutto bagnato e luccicante di bava. Anche il culetto sembrava essersi un po' lubrificato. In quel breve lasso di tempo non avrebbe potuto fare di meglio per attenuare la sofferenza che l'aspettava.
Si sistemò con la testa a terra e le natiche in alto, sopra le ginocchia piegate.
"Prego... Usi pure il mio culo, ingegnere..." mormorò docile.
L'uomo non ci pensò due volte. Si inginocchiò alle sue spalle, assestò quello spadone durissimo, e cominciò a spingere senza pietà.
* * * * *
"Va bene, Cristina, per oggi basta... puoi andare..."
Nella stanza grande era rimasta solo lei. Le colleghe erano già andate via.
"Sto lavorando sulla pratica dell'ingegner Moretti..." sussurrò.
"D'accordo, ma potrai continuare domani, tesoro... vieni qui a vedere..." Con un gesto Aureliana la invitò ad avvicinarsi alla finestra. Fuori era scuro, e nella sfera di luce intorno ai lampioni si intravedeva una pioggerella sottile e fitta.
Cristina riconobbe subito la macchina ferma in doppia fila.
"E' Matteo..."
"Già... il tuo ragazzo ti è venuto a prendere... mica vorrai farlo aspettare, no? E' almeno un quarto d'ora che è già lì... Altrimenti se la prende con me..." la donna le sorrise complice.
"Grazie, Aureliana..."
"E poi stasera... anche io ho un uomo che mi aspetta..." aggiunse civettuola.
"Hai un nuovo fidanzato? Congratulazioni!"
"In realtà è appena la seconda volta che ci esco... però la cosa promette bene... è un bel tipo... insegnante di educazione fisica, e cintura nera di karatè... si chiama Giorgio... Magari un giorno te lo faccio conoscere..."
* * * * *
Cristina strinse gli occhi. Dopo le ore passate immobile al buio, anche il lampadario della camera da letto sembrava accecarla. Era stata Aureliana ad accendere la luce, entrando nella stanza insieme a Giorgio.
"Questa, Giorgio, è la sorpresa di cui ti parlavo..." disse.
Lo sguardo dell'uomo si posò su Cristina con evidente attenzione. Cristina era nuda, polsi e caviglie legate, in ginocchio. Un bavaglio le stringeva la bocca.
"Chi è questa ragazza?"
"Lei è Cristina... e sarà il nostro giocattolo. Possiamo farle tutto ciò che vogliamo. Possiamo divertirci un po' con lei... che ne dici?"
"Divertirci... come?"
Aureliana aprì un cassetto del comò e cominciò a tirare fuori un'impressionante collezione di strani oggetti. Fruste, frustini, corde, catene, falli di gomma, candele, sfere d'avorio e tanti altri arnesi dall'aria minacciosa la cui funzione sembrava, a prima vista, incomprensibile. A Giorgio brillarono gli occhi.
"Interessante... molto interessante..."
"Ero sicura che avresti apprezzato..."
"Però preferirei cominciare a... giocare... solo con te. Dopo ci divertiremo con la ragazzina..."
Aureliana sembrò un po' delusa.
"D'accordo... come preferisci..."
I due si abbracciarono e si baciarono con passione, finendo inevitabilmente per buttarsi e rimbalzare sul letto matrimoniale. Aureliana si ritrovò carponi sull'uomo steso e cominciò a slacciargli i bottoni della camicia.
"E nel frattempo?" chiese Giorgio, "Cosa ne facciamo di lei?"
Aureliana rispose, continuando a spogliarlo. "Posso chiuderla nello sgabuzzino, se vuoi... ma se non ti da fastidio preferirei lasciarla qui... legata e imbavagliata... a guardare..."
* * * * *
Cristina entrò in macchina chiudendo l'ombrello gocciolante, e subito porse le labbra a Matteo per un bacio.
"Ciao, amore" sussurrò.
"Ciao Cri, amore mio... ma che cazzo di orari ti fa fare quella strega? E' mezzora che ti sto aspettando..."
"Lo so... mi dispiace... ma in questo periodo c'è molto da fare..."
"Non è mica giusto, sai? Quell'arpia se ne approfitta. Ti paga pochissimo e nemmeno ti ha ancora messo in regola..."
"Mi sistemerà... vedrai..."
"Se lo dici tu... ci facciamo un giro?"
"Veramente è un po' tardi... e sono distrutta... preferirei andare subito a casa..."
"E dai, cazzo... un giretto veloce veloce..."
Cristina sospirò. "Va bene... come vuoi."
Pochi minuti dopo la macchina di Matteo era parcheggiata in una stradina buia, con altre macchine intorno, non troppo vicine, che erano lì per la stessa ragione. La mano destra di Matteo, infilata dal didietro nei pantaloni slacciati di Cristina, giocava distrattamente con il culetto e la figa della ragazza. Cristina a sua volta era chinata sul suo ventre e stava somministrandogli il pompino che era ormai un'immancabile consuetudine dei giorni feriali, dopo il lavoro.
"Ti trovo sempre con la figa fradicia quando esci da quello studio" osservò Matteo. "Ma cosa cazzo fate lì dentro... le orge?"
Cristina non rispose. Continuò a muovere su e giù la testa sul pene del suo ragazzo.
"Magari quella zoccola di Aureliana ti costringe pure a farti scopare da qualche cliente..."
Cristina si bloccò un attimo. "Potrebbe succedere..." sussurrò. "Qualcosa in contrario?" E prese a smulinare la lingua in piccoli cerchi sulla punta del glande. Matteo era eccitato.
"E tu?" chiese lui a sua volta. "Non avresti niente in contrario?"
Lei sospirò. "Sai... il lavoro è lavoro..." e tornò a farsi scivolare il pene del ragazzo tra le labbra.
Passò qualche secondo, e Matteo tornò alla carica.
"Ma ancora non mi hai spiegato perché ti trovo sempre così bagnata..."
"Perché mi eccito a sbocchinarti, scemo. Ecco perché. Ora posso gustarmelo in santa pace?"
Matteo sembrò soddisfatto della risposta. In fondo, pensò Cristina riprendendo a succhiare, non era nemmeno completamente una bugia.
Ref:Renwik, Tjalf, Brenton and Peratur Guyana
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