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Residence Village

 
Bruno non era partito con l'intenzione di recarsi lì. Voleva solo fumarsi una sigaretta passeggiando senza una meta precisa nei vialetti del villaggio turistico, godendosi l'aria che si rinfrescava dopo la giornata torrida e il colore del cielo che in quelle serate di luglio restava chiaro a lungo dopo il tramonto. Tuttavia, senza esserne consapevole, si era ritrovato attirato dalle note e dalle luci colorate che provenivano dal "teatro". Così veniva chiamata quella piccola struttura di legno presso la piscina, attrezzata con fari e amplificazione, con un palcoscenico e una area libera davanti che veniva di volta in volta utilizzata per disporvi file di sedie per il pubblico oppure come pista da ballo. Tutte le sere i ragazzi del team di animazione, dopo aver passato la giornata ad organizzare giochi, passatempi, tornei, gare sportive, ginnastiche, balli di gruppo, e così via, usavano quello spazio per intrattenere gli ospiti del villaggio con degli spettacoli più o meno improvvisati, cercando di inventarsi sempre qualcosa di nuovo. E ogni sera riuscivano a regalare qualche ora spensierata e divertente. Perlomeno a chi non avesse niente di meglio da fare.

Quando Bruno arrivò presso il teatro era in corso la prima parte della serata, dedicata alla "baby dance". Bimbi di tenera età, e anche qualche bambina più grandicella, erano sul palcoscenico e seguivano gli animatori che si muovevano a tempo sulle note di qualche canzoncina da Zecchino d'Oro, mimando il significato dei versi. I due figli di Bruno, di 11 e 8 anni rispettivamente, snobbavano inorriditi quel rito infantile, preferendo di gran lunga attività più adatte ai maschietti della loro età. Quel giorno si erano scatenati ancora più del solito, tra gare di vario tipo sulla spiaggia e in piscina, con l'aggiunta dell'immancabile partita di pallone all'ultimo sangue tra ragazzi. Dopo cena erano crollati per il sonno, costringendo la madre a restare in stanza con loro (neanche troppo malvolentieri, visto che era piuttosto stanca anche lei) e Bruno a cercare un modo per far passare il tempo per evitare di mettersi a letto troppo presto, cosa per lui inconcepibile durante una vacanza estiva.

Le sedie di fronte alla ribalta erano in gran parte occupate dai genitori dei bambini che stavano ballando. Ma gradualmente anche altre persone stavano arrivando e prendevano posto in attesa dell'inizio dello spettacolo vero e proprio.

Su una di quelle sedie c'era lei. Curiosamente da sola, visto che né il marito, né la bimba di due anni scarsi che di solito amorevolmente accudiva, erano in vista. Bruno non aveva nessuna particolare confidenza con quella donna, se non il buongiorno e buonasera che ci si scambia con le famiglie che hanno gli ombrelloni vicino al tuo in spiaggia, e che bene o male ti capita di incontrare di nuovo, diverse volte al giorno, in piscina, o in giro per il villaggio. Non era nemmeno sicuro di aver capito bene come si chiamasse. Rosina, Rosetta, Rossella, Rossana... Non Rosy, perché a essere chiamata Rosy nel villaggio era un'altra tizia. E c'era pure una Rosa, a confondere tutto. Eppure questa donna aveva attratto la sua attenzione in modo particolare.

Non era, oggettivamente, la più bella tra le altre mamme in quel villaggio per famiglie. Ce n'erano almeno tre o quattro più appariscenti, vuoi perché più giovani, vuoi perché più costanti e tenaci a combattere i segni del tempo che passa, in palestra o dall'estetista. Né si poteva dire che uscisse a pieni voti dalla cosiddetta "prova costume", malgrado la silhouette abbastanza snella che possedeva. Sotto l'accecante e impietosa luce del sole estivo, era impossibile non notare qualche dettaglio inestetico abbastanza frequente in una donna intorno ai quaranta. La leggera tendenza ad allargarsi ed appesantirsi dei fianchi. Qualche zona di non perfetta levigatezza della pelle sulle cosce. Il tracciato scuro di qualche venuzza che guizzava appena visibile sotto l'epidermide delle gambe. Lei stessa ne era cosciente, visto che per la maggior parte del tempo, sia in spiaggia che in piscina, era solita portare un pareo di stoffa leggera sotto la vita, a mò di gonnellino. Un espediente piuttosto gettonato tra le signore per tenere celate le aree più critiche.

Ma Bruno era innegabilmente attratto da quella donna. Gli piacevano la regolarità e l'eleganza dei lineamenti del viso, la dolcezza del sorriso e delle espressioni, quel suo certo modo di fare, di muoversi, timido, riservato, ma sempre gentile ed aggraziato.

Così, sin dall'inizio della vacanza, quasi senza accorgersene, si era ritrovato spesso ad osservarla. E si era presto accorto che gli sguardi erano contraccambiati. Con un po' di sorpresa da parte di Bruno. Non era mai stato un uomo in grado di far girare le donne per strada, anche se si era ben mantenuto col passare degli anni e poteva mostrarsi in costume senza nulla di cui vergognarsi. Soprattutto se confrontato alla media degli altri ospiti uomini del villaggio, non escluso il marito di lei. Ma non era per niente convinto che fosse la sua prestanza ad attirare le occhiate della donna. Forse era semplicemente incuriosita dal suo continuo osservarla. Anche se Bruno faceva di tutto per guardarla in modo discreto, cercando di non farsi scoprire.

Col passare dei giorni era diventato quasi un gioco, ogni volta si fossero ritrovati nelle vicinanze l'una dell'altro, quello di guardarsi a vicenda di nascosto, fingendo di non farlo. Ma era inevitabile che talvolta gli sguardi si incrociassero e in quei casi nessuno dei due riusciva a trattenere un sorriso. Sorriso che man mano era diventato sempre più caldo e complice.

Ci sarebbero stati gli estremi per attaccare discorso, fare due chiacchiere, approfondire un po' la conoscenza, e di possibilità ne erano capitate. Ma Bruno non ne aveva mai approfittato. Quasi come se una conversazione banale su un pretesto qualsiasi violasse la purezza e la spontaneità di quegli sguardi e di quei sorrisi.

Anche in quel momento l'occasione sarebbe stata ghiotta. Le sedie a fianco a quella su cui era seduta la donna erano libere. Non ci sarebbe stato niente di sconveniente, o di sospetto, nel sedersi vicino a lei, salutarla, scambiare una parola. Eppure Bruno preferì non farlo. Si sedette all'ultima fila, in disparte, quasi nascosto, mentre una voce interiore lo biasimava per la sua scarsa intraprendenza.

Nel frattempo la "baby dance" era finita, tra gli applausi deliziati di papà e mamme per i loro piccoli. Il capo animatore era salito sul palco per dare inizio alla serata.

"Signore e signori del Residence Village buonasera a tutti voi! Facciamo ancora un applauso per i nostri bimbi!" urlò nel microfono con la solita verve da DJ radiofonico americaneggiante, ma senza riuscire del tutto a nascondere qualche venatura di accento pugliese. Bruno non amava il genere, ma doveva ammettere che quel ragazzo gli ispirava simpatia.

"Vedo che siamo un po' pochini stasera. Non importa, ci divertiremo lo stesso! Ma dobbbiamo stare più vicini, più compatti! Non lasciamo tutti questi posti vuoti! Voi, laggiù in fondo, venite avanti."

Con ampi gesti delle braccia invitò gli ospiti ad occupare i posti più vicini.

"Tu, laggiù, vieni qui. Coraggio!!"

Stavolta non aveva scuse. Si era rivolto proprio a Bruno, e gli aveva indicato il posto vicino alla donna. Bruno non si fece pregare.

"Permetti vero?" chiese Bruno. Lei, che fino a quel momento non l'aveva notato, sorrise radiosa quando lo vide. "Prego!" sussurrò, mentre con gli occhi sembrava dicesse "Finalmente!"
Avrebbero entrambi voluto aggiungere qualcosa, ma nessuno dei due trovò niente da dire. Restarono in silenzio, in attesa delle parole dell'animatore, col cuore che batteva a entrambi un po' più forte, e non era certo l'emozione per lo spettacolo che andava a iniziare.

"Quella di stasera, signore e signori, è la serata del gioco a squadre! Verrete divisi in due squadre e la vostra abilità, la vostra creatività, la vostra immaginazione e il vostro senso dell'umorismo saranno messi alla prova!" Divise quindi il pubblico verticalmente in due metà: quella alla sua sinistra sarebbe stata la squadra dei Delfini, quella alla sua destra, che comprendeva anche Bruno e la sua vicina di posto, sarebbe stata la squadra dei Gabbiani. In altre circostanze Bruno si sarebbe alzato e avrebbe tolto il disturbo, tanto poco era attratto da quel tipo di passatempi. Ma ora c'era una ragione precisa a tenerlo lì.

Le prime prove del gioco non avevano nulla di particolarmente originale. Bisognava indovinare il titolo di un film sulla base di vaghi indizi, poi il titolo di una canzone dalle prime note, poi trovare parole che iniziassero con una certa lettera secondo certe regole, poi una serie di indovinelli e quiz. Bruno partecipò con impegno e concentrazione. Si accorse che stava cercando di far colpo sulla donna al suo fianco, pur rendendosi conto di quanto fosse infantile come atteggiamento. Ma lei gli sorrideva e si complimentava ogni volta che conquistava un punto per la propria squadra, e lui ci dava dentro con ancora maggior zelo.

La gara andò avanti in sostanziale parità, fin quando non si arrivò all'ultima prova. Ognuno dei due gruppi venne suddiviso in coppie, e ogni coppia doveva mimare l'oggetto che l'animatore diceva di volta in volta. La coppia che lo avesse fatto meglio avrebbe conquistato un punto per la propria squadra. Le sedie furono spostate per lasciare spazio di movimento a tutti.
Quasi tutte le coppie erano composte da moglie e marito. Bruno si ritrovò inevitabilmente a far coppia con la donna che sedeva al suo fianco.

"Ora dovete mimare... Valentino Rossi sulla sua moto!" annunciò l'animatore.

Quasi immediatamente ogni uomo si mise carponi a terra mentre la rispettiva compagna gli montava in groppa sulla schiena, cercando di assumere una posizione da pilota. Bruno e lei si guardarono intorno e fecero subito altrettanto. Si accorsero presto che per loro quel contatto era meno indifferente di quanto poteva esserlo per una coppia che viveva e dormiva insieme da anni, come accadeva per gli altri partecipanti al gioco. Lei si accucciò su di lui, come fa un motociclista sulla moto per minimizzare la resistenza dell'aria, e così facevano le altre. Ma Bruno era tremendamente consapevole del contatto del suo ventre e del suo seno sulla propria schiena.

Più o meno tutte le coppie erano messe nella stessa posizione, serviva un qualcosa per differenziarsi. Bruno ebbe un'idea. Cominciò a ragliare come un asino "Ih-oh! Ih-oh!" L'animatore, sempre prontissimo a cogliere qualsiasi spunto goliardico per suscitare l'ilarità dei presenti, lo riprese subito. "Ma cosa combini?! Tu dovresti essere la moto! Questo è il raglio di un somaro!"

"No!" replicò Bruno. "Questo è il rombo della Ducati in MotoGP quest'anno! Visti i risultati..."

Ci fu una risata generale. "Hai ragione!" convenne l'animatore. "Questa coppia conquista il punto!" Annunciò. "Un punto per i gabbiani! Un applauso!" I compagni di squadra lo applaudirono con divertito entusiasmo. Lei lo baciò sulla guancia "Sei stato grande!"

"Ora dovete mimare... un koala... che sta arrampicato su un albero!"

"Vienimi in braccio, presto!" disse Bruno alla donna, mentre con la coda dell'occhio si accorgeva che le altre coppie avevano avuto la stessa idea.

"Ma... sono un po' pesante..."

"Non ti preoccupare..."

La donna gli si avvinghiò addosso, tenendogli le braccia intorno al collo. Indossava un vestitino estivo sopra il ginocchio e le gambe che gli stava stringendo intorno alla vita erano nude. Lui la teneva per la schiena con le braccia. Si guardarono negli occhi. Si stavano abbracciando stretti, e piaceva a entrambi.

"Signori miei, non va bene così" li apostrofò l'animatore. "Dove avete mai visto un albero che sostiene il Koala con i rami?"

Aveva ragione. "Stringimi di più" le disse Bruno, e lei senza farsi pregare si avvinghiò più tenacemente. Bruno protese le braccia in fuori, cercando di imitare dei rami, sostenendo la sua partner con la forza delle sole gambe e della schiena.

"Sei sicuro di farcela?" le disse lei preoccupata... "Peso un po' troppo..."

"Perché dici che pesi troppo? Per me sei perfetta..."

Gli sorrise con dolcezza. "Grazie. Ma altri al tuo posto non ce la farebbero. Sei un uomo forte. Sento benissimo quanto sei sodo e muscoloso..."

Il punto andò ad una coppia dell'altra squadra. Ma Bruno sentì lo stesso il piacere di chi ha segnato punti importanti a proprio favore.

Il gioco proseguì e i due ebbero altre occasioni di toccarsi, di stringersi, di abbracciarsi, in modi che sarebbero stati perfettamente innocenti per una coppia qualsiasi, ma erano invece eccitanti ed emozionanti per loro. Aspettavano con ansia il successivo oggetto da mimare, guardandosi quasi famelici in attesa di tornare a saltarsi addosso, a strofinarsi l'una contro l'altro in qualche posa assurda, con la scusa del gioco.

Presto, troppo presto, il gioco finì, lasciandoli vogliosi e insoddisfatti. Avrebbero voluto continuare a toccarsi, a stare a stretto contatto, ma non c'era più l'alibi del gioco, e c'era troppa gente intorno.

L'animatore aveva pilotato le cose per far finire le due squadre in perfetta parità e poter così urlare con entusiasmo al microfono che non aveva vinto nessuno, ma allo stesso tempo avevano vinto tutti, perché l'importante è stare insieme e divertirsi. Poi aveva fatto un gesto e il collega alla console dietro le quinte aveva immediatamente fatto partire un pezzo ritmato in stile brasiliano. Come al solito la serata si sarebbe conclusa con musica e balli di gruppo fino alla mezzanotte e i presenti stavano già formando l'immancabile "trenino".

Bruno guardò l'ora. C'era tutto il tempo. Non stette lì troppo a pensarci e si rivolse alla donna parlandole in un orecchio. Abbastanza forte da sovrastare la musica, ma non tanto da poter essere ascoltato da altre persone.

"Vado all'uliveto dietro al campo da tennis. Farò il giro largo, passando dalla parte del bar. Ti aspetto lì. Non venire subito. Resta qui a ballare per qualche minuto ancora, poi vieni via senza dare nell'occhio. Nessuno penserà a nulla di strano."

Si guardarono per un attimo. Lei sembrava spaventata, imbarazzata, infastidita. Bruno non le lasciò il tempo di replicare. Girò le spalle e si diresse verso il bar, senza voltarsi. Si mosse con indifferenza, ma il cuore gli batteva a mille. Si rendeva conto di aver usato un tono troppo duro e sbrigativo nel fare l'invito. Ma era troppo teso ed emozionato mentre parlava per curare certi dettagli.

L'espressione di lei gli si era impressa nella occhi come una fotografia e gli tornava in mente mentre percorreva i vialetti bui che portavano al campo da tennis secondo un percorso tortuoso. Non sembrava proprio aver gradito la proposta. Bruno aveva pensato di evitare la strada più breve per dare l'impressione di essere diretto verso gli appartamenti e minimizzare il rischio di essere notato. Ma in quel momento gli sembrò una precauzione del tutto inutile.

Il campo da tennis (utilizzabile con pochi aggiustamenti anche per il calcetto, la pallavolo, il basket, e così via) era un grosso blocco di cemento alla periferia del villaggio, rialzato di circa mezzo metro rispetto al terreno circostante. Potenti faretti alogeni ne rischiaravano a giorno la superficie di color verde elettrico, anche se il campo era deserto. Per contrasto tutta la zona dalla parte opposta, oltre la rete che cingeva l'area, appariva avvolta dalla più fitta oscurità. Lì c'era un bell'uliveto con gli alberi disposti secondo un reticolo regolare ed era di proprietà dello stesso gestore del villaggio, quindi non era separato da recinti o altre barriere.

Appena arrivato alla sua meta, Bruno si accese una sigaretta. Più ci pensava più trovava improbabile che la donna potesse accettare il suo invito sfacciato, e ogni secondo che passava sembrava confermare il suo pessimismo. E' vero, lui stesso aveva suggerito alla donna di aspettare qualche minuto prima di raggiungerlo: non era certo il caso di allontanarsi insieme e andarsi ad infrattare mano nella mano sotto gli occhi di tutti. Ma questa osservazione non lo rendeva più fiducioso. Quanto a lungo avrebbe dovuto aspettarla, nel caso non si fosse presentata? Non poteva mica passare la notte lì. Guardò ancora le lancette fosforescenti del proprio orologio, ma erano passati solo pochi secondi dall'ultima volta che l'aveva fatto. Sbuffò con impazienza.

