Senza Amore
Per tanti giorni, forse troppi, si era rassegnato a pensare che non avrebbe mai più suonato il campanello di quella porta. Sapere che sarebbe successo di nuovo, in barba ad ogni previsione, lo avrebbe reso felice. Eppure in quel momento, mentre poggiava il dito sul pulsante, si sentiva a disagio, dubbioso, fuori posto.
La voce interiore che lo stava massacrando da qualche giorno continuava a ripetergli che quella che stava facendo era una stupidaggine. Che non avrebbe dovuto essere lì. Che avrebbe dovuto rifiutarsi. Che quella situazione non avrebbe portato niente di buono, ma solo ulteriori complicazioni e sofferenze.
La porta si aprì quasi subito. Dietro la porta c'era lei. Bellissima, come sempre. Vestita, come sempre, solo con una leggera sottana. Anche stavolta senza niente sotto, come al solito? Non poteva ancora saperlo, ma era sicuro di sì.
Ad essere completamente diversi furono i primi approcci. Appena quella porta si apriva, si erano sempre abbracciati con foga, stringendosi forte, baciandosi come se fossero affamati l'uno dell'altra. Stavolta invece restarono a rispettosa distanza, scrutandosi in viso, circospetti. Lei aveva un sorriso timido, incerto. Sembrava quello di una bambina che ha combinato una innocua marachella e spera di imbonire il genitore. Lui cercava di mostrarsi freddo e impassibile, ma il solo fatto che lei fosse lì, davanti ai suoi occhi, a un metro di distanza, bastava a fargli sentire in subbuglio tutto il proprio essere.
"Ciao!"
"Ciao."
"Vieni, entra! Come è andato il viaggio?"
Il viaggio. Sveglia all'alba. Ore di macchina. Centinaia di km da percorrere. Per quella che, gli ripeteva la voce interiore, probabilmente era una delle più assurde cazzate della sua vita. Ma ormai era lì, inutile rimuginarci.
"Ho trovato un po' di nebbia, appena partito. Ma poi si è alzata..." rispose vago.
"Posso farti un caffè? Ho dei buonissimi biscotti al cioccolato... vieni, dai, mettiti seduto..." gli disse lei, gentile, indicandogli la cucina.
"No, grazie... Lascia stare..." rispose rigido, e forse anche un po' brusco. "Forse è meglio passare direttamente a..." disse, e accennò col viso verso la camera da letto, in fondo al corridoio.
"… A quello per cui sei venuto" concluse lei.
"Non mi sembra che abbia senso metterci a fare salotto..."
"Già. Hai ragione. Andiamo" gli rispose, e lo precedette lungo il corridoio.
Si fermò a metà strada e si girò su se stessa, piantando gli occhi nei suoi.
"Sono contenta che tu sia venuto. Dico davvero."
La voce era sommessa, quasi umile, nel pronunciare quelle parole. Ma nel fondo di quello sguardo lui scorse per un brevissimo istante una luce maliziosa e soddisfatta. La voce interiore ruggì furiosa: "Hai visto? Ci sei cascato come un pollo! Ti sei dimostrato debole! Avresti dovuto rifiutare!"
Quella voce non aveva tutti i torti. Era il suo orgoglio di uomo a parlare. L'orgoglio di un uomo ferito da un bruciante abbandono.
* * * * *
Era passato appena un mese dall'ultima volta che era stato lì, ed era stata una giornata deliziosa e indimenticabile, come tutte quelle passate con lei. Ma in quel mese era successo di tutto.
"E' stato tutto bellissimo tra di noi, ma ora è finita" gli aveva scritto una sera, in una drammatica conversazione in chat su Facebook. Che stronza, aveva pensato, nemmeno la delicatezza di dirglielo a voce.
"Non possiamo andare avanti in questo modo" aveva aggiunto. "Ne abbiamo parlato tante volte. Siamo troppo distanti, possiamo vederci troppo di rado. Quando ti vedo sono in paradiso, ma per il resto del tempo la tua mancanza è una tortura. Non posso continuare a soffrire così. Cerca di capire."
