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La Prova d'Ammissione

 
Quando i suoi occhi si posarono su quel grosso cazzo duro, comparso all'improvviso nella parte sinistra del suo campo visivo, Maura sobbalzò. Per un attimo ebbe l'impulso di urlare, spaventata. Represse l'urlo, ma era comunque lì lì per alzarsi e scappare via, quando nella sua mente scattarono alcuni collegamenti.

Le tornarono in mente le parole di Rossana durante il viaggio in macchina verso il ristorante. "Al momento giusto capirai, e te la caverai alla grande, vedrai!" l'aveva rassicurata, in risposta ai suoi tentativi di saperne di più su questa misteriosa prova d'ammissione.

Ripensò alