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In Ginocchio Da Te

 
Questo racconto è stato scritto a quattro mani da Pleine-Lune e Xlater.

I tacchi a spillo delle décolleté nere si poggiavano piano, quasi senza rumore, sul pavimento del corridoio semibuio.
A quell'ora del venerdì sera gli uffici erano ormai tutti vuoti. Tranne uno, giù in fondo a sinistra, dove da uno spiraglio della porta filtrava una luce fioca.
La donna avanzava in quella direzione.
Indossava una gonna nera a tubino, sopra il ginocchio; le sue curve sinuose ne venivano esaltate.
I capelli castano scuro ondeggiavano lungo la schiena, così come i lembi del foulard rosso che portava annodato al collo.
Nel silenzio era appena percepibile il leggero fruscio del reggiseno di pizzo contro la camicetta di seta bianca.
L'abbigliamento era troppo elegante per essere sexy, ma non lasciava indifferenti.
Si fermò un attimo davanti allo specchio in fondo al corridoio. Guardò il suo viso riflesso; sulle labbra aveva steso un leggero velo di rosa, il nero dell’eyeliner esaltava il verde dei suoi occhi da gatta.
Slacciò due bottoni della camicetta.
Attraente e sensuale, notevole l’effetto complessivo.
Eppure il suo viso aveva un'espressione preoccupata, mentre esitando si avvicinava alla porta di quell'unico ufficio ancora illuminato.
Mise una mano sulla maniglia, la lasciò scivolare un paio di volte e poi lentamente spinse avanti.
La porta si aprì, senza scricchiolare.
Fece il primo passo per entrare e lo spacco della gonna si aprì sulla sua coscia nuda.
Il grande tappeto persiano, che la divideva dalla scrivania al lato opposto della stanza, attutì ancora di più il rumore dei suoi tacchi.
Era una gatta dall’impalpabile passo.
Alla luce di una lampada, un uomo batteva sui tasti del computer. L’aspetto era virile, indossava una camicia bianca, probabilmente fatta su misura, spiegazzata dalla lunga giornata di lavoro.
Mentre lei avanzava, lui non staccò mai gli occhi dal monitor, apparentemente indifferente alle note sottili di essenze orientali che già riempivano la stanza.
Pochi passi ancora, la donna appoggiò le dita sulla scrivania e, dopo un lungo sospiro il cui fiato caldo e profumato lo investì, disse quasi sussurrando:
"Alessandro..."
La voce aveva qualcosa di spezzato, come se avesse appena pianto.
L'uomo continuò a ignorarla.
"Alessandro, ti prego..."
"Cazzo vuoi!?" rispose lui, brusco, senza girarsi.
Lei abbassò lo sguardo ed i suoi lunghi capelli coprirono il viso contrito.
"Ce l'hai ancora così tanto con me?"
"Noooo... E perché dovrei?"
Feroce era il sarcasmo nella sua voce.
"Io avrei voluto dirtelo... avrei voluto parlarti... ma..." sospirò, "non era facile... "
L'uomo staccò le mani dalla tastiera, pensò e annuì.
"Questo te lo concedo, non era per niente facile..."
Ora la sua voce era fredda, apparentemente accondiscendente.
"Perdonami..." continuò lei sfilandosi il foulard in un gesto morbido, lasciandolo poi cadere sulla scrivania con indifferenza.
"Francesca, lascia perdere, vattene."
"Alessandro, finalmente ho capito che la mia vita non ha un senso, senza di te. Ho capito quanto ti amo... e quanto ti desidero. Siamo stati tutto, l'uno per l'altra, per tanti anni insieme. Che senso ha cancellare tutto per... un errore?"
"Oh, certo... un piccolo errore... che vuoi che sia...? Erano mesi che ti vedevi con Daniele e lo sapevano tutti, tutti, tranne me. Dici che sono importante per te, ed invece mi hai ridicolizzato davanti ai nostri amici, perfino davanti ai miei colleghi."
"Ho sbagliato... Sono stata una sciocca. Non posso biasimarti se sei così infuriato... Ma ora sono qui, pentita, e voglio riconquistarmi il tuo amore.."
"Perdi il tuo tempo... vattene..."
"No... sono sicura di significare ancora qualcosa per te. Sono sicura di piacerti ancora, se solo tu riuscissi a ignorare il tuo orgoglio e far parlare il tuo cuore..."
Lui si limitò a fissarla, gelido, senza parlare. Francesca ebbe l'impressione di avvertire il fremito dei suoi muscoli tesi dalla rabbia. Da quella distanza riusciva a percepire l’odore virile della sua pelle leggermente sudata.