Tutto intorno era immobile. Le cicale ripetevano all'infinito quell'unica nota intermittente e gracchiante. Bruno pensava all'imbarazzo che avrebbe provato nei giorni successivi nell'incontrare quella donna. Si chiese se non sarebbe stato il caso di trovare il modo di scusarsi, parlandole un attimo in privato. O se non era meglio far finta di niente e lasciar cader tutto nell'oblio. In fondo la vacanza era agli sgoccioli. Era già il mercoledì sera della seconda settimana, c'erano solo due giorni ancora, poi il sabato mattina avrebbe caricato i bagagli e se ne sarebbe ripartito verso casa, con tutta la famiglia al seguito. E di mare se ne sarebbe riparlato tra un anno.

I suoi pensieri furono interrotti da un fruscio. Passi. Passi leggeri. Intravide nell'ombra una sagoma in avvicinamento. Pensò ad una scusa da raccontare a un eventuale vigilante.

Invece era lei. Non riusciva a crederci.

"Ciao..." gli disse lei piano, con un filo di imbarazzo, appena gli fu vicino.

Bruno non nascose la propria sorpesa. "Io... non credevo... davvero, non mi aspettavo che saresti venuta..."

Per qualche ragione questa reazione piacque alla donna. Gli sorrise. "Devo dirti la verità. Non lo credevo nemmeno io... ma poi... " si strinse con grazia nelle spalle, "Beh, eccomi qui! E ora che sono qui? Cosa succede?"

La luna nel cielo fece balenare un riflesso malizioso, vagamente provocatorio, negli occhi di lei, ad accompagnare le sue ultime parole. Ma il suo sorriso era dolce.

"Sei bellissima..." sussurrò Bruno, incantato.

Le labbra si avvicinarono e scoccò un primo bacio. Poi i due si strinsero e si baciarono con maggiore passione. Nell'abbraccio sentirono rinnovarsi la scintilla che era scattata nei loro corpi durante il gioco, qualche minuto prima.

"Baci molto bene..." le disse Bruno, "per essere la signora Labbra Sigillate".

Era il nomignolo che le aveva dato l'animatore durante la serata, dopo che lei aveva fatto scena muta a un paio di indovinelli, e più in generale per il suo approccio un po' timido e schivo ai vari giochi.

Ne risero per un attimo insieme. Poi lei, guardandolo negli occhi, gli sussurrò: "Labbra Sigillate, eh? Ora ti faccio vedere io!" Lo baciò ancora, con trasporto. Ma Bruno capì subito che non era in questo che consisteva la dolce minaccia contenuta nelle sue parole.

Si accorse infatti che le mani di lei stavano armeggiando con i bottoni e la zip dei calzoni. L'indumento scivolò presto a terra e l'uomo rimase in mutande, quasi congelato dall'improvvisa presa d'iniziativa della donna, e con lo stato di eccitazione ben percepibile sotto il tessuto. Le stesse mani afferrarono l'orlo degli slip, e il pene di Bruno fu libero. Lei si staccò e gli scoccò un ultima fugace occhiata, prima di inginocchiarsi.

Lo trovò già in piena erezione. Bruno era eccitato dalla situazione e ancora di più dall'imprevista intraprendenza della sua partner. I primi contatti con la lingua di lei, morbida e guizzante, lo resero ancora più fremente, e quando finalmente lei lo prese in bocca era davvero al massimo dello splendore, come Bruno ricordava raramente di essere stato in passato. Il turgore amplificava ogni minima sensazione, intensificando il piacere. Ma anche la donna sembrava gradire il contatto orale con quella carne tesa e dura. Sospiri affannati e rumorosi accompagnavano lo scivolare morbido delle labbra (tutt'altro che sigillate) su e giù lungo l'asta e la contemporanea danza frenetica della lingua sul glande.