Nulla di particolarmente nuovo sin lì. Erano discorsi che venivano fuori periodicamente, e avevano scandito diverse volte delle crisi tra di loro. Crisi ogni volta dolorose, ma ogni volta alla fine superate in qualche modo. Quello che provavano l'uno per l'altra era troppo intenso. Il legame era troppo forte per essere spezzato. Anzi, di regola, dopo quei momenti difficili, si riscoprivano ancora più uniti, ancora più legati.
Ma questa volta c'era una novità che rendeva tutto diverso. Lui la sentì arrivare come una mazzata sul collo.
"Inutile girarci intorno. E' giusto che tu lo sappia. Da qualche tempo c'è un altro. Si chiama Luca. Mi sono trovata a dover fare una scelta, tra mille sofferenze. Ci sono stata male, non sai quanto. Ma alla fine ho deciso. Mi dispiace moltissimo, credimi. Ma ho scelto lui."
Si era sentito gelare. Altro che crisi passeggera. Stavolta era finita davvero. Ma chi era questo Luca? Da dove era uscito? Da quando si vedeva con lei? Era uno delle sue parti, o qualcuno conosciuto in rete, come lui? E com'era? Quanti anni aveva? Come era fatto? Che lavoro faceva? Che tipo era? La voglia di sapere lo tormentava, ma non le chiese niente di più. Per orgoglio, più che per discrezione. Lei non disse altro. Solo quelle quattro lettere. Quel nome che lui irrazionalmente aveva subito preso ad odiare. "Luca. Che nome del cazzo. Deve essere sicuramente uno stronzo."
Così era cominciato un periodo tremendo, per lui. Per il dolore del distacco dalla donna che amava, per la ferita di essere stato accantonato a favore di un altro. Ma soprattutto per la disperazione di continuare a ritrovarsela davanti.
"E siccome è facile incontrarsi, anche in una grande città..." cantava Lucio Battisti negli anni '70. Quelli erano tempi in cui bastava poco, bastava evitare "tutti i posti che frequento e che conosci anche tu", per risparmiarsi un incontro doloroso e inopportuno. Ma come fare ad evitarsi, oggi, su Facebook, quando si frequentano gli stessi gruppi, le stesse pagine, quando si hanno decine e decine di amici in comune? La presenza di lei, sia pure solo virtuale, era costantemente davanti ai suoi occhi, ogni giorno. Ogni parola, ogni commento, ogni like che veniva da lei, era sale sulla ferita.
Evitarsi, dopo un doloroso abbandono, era semplice buon senso. Ma su Facebook, in quelle condizioni, evitarsi si trasformava in un più problematico ignorarsi. Entrambi sapevano che l'altro era lì, a portata di click, per un saluto, una battuta, due chiacchiere. Lui era orgogliosamente felice di mostrare indifferenza, anche se gli costava uno sforzo non cedere alla tentazione di contattarla. Ma essere ignorato da lei, vederla ridere, scherzare, cazzeggiare con altri amici, era un continuo rinnovarsi del dolore.
Effetto ancora peggiore gli causava il dubbio (o la speranza) che lei non stesse davvero ignorandolo. Che, sapendo che lui era lì, inviasse qualche segnale nascosto per lui. Tra le righe delle sue parole in un post o in un commento, nella scelta di una citazione da mettere nello stato, di un'immagine da pubblicare o di un brano su youtube di cui condividere il link. Per non parlare del dubbio (o del terrore) di intercettare invece qualche amorevole messaggio in codice per il maledetto Luca. Ma questo Luca era su Facebook? Cercò di vedere se tra i suoi contatti, in particolare tra i profili con nomi evidentemente inventati, potesse nascondersi l'uomo che gliel'aveva portata via. Sospettò di qualcuno, poi di qualcun altro, poi di qualcun altro ancora. Ma nessuno in realtà sembrava avere le caratteristiche giuste.
Più volte fu tentato di porre fine una volta per tutte al tormento, togliendole l'amicizia, o addirittura bloccando il profilo di lei. Ma sarebbe apparso agli occhi della donna come un gesto puerile e non voleva dare questa impressione. Inoltre sapeva che non ci sarebbe mai riuscito. Seguire i movimenti di lei su Facebook, in silenzio, era diventato il suo principale passatempo. O forse un'ossessione.
* * * * *
Erano in piedi nella camera da letto, il luogo dove avevano vissuto tanti momenti intensissimi di amore e passione.
"Pensi che... possiamo baciarci?" chiese lei, timida e speranzosa.
"Perché no?" rispose lui asciutto e serio. "In fondo non è incompatibile con quello che deve succedere dopo..."
Si guardarono un attimo negli occhi, poi le bocche precipitarono l'una verso l'altra. Le lingue presero a danzare e a intrecciarsi freneticamente. I corpi si strinsero in un abbraccio, e si riconobbero all'istante. Lui sentì subito la propria erezione prepotente spingere contro la stoffa dei calzoni. Lei stessa, altrettanto eccitata, la cercò con il ventre e ne apprezzò la consistenza.
Si accorsero immediatamente che per i loro corpi, appena tornati in contatto, non era cambiato nulla. Quel mese trascorso, con tutti i suoi tormenti, dal punto di vista dei loro corpi non era semplicemente esistito. Il desiderio di sfiorarsi, di toccarsi, di possedersi a vicenda, era esattamente lo stesso. Forse persino più forte. Meglio così, si disse lui. Questo era quello che prevedeva il programma. Un'esperienza tutta del corpo. Senza anima. Senza amore.
* * * * *
"Ho voglia di vederti. Di stare un po' con te. Ti andrebbe di venire a trovarmi?"
Così gli aveva scritto una sera, all'improvviso, dopo settimane di assoluto silenzio, colorando di bianco e di rosso l'iconcina a forma di fumetto. Lui fu preso del tutto alla sprovvista da quel messaggio. Rimase a lungo lì, col cuore in gola, lo stomaco in centrifuga, il cervello incapace di elaborare il giusto contegno da tenere. Combattuto tra la tentazione orgogliosa di rifiutarle persino una risposta, e l'impulso di cadere in ginocchio ai suoi piedi e risponderle urlando un "Ti amo!" sommerso da cuoricini.
Dopo lunga tormentosa esitazione, era riuscito a battere sulla tastiera una risposta laconica e interlocutoria.
"Hai cambiato idea, vedo..."
"In che senso?"
"Rispetto alla tua decisione."
"Niente affatto. Non è cambiato nulla. La mia scelta l'ho fatta e resta quella."
Quella frase aveva subito freddato le sue speranze. "E allora che cazzo vuoi da me?" aveva scritto, con rabbia, e il dito era già sul tasto di Invio, pronto a far partire il messaggio. Ma quel messaggio non partì mai. Quelle parole che si stavano scambiando erano come gocce di acqua fresca e pura dopo giorni e giorni di arido silenzio. Non se la sentiva di avvelenarle. Aveva ripiegato su una risposta molto meno aggressiva.
"Eppure vuoi vedermi."
"Sì. E' così strano?"
"Non è troppo coerente con la tua scelta..."
"L'amore è una cosa. Il desiderio è un'altra cosa. Spesso vanno di pari passo, ma possono anche viaggiare separati."
"Sesso senza amore? Di questo parli? Mi sorprende, non è da te..."
"Forse mi conosci meno bene di quanto pensi. Comunque in questo momento sto seguendo un impulso, senza fare troppa filosofia. Dimmi subito se la cosa ti interessa, perché non intendo pregarti."
"Perché dovrei venire?"