Lo guardò negli occhi, iniziando a slacciarsi i bottoni della camicetta. I suoi gesti erano lenti, misurati.
Alessandro non avrebbe voluto guardare la sua pelle candida che man mano veniva alla luce, ma ne era attirato. Strinse i pugni, sentendo il dolore delle unghie sul palmo, mentre le sue labbra si serrarono rabbiose.
La venatura d'acciaio nel suo sguardo restava più dura che mai.
"Cosa credi di fare?"
"Quello che vedi... Mi sto spogliando..."
"E cosa credi di ottenere? Il mio perdono?"
Il tono scettico e spezzante della voce di Alessandro non riusciva però a mascherare il desiderio e la voglia che traspariva dai suoi occhi neri e profondi.
"Davvero non ti fa nessun effetto vedermi così?"
La gonna nera era appena scivolata leggera verso il basso, raggiungendo la camicetta sul pavimento.
Lui non rispose. Mantenne il viso impietrito in una smorfia di disprezzo, ma il suo sguardo non riusciva a staccarsi dalle quelle forme seducenti.
Francesca, abbassandosi leggermente, fece scorrere le dita sulla pelle liscia del braccio sinistro, arrivando all’insenatura del seno, stretto in una coppa di pizzo e organza, dal cui velo di tessuto turgidi si mostravano i suoi capezzoli. La sua mano proseguì lentamente verso il ventre fino a scivolare negli slip trasparenti.
Il morbido pelo nero si arricciò intorno sue dita.
Alessandro deglutì e la sua fronte si imperlò di sudore.
I suoi occhi accarezzarono quel corpo così come le sue mani chiuse a pugno desideravano fare, ma si sforzò di mantenersi gelido.
"Sei una bella donna, te l'ho sempre detto e non cambio idea, anche ora che so quanto sei corrotta dentro. Ma non sei più bella di tante mercenarie di alto bordo che posso avere qui in cinque minuti, alzando il telefono. Sai bene che posso permettermele."
"Risparmia i tuoi soldi e la telefonata. Non chiamare nessuna. Usa me..."
"Le mercenarie una volta finito il servizio si tolgono dalle palle..."
"Lo farò anche io, se lo vorrai. Ma ora prendimi... godi della mia carne... fai di me la puttana che non hai bisogno di comperare..."
"Usarti come una puttana?... Sarebbe proprio quello che meriti..."
"Cosa aspetti allora? Dammi quello che merito... Puniscimi, sfoga la tua rabbia su di me... Poi, se lo vorrai, sparirò per sempre..."
Alessandro si alzò.
Girò intorno alla scrivania fino ad arrivare davanti a lei.
Sguardo dentro sguardo, i loro occhi si sfidavano ed il desiderio era palpabile, lunghi i sospiri di entrambi nel rimanere immobili, l’una davanti all’altro, mentre i secondi scorrevano piano.
Poi Francesca varcò quel impercettibile tratto che li divideva offrendogli le labbra, tentando di abbracciarlo, pronunciando quasi in un sussurro quell'"Amore" che a lui sembrò uno schiaffo.
"Amore un cazzo!" ritorse, con rudezza. "Non parlare d'amore, fai la puttana, ché ti riesce meglio."
Ma l’ultima parola si sciolse nella bocca di Francesca in un bacio di odio e passione.
La lingua della donna docile e remissiva si soggiogava alla durezza e prepotenza di quella di Alessandro. Un bacio feroce, violento, ma pur sempre un bacio.
Alessandro presto si staccò da lei. La prese per i capelli e la spinse verso il basso.
"Inginocchiati, troia" ringhiò.
Francesca ubbidì.
Senza esitare aprì il primo bottone dei calzoni.
La zip scese in un movimento rapido ed un brivido percorse la schiena di Alessandro.
"Indossi i boxer che ti ho regalato..." sussurrò lei, infilandoci la mano calda dentro.
Lo accarezzò a lungo mentre lui chiuse gli occhi per non lasciar tradire il piacere che provava.
Poi non riuscì più a trattenersi. Con una mano la prese per i capelli mentre con l’altra si abbassò i boxer.
"Prendilo in bocca, muoviti, fammi godere!"
Dicendolo glielo infilò fra le labbra che lo accolsero morbide e umide.
Francesca iniziò a giocarci con la lingua in lenti rotondi movimenti. Lo ingoiò fino a quasi tutta la lunghezza, tenendo le mani sulle sode natiche di lui, poi nuovamente fuori dalla bocca, e dentro ancora. I movimenti lenti si alternavano a colpi decisi e veloci. Si soffermava sul frenulo, succhiava e ricominciava.
"Sei diventata molto brava con la bocca, devi esserti allenata molto con Daniele..." disse Alessandro in tono perfido.
Francesca non rispose, continuando a succhiarlo.
"Ti ho fatto una domanda! Rispondi, puttana!" urlò lui.
"Ti interessa proprio saperlo?" rispose lei, umiliata, e rabbiosa. "Ebbene sì... glielo prendevo in bocca... e mi piaceva farlo, non meno di quanto piaceva a lui..."
"Puttana..." sibilò Alessandro, prendendole la nuca e tornando a invaderle la bocca con prepotenza.
"Ti piaceva succhiare il suo cazzo eh..." continuò lui ansimando. "Ce l'ha grosso, vero? Più del mio?"
Lei si staccò. "Non vado in giro col righello... ma direi proprio di sì..." Lo guardò con aria di sfida, e aggiunse maliziosa: "Ti turba saperlo?"
"Succhia ancora, muoviti!" rispose lui con astio, ma visibilmente eccitato.
Ora la lingua di Francesca indugiava fra le sue cosce, penetrava nelle pieghe dell’inguine e poi sulle palle, piano ancora ed ancora. Carponi davanti ai suoi occhi si muoveva come un animale soggiogato dal suo padrone.
"Anche con lui eri così puttana, indifesa e arrendevole?"
"Ho imparato molte cose da lui... " gli rispose. "E' vero... ho scoperto di essere più puttana di quanto avessi mai creduto... Ma tutto questo vorrei donarlo a te. E' te che amo, vorrei passare la vita a farti godere..."
E tornò a prenderlo in bocca con passione.
"Non mi interessa..." replicò lui, freddo. "Non è ciò che voglio. Le puttane me le scopo, le pago e le mando via.."
"E allora, scopami! Scopati gratis la tua puttana, cosa aspetti?"
Francesca si liberò degli ultimi indumenti intimi e si sdraiò con la schiena sul tappeto.
La luce fioca della lampada illuminava la sua pelle chiara.
Si girò aprendo leggermente le gambe verso di lui, la mano scivolò fra le cosce e per qualche secondo le sue dita rimasero a giocare con quella calda e bagnata insenatura che attendeva di essere goduta.
Alessandro fremeva dal desiderio di possederla.
"Non così" le disse, brusco. "Non voglio vedere i tuoi occhi. Mettiti a quattro zampe, come un animale, è così che voglio usarti."
Docile e remissiva Francesca si girò carponi. Soffocò un gemito quando lui la penetrò con irruenza. Il tappeto scivolava morbido sui suoi capezzoli mentre feroci i colpi di Alessandro la scuotevano.
Sentiva le sue palle sbattere contro le sue cosce.
Piccole gocce di sudore le cadevano sulla schiena.
Poi lui si bloccò.
Rimase dentro di lei senza fare un movimento, lasciando solo il suo cazzo, teso, libero di pulsare fra quelle labbra calde che lo accoglievano.
"Continua, ti prego..." ansimò lei. "Mi stai facendo impazzire... Ti sento dentro di me come mai prima..."
"Parole da troia... Chissà quante volte hai miagolato così per Daniele..."
Francesca sospirò, il corpo fremeva nell'attesa che l'uomo riprendesse a muoversi.
Ma lui aspettava una risposta.
"E' vero..." mormorò cupa, "l'ho fatto... Sono anche arrivata ad implorarlo di scoparmi... Sapeva come mandarmi in estasi... Ero pronta a tutto per lui... Non so cosa mi aveva preso... Forse il rapporto con te era diventato troppo normale, senza emozioni forti, senza la voglia di osare... Mi annoiavo...".
"Sei solo una puttana!" concluse Alessandro, riprendendo a possederla rude e frenetico.
Francesca sentiva l’ansimare dell'uomo e modulava il suo. Di tanto in tanto si girava verso di lui, per guardarlo negli occhi, per vedere le sue labbra strette nella morsa dei denti per la ferocia con cui la stava possedendo.
Con un lamento di piacere Francesca si abbassò ancora, appoggiando il viso su un braccio, liberando così la mano sinistra. Portò due dita ai lati della vagina aperta, a sfiorare l'asta dura dell'uomo che si muoveva e la riempiva. Poi prese ad accarezzarsi il clitoride.
Alessandro le strinse le mani sul bacino per penetrarla ancor più in profondità.
I loro respiri galoppavano l’uno accanto all’altro e l’odore del loro piacere ora riempiva la stanza.
I primi rantoli arrivarono con un lungo fiotto caldo che riempì Francesca. Le ultime feroci spinte la fecero urlare di piacere mentre lui riversava dentro lei ogni rancore, desiderio, voglia e amore.