Prima che la passione e l'abilità della donna lo potessero portare prematuramente all'orgasmo, l'uomo la prese dolcemente con le mani sotto le ascelle, invitandola ad alzarsi. Lei abbandonò malvolentieri la preda della sua bocca, accontentandosi di continuare a stringerla nella mano.

Tornarono a stare in piedi, l'una di fronte all'altro. Bruno volle guardarla ancora negli occhi. Le gote, malgrado l'abbronzatura, erano leggermente arrossite, forse per l'eccitazione, forse per l'imbarazzo per la propria disinvolta audacia. Non sembrava proprio il tipo abituato a inginocchiarsi di propria iniziativa davanti a un uomo. Ma i suoi begli occhi scuri lo guardavano decisi, seri, quasi con aria di sfida.

Bruno la baciò, e trovò piacevole ritrovare il sapore sapido del proprio pene nella sua bocca.
Poi i due si sdraiarono a terra. C'era uno strato di erba selvatica sul terreno, morbido il giusto. Non troppo secco, né troppo umido.

Bruno fece scorrere le sue mani lungo le cosce di lei e la liberò delle mutandine. Poi tornò a insinuarsi sotto il vestito. Indugiò con le dita tra i riccioli del pube, morbidi, piacevoli da toccare. Lei sospirava forte, e continuava a stringere il pene duro nella mano.

L'uomo affondò la carezza strappandole un gridolino. L'eccitazione di lei era evidente al tatto. Tutta la zona intima e le zone circostanti erano madide dei suoi succhi intimi. Intrufolò un dito tra le grandi labbra e lo sentì subito scivolare dentro, come una lama nel burro. No, davvero non si poteva parlare di "labbra sigillate".

Si avvicinò con la testa.

"No!" disse la donna. "Non così... ti prego... ti voglio dentro... Subito.."

Ma Bruno preferì disobbedirle, almeno per qualche momento. Non poteva rinunciare a sentire l'effetto sulla sua lingua di quei lembi di pelle morbida e profumata. Non poteva rinunciare ad assaggiare il suo sapore. La reazione della donna alle sue carezze orali testimoniava piacere intenso, ma anche una venatura di timido imbarazzo che un po' la irrigidiva. Bruno capì che non era abituata a quel tipo di effusioni. La circostanza, per qualche ragione, lo eccitò ulteriormente. Ma provò anche un certo rimpianto. Avrebbe voluto avere qualche ora a disposizione, e magari un bel letto matrimoniale, per far godere quella donna in ogni modo. Invece avevano poco tempo.

Si posizionò sopra di lei e appoggiò dolcemente la punta del pene sull'imboccatura della vagina. Era molto bagnata, ma ancora piuttosto chiusa.

"Fa piano..." sussurrò lei... "Sei... grosso..."

Bruno sorrise dentro di sé per l'apprezzamento. Applicò una pressione leggera, quasi timida, ma continua e incessante, e il pene cominciò lentissimamente, millimetro dopo millimetro, a farsi strada dentro di lei, ad aprirla. Non è un approccio che si può usare sempre. A volte, senza lo stimolo di una frizione decisa, l'erezione può perdere consistenza. Ma in quel momento Bruno si sentiva eccitato e duro come non mai, e poté deliziarsi della sensazione sublime dell'ingresso graduale. Era bellissimo sentirsi avvolgere sempre di più da quella carne umida, morbida, tenacemente stretta intorno a lui, che cedeva e si schiudeva a poco a poco.

La sensazione doveva essere ancora più intensa per lei, che sembrava impazzire a sentirsi penetrare nell'intimità in modo così dolce, lento, ma anche fermo e inesorabile. Istintivamente cominciò a ruoteare il bacino, per quel poco che le era possibile in quella posizione, con il peso dell'uomo addosso. Un po' per facilitare la penetrazione, un po' per godersi meglio ogni millimetro, ogni momento.

Presto Bruno fu dentro di lei fino alla radice. Lei era ancora strettissima intorno alla sua virilità. Anche il solo pulsare delle vene lungo l'asta era sufficiente a regalare ad entrambi scintille di intenso piacere.

"Ti sento benissimo... Dappertutto... Sei fantastico..." sussurrò lei, tra un sospiro e l'altro.

Bruno cominciò a spingere. Prima delicatissimamente, poi man mano in modo più intenso.

"Sei tu fantastica..." le sussurrò. "Sei tutta da amare... da far godere... sei una donna che trasmette sensualità..."