"Per farti una ricca scopata con me. Non dirmi che l'idea non ti tenta. So che farlo con me ti piace, ti è sempre piaciuto, e non penso che i tuoi gusti siano cambiati."
"Nelle nuove condizioni potrebbe non essere altrettanto piacevole..."
"O potrebbe esserlo ancora di più. Pensaci. Potrei sentirmi più libera, più porca. Non voglio dolcezza e tenerezza, da te. Non più. Potresti scoparmi senza amore, come una puttana..."
"Come una puttana?"
"Sì. Non chiedo altro. Verrai?"
"E Luca?"
"Quello è un problema mio. Non devi preoccupartene. Allora? Pensi di venire?"
Aveva accettato. Non senza un senso di disagio. E con quella voce interiore che aveva cominciato a protestare e a ribellarsi con violenza.
* * * * *
Continuavano a baciarsi. Lui la teneva con le mani, saggiando la morbida curva tra la vita e i fianchi. Come previsto, non aveva mutandine sotto la sottana. Era nuda e pronta. Le mani di lei avevano cominciato a palpare il rigonfiamento evidente sulla patta dei calzoni. Poi, non paghe, avevano preso d'assalto cintura bottoni e zip, fino a liberare il cazzo duro e a stringerlo in mano. Lui sentiva il desiderio esplodere, ma non riusciva a domare la rabbia che quella situazione gli suscitava. Avvertiva forte l'istinto di maltrattarla, di essere duro e brutale, anche se probabilmente era proprio quello che lei si aspettava e voleva.
Bloccò le mani di lei stringendole i polsi in una presa ferrea. Tirò in alto le braccia, sospingendola contro un muro, e con la mano libera si insinuò sotto l'orlo della sottana. Le pieghe dell'intimità della donna erano già abbondantemente intrise di umori. La stuzzicò sapientemente con le dita, carezzando, massaggiando, titillando, penetrando. Conosceva bene i suoi gusti, e sapeva perfettamente come amasse essere toccata. Presto lei cominciò a sospirare forte e a gemere, e quelle manifestazioni di voglia esaltarono l'eccitazione dell'uomo, la cui erezione svettava libera e fiera oltre l'orlo dei calzoni e dei boxer leggermente abbassati. Ma esaltarono anche la sua rabbia feroce.
La spinse bruscamente verso il basso, fino a farla inginocchiare. Lei si prestò docile, offrendo subito la bocca al fallo fremente. Lui la penetrò con irruenza, e prese a forzarla con colpi di bacino, tenendole la testa ferma con una mano decisa che afferrava ciocche di capelli tra le dita. Come una puttana. Quelle parole crude rimbombavano nella sua testa.
Lei tossì, come conseguenza di un affondo più convinto. "Fai piano, ti prego...Mi arrivi in gola... Sei enorme... " sussurrò. Lui perversamente si chiese se dicesse la stessa cosa anche a Luca. E quel pensiero lo scatenò ancora di più.
La fece alzare, la fece chinare in avanti, con le mani a sostenersi sul letto. Alzò l'orlo della sottana oltre la vita, scoprendo tutto il culo, e la penetrò con foga da dietro, con un colpo solo, strappandole un urletto.
Lei si prestò con piacere. Cominciò a gridare i suoi "Sì... Sì... Sì, così..." e lui si sentì pungolato a sbatterla ancora più forte.
"Eccoti servita... Ti sto fottendo come una lurida puttana... Senza nemmeno togliermi i calzoni e le scarpe... E' questo che volevi, no?"
"Sì... ti prego, sì... trattami come una puttana... voglio essere la tua puttana..."
La portò a un primo, esplosivo, violento orgasmo. Si concessero qualche secondo per spogliarsi e mettersi a letto. Poi lui le fu sopra, lei spalancò le cosce per riceverlo, e lui riprese a scoparla con selvaggia irruenza, come se non ci fosse un domani.
* * * * *
"Vengo ancora... Sì... E' un orgasmo continuo... Che meraviglia..." gemette forte lei.