"Sei stato fantastico... non ricordo di aver mai goduto tanto..." disse lei, ancora ansimante.
"Nemmeno io, amore mio... Sei stata eccezionale... e sei anche un'attrice straordinaria! L’idea di fare questa piccola messa in scena è stata geniale!"
"Non sai da quanto tempo sognavo di venire a far l'amore nel tuo ufficio" sorrise lei, strizzandogli l'occhio.
Lui le accarezzò lentamente il viso baciandole le labbra socchiuse, le spostò la ciocca di capelli dietro l’orecchio e continuò a baciarle il collo con delicatezza.
"Quanto ti amo, Francesca... E' stupendo avere al proprio fianco una donna come te... Capace di rendere ogni cosa speciale ed eccitante grazie alla tua fantasia."
Lei si sdraiò tirandolo su di sé ed abbracciandolo dolcemente.
"Avevo notato che stavi perdendo un po' di entusiasmo a farlo sempre nel solito modo... Così ho pensato di prendere provvedimenti..."
"Chissà cosa inventerai per la prossima volta..." disse lui con un'espressione furba e curiosa.
Lei sorridendo gli sussurrò "Ho già un paio di idee, e sono convinta che ti piaceranno..."
"Non vedo l'ora, ma vestiamoci adesso, è quasi ora di cena e dobbiamo andare a prendere i bambini.
Li hai lasciati dai tuoi vero?"
Francesca si stiracchiò lentamente portando le braccia sopra la nuca, gli mise una coscia sulla sua facendogli sentire sulla pelle calda la sua fica ancora bagnata.
"Rimarranno anche a cena dai nonni..." gli rispose, guardandolo negli occhi. "Ho voluto farti una sorpresa... Tu ed io andremo da Riccardo, come ai vecchi tempi... Che ne dici?"
"Fantastico! Il nostro ristorante preferito di quando eravamo fidanzati! Hai avuto un'idea meravigliosa. Questa è proprio una serata da ricordare..."
Alessandro la baciò ancora abbracciandola.
"E non finisce qui..." aggiunse Francesca maliziosa, mentre col palmo della mano lo accarezzava sul petto sudato.
"Cosa vuoi dire?"
"Dai miei, col giardino, i bambini si saranno scatenati. Appena saremo a casa crolleranno sicuramente nel sonno e noi due potremmo riprendere il discorso... Potrebbero tornarmi in mente delle cosine che ho fatto con Daniele che ancora non ti ho confessato..." e gli indirizzò uno sguardo indefinibile...
Alessandro esitò un attimo, stupefatto. Poi rise.
"Sei una donna meravigliosa... e una gran puttana... Ti amo da morire..."

Pleine-Lune è un'autrice che ha già scritto racconti erotici, anche se nell'ambiente è conosciuta con un altro pseudonimo. Il giudizio sul risultato di questo esperimento di scrittura a quattro mani lo lasciamo, come giusto, ai lettori. Ma scrivere insieme questo racconto è stato davvero molto divertente per entrambi. Per questo non escludiamo che questa nostra collaborazione possa avere un seguito.

 

un gioco


carino e ben condotto, la verità tra i due è nascosta molto bene e il colpo di scena è assicurato. anche se non mancano gli stereotipi dell'eros, c'è un riferimento originale -peccato sia solo accennato- alla fantasia come innesco di rinnovamento e di tensione nella coppia sociale (magari fosse così). complimenti a chi dei due si è preso il compito dell'editing, le due scritture sono fuse bene, pur lasciando tratti d'identità individuale (xlater non avrebbe mai scritto: "le sue curve sinuose ne venivano esaltate", mi dispiace di non poter individuare tratti dell'autrice s-conosciuta, nascosta dietro il nuovo nome de plume). I dialoghi sono il punto forte del racconto, il resto è un po' troppo descritto, ma bravi!
Ji

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