"Che dici?... Io non sono... Io non avevo mai... E' la prima volta che..."

La zittì con un bacio sulle labbra.

"Ssss.... Non dirmi niente... Non ho bisogno di saperlo... Pensa solo a godere..."

Quasi lo avesse preso in parola, la donna cominciò a sospirare più forte. Era già vicina all'orgasmo. Bruno intensificò i colpi, e contemporaneamente prese a leccarle e mordicchiarle il collo, il mento, il lobo dell'orecchio. L'orgasmo della donna fu lungo e intenso, anche se cercò di reprimersi per non fare troppo rumore. Lui contribuì a farlo durare, con piccoli ulteriori colpi al momento giusto, che avevano l'effetto del ritorno di fiamma.

Quando tornò in sé lui era ancora dentro di lei, durissimo, in attesa.

"Voglio... voglio farti godere nella mia bocca..." gli disse.

"Sì. Ma non subito" rispose lui, dolce ma fermo. "Ho ancora voglia di prenderti così."

"Ma... è pericoloso... Io... Sono in giorni... pericolosi..."

Bruno sorrise. L'aveva capito.

"Mi avrai nella bocca, quando sarà il momento. Ma non è ancora il momento. Fidati di me."

Mentre parlava l'uomo aveva ripreso a far vibrare delicatamente il bacino. Quanto basta per tornare a darle piacere e a sciogliere la sua voglia di opporsi.

"Va bene... Scopami... Scopami ancora... Scopami quanto vuoi... Ma sta' attento, ti prego..."

 

* * * * *

Bruno si accese un'altra sigaretta e osservò di nuovo la sagoma aggraziata di lei che si allontanava nel buio. Avevano entrambi ritenuto prudente che lei tornasse da sola a partecipare agli ultimi balli della serata, per poi andarsene a casa insieme a tutti gli altri, alla fine dell'intrattenimento. Sarebbe stata esattamente lì dove doveva essere e nessuno avrebbe ricordato il suo essersi assentata per qualche decina di minuti. Soprattutto, nessuno avrebbe collegato l'assenza di lei a quella di lui.

Era dispiaciuto a entrambi che non ci fosse il tempo per restare un po' insieme, per godere della reciproca compagnia dopo essersi dati piacere in modo così intenso.

"Qual è il problema?" le aveva detto Bruno, tra il serio e il faceto. "Ci vediamo di nuovo domani sera, qui, alla stessa ora!"

Lei aveva sorriso, senza rispondere. E Bruno stesso, mentre parlava, sapeva benissimo come sarebbero invece andate inevitabilmente le cose nei due giorni successivi. Entrambi legati e marcati stretti dalle rispettive famiglie, sarebbero tornati a fingere di ignorarsi, ancora più di prima. Sarebbero tornati ad accontentarsi di sguardi e sorrisi rubati, ancora più rari. Nemmeno un'occasione per parlare un attimo da soli. Per scambiarsi un numero di cellulare, un indirizzo email, una remota speranza di rivedersi.

E poi fare i bagagli, ripartire. Tornare alla vita di tutti i giorni e perdersi per sempre.

Non saprò mai nemmeno come si chiama esattamente, si disse Bruno. Rosina, Rosetta, Rosella, Rosaria...

Da lontano arrivava la musica. Bruno pensò a lei che in quel momento ballava allegra e sorridente, in mezzo alla gente del villaggio, come se niente fosse. Chissà se mi sta pensando, si chiese.

Il DJ stava suonando pezzi degli anni '70 e '80, tra il prevedibile entusiasmo dei presenti che, per l'età media, li identificavano come la colonna sonora dei loro anni giovanili. Tutti i classici della disco music, ma anche qualche successo ballabile della musica italiana dell'epoca.

Prima o poi succede a tutti. Ascolti un pezzo milioni di volte, fino a saperlo a memoria, fino a non poterne più, fino a considerarlo trito, scontato, banale, insignificante. Poi lo ascolti ancora una volta, e all'improvviso scopri che parla di te.

Prima o poi succede a tutti, almeno una volta nella vita.

In quel momento successe a Bruno.

"...io non cerco di cambiarti
so che non potrò fermarti
tu per la tua strada vai
addio ragazza ciao,
io non ti scorderò
dovunque tu sarai,
dovunque io sarò
"

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