Lui continuava a fotterla con foga, col fiato grosso, madido di sudore.
"E Luca?" ansimò. "Luca ti fa godere così?"
"Luca mi scopa benissimo... e mi fa godere un sacco..."
"E allora perché vuoi anche me?"
"Non lo so... Forse perché sono una puttana..." sussurrò lei, intossicata dal piacere. "Sì... Sono una gran puttana, e un cazzo solo non mi basta... Voglio anche il tuo... E ti chiamerò ancora a venire qui a fottermi... Mi piace troppo come mi stai scopando... Senza amore... Come una puttana..."
Era eccitatissimo da quelle parole. Il cazzo era duro e gonfio che pareva scoppiare. Faceva appello a ogni minima energia per darle colpi sempre intensi e vigorosi.
"Sì... così... mi piace così..." gemeva lei, "mi stai davvero sfondando la figa..."
La figa...
* * * * *
Cosa vuole davvero un uomo da una donna? La voce del più consolidato dei luoghi comuni risponderebbe La figa!, scatenando rumorose ovazioni e scroscianti applausi.
Immerso in quell'amplesso incandescente, l'uomo si stava rendendo conto di quanto quel luogo comune fosse invece falso. In quel momento aveva tutta la figa che voleva dalla donna che più di ogni altra desiderava. Tra un sospiro e l'altro, lei gli aveva anche già fatto capire che non escludeva affatto di invitarlo ad ulteriori visite, per offrirgliela ancora, se lui avesse voluto.
Perché allora sentiva pulsare dentro di sé quella lacerante sensazione di insoddisfazione?
Forse è vero. Gli uomini vogliono La Figa. Ma solo se al termine si dà un'accezione più ricca, completa, e non lo si limita al mero significato fisico, biologico, di organo riproduttivo. La Figa, quella con la "F" maiuscola, non è solo una parte del corpo. E' un qualcosa che incarna la femminilità, la sensualità, la passione, le emozioni, l'anima, forse persino l'intelligenza e la sensibilità di una donna. Una donna ama un uomo, quando lo ama davvero, soprattutto attraverso la Figa. Dire che un uomo desidera la Figa è solo un modo di dire che l'uomo desidera l'amore di una donna, inteso come amore profondo, quello fatto anche di carne, di istinti, di passioni che bruciano, di emozioni, di irrazionalità.
Ma a volte il senso vero di tutto ciò non viene compreso. Troppi uomini perdono di vista la differenza e si ritrovano a inseguire ottusamente la figa biologica, quella con la "f" minuscola, come fosse la meta ultima, il simbolo della conquista, la roccaforte del nemico dove piantare la propria bandiera. La perseguono talvolta, ed è quanto di più triste, usando anche la violenza, il raggiro, il ricatto, oppure comperandola col denaro e col potere. Salvo poi scoprire che la figa biologica senza amore sa di poco, forse di niente. Può farti avere un orgasmo, anche quello solo biologico. Ma l'anima non gode. E resta lì, più insoddisfatta di prima.
* * * * *
"Perché ora non mi lecchi un po'?" gli chiese.
L'aveva scopata a lungo, in varie posizioni. Poi aveva voluto la sua bocca. Lei l'aveva servito con l'abilità e la passione di sempre, fino a portarlo all'orgasmo, e aveva bevuto ogni goccia del suo piacere, cosa che non sempre amava fare, senza nemmeno bisogno che lui lo chiedesse.
"Non si lecca la figa a una puttana..." rispose lui, secco.
"Non essere sciocco. Ti piace farlo, ti è sempre piaciuto. Non negarlo solo per orgoglio. E poi il tuo cazzo ha bisogno di un po' di riposo."
Lui guardò per un attimo quel bocciolo goloso tra le cosce di lei, visibilmente provato dalle rudi attenzioni ricevute sin lì. Decise di non trattenersi. In fondo aveva ragione lei. Gli piaceva farlo. Anche se piaceva molto soprattutto a lei.
I gemiti e i sussurri di piacere cominciarono presto.
"Sì... Così... Sì... Sì... Amore..."
Lui si interruppe.
"Amore?" chiese ironico.
"Mi è sfuggito... scusami... continua, su..."
"Se ti viene di chiamarmi in quel modo, non ti trattenere... mica mi offendo..."
"Quando dico Amore non penso a te... Penso a Luca... Leccami, dai..."
Lui riprese a omaggiarla. Lei continuò a parlare, tra i sospiri.
"Luca mi scopa tanto... Mi fa godere tanto... La riempie sempre bene di sborra, la figa che stai leccando..."
Lui fece cenno di interrompersi, infastidito. Ma lei lo tenne fermo, con una mano sulla testa, per impedirgli di staccarsi e obbligarlo a continuare.
"Non lo saprai mai... Luca potrebbe avermi scopata da poco... Magari ieri sera... Magari stamattina, prima di andare al lavoro... Ha messo il suo cazzo e schizzato il suo sperma proprio dove ora stai tenendo la lingua..."
Stava eccitandosi a dire quelle cose. Lui se ne accorgeva, ma era perversamente eccitato anche lui.
"Sei proprio una puttana..." commentò rabbioso, tra una leccata e l'altra. Lei reagì con un risolino perfido.
"Mi sono lavata bene, tesoro... Lecca pure tranquillo..." ritorse lei, divertita. "Leccami bene, dai... sto per venire..." Poi i suoi sospiri crebbero di intensità, e raggiunse un rumoroso orgasmo.
* * * * *
Avevano fatto sesso a lungo. Cominciavano ad essere stanchi. Erano stesi sul letto abbracciati a baciarsi, solo baciarsi, con passione. L'atteggiamento artificioso di voler fare sesso senza cuore, senza anima, senza amore, era gradualmente svanito via in entrambi col passare dei minuti.
Era inevitabile. E' possibile scopare senza amore. Ma non in quel modo. Non nel modo in cui lo facevano loro due. Non con quel trasporto, quell'intensità, quell'abbandono.
E a quel punto, baciarsi così, come due innamorati, era diventata la cosa più naturale del mondo. Lui se ne stava rendendo conto. C'era amore nel modo in cui lei lo baciava. C'era amore nel modo in cui si guardavano negli occhi, non appena le bocche si staccavano qualche secondo per riprendere fiato.
Era un momento meraviglioso e lui avrebbe voluto goderselo così, lasciandosi andare, senza pensare a niente. Ma allo stesso tempo sapeva che c'era un dopo, c'era un domani da vivere, c'erano ancora giorni che lo aspettavano in cui riprendere a combattere con il dolore bruciante di un sentimento da reprimere. Aveva bisogno di capire cosa era successo e cosa stava succedendo. Di dare un senso, uno qualsiasi, a quella giornata. Sperando disperatamente che non si rivelasse solo qualcosa che lo avrebbe fatto soffrire ancora di più, a partire da quando l'avrebbe salutata per ripartire.
Doveva farla parlare, chiederle qualcosa, avere qualche segnale per capire che significato quella giornata aveva avuto per lei. Senza fare domande dirette. Con lei non funzionavano mai.
Ora si stavano abbracciando stretti, tenendo i visi a contatto, guancia contro guancia. Fu allora che lui cominciò a parlare.
"Senti... Ma Luca..."
"Non c'è nessun Luca" lo interruppe subito lei.
Lui si staccò e la guardò negli occhi incredulo.
"Che cosa?"
"Non c'è mai stato nessun Luca. Io amo te. Amo solo te."
Si sentì improvvisamente invadere l'anima da una assurda sensazione di gioia. Anche il suo corpo reagì positivamente. Una mano malandrina di lei si allungò sotto il lenzuolo e scoprì che era sopraggiunta una nuova sontuosa erezione.
"Ma... Come?... Perché?..." cercava di chiedere, confuso.
"Come faccio a non amare un uomo, uno dei pochissimi al mondo, cui si rizza il cazzo a sentirsi dire ti amo?"
"Ma..."
"Non chiedere altro, Amore. Ora scopami. E scopami bene, mi raccomando. Luca ce l'ha il doppio del tuo, e non ci metto niente a tornare da lui..." gli disse, strizzando l'occhio.
Si presero ancora. Stavolta pienamente, e consapevolmente, con amore.
* * * * *
"Non è stata una cosa voluta. La realtà è che quella sera, mentre chattavamo su Facebook, mi sono imbestialita per il tuo atteggiamento. Leggevo tra le righe delle tue risposte che stavi pensando qualcosa del tipo: ecco, la solita crisi passeggera di questa mezza matta, poi tra due giorni ne esce, e tutto torna come prima. Io invece stavo soffrendo per davvero. Allora ho voluto vedere se parlandoti di un altro uomo mi avresti preso sul serio."
"Sul serio? Tu non hai idea di quanto ci sono stato male all'idea di averti persa! Perché mi hai tenuto tutto questo tempo a farmi penare come un pazzo, se non era vero niente?"
"Avrei voluto dirtelo, ma... Non sapevo come prendere il discorso. Avevamo chiuso tutti i contatti. Cioè, pensaci: come avresti reagito se mi fossi presentata di punto in bianco e ti avessi detto semplicemente: è uno scherzo, non è vero niente?"
"Non l'avrei presa bene, temo..."
"Ecco, lo vedi? Poi mi è venuta l'idea di farti venire da me, in quel modo, e l'ho trovata stuzzicante. Mi è sempre piaciuto un sacco quando a letto sei un po' brutale e deciso..."
"Tu sei pazza. Sono stato sull'orlo di rifiutare e mandarti al diavolo. Ci sono arrivato davvero a un millimetro, sai? Non sai quanto hai rischiato..."
"Lo immagino. Ma ero sicura che anche nella peggiore delle ipotesi sarei stata in grado di recuperare la situazione. Io non ho mai avuto dubbi sul fatto tu che mi amassi. Sei tu invece ad averli avuti. E questo significa che non mi sai leggere dentro."
"Ma con le cose che mi avevi detto..."
"Le parole di una donna non vanno sempre prese alla lettera. Sei grande ormai, dovresti averlo imparato."
"Bah. Secondo me la verità è anche un'altra..."
"E quale?"
"Credo che sotto sotto l'idea che io stessi soffrendo per te ti dava una gran soddisfazione."
"Ma no, cosa dici? Davvero pensi che io sia così perfida?"
"Non c'entra la perfidia. A volte le donne hanno piacere a mettere in difficoltà l'uomo che amano. Pungolarlo, stuzzicarlo, provocarlo, saggiarne la forza e la resistenza... Secondo me, anche con un pizzico di vena sadica."
Lei ci pensò un attimo. Poi sorrise e lo baciò con passione.
"Non devi pensare che io lo faccia apposta a farti soffrire" gli disse con dolcezza. "E' che... a volte può succedere. E quando succede, succede..."
Si baciarono ancora.
"E a te?" gli chiese "Non ti piace soffrire un po' per me? Dimmi di sì. In fondo io per te soffro tanto..."
Lui sospirò. "Temo proprio che in parte sia così. E aggiungo: secondo me, anche con un pizzico di vena masochistica..."
Lei rise. "Ma allora siamo una coppia che pratica il sado-maso! Chi lo avrebbe mai detto?" L'idea evidentemente la divertiva. "Certo" aggiunse, "è un sado-maso particolare... Diciamo un sado-maso emotivo."
Lui ci rifletté per qualche secondo e annuì. Ci pensò, ancora in silenzio. Poi sospirò di nuovo e sbottò.
"Quanto sarebbe più semplice con le fruste, Amore mio!"
Ref:Renwik, Tjalf, Brenton and Peratur Guyana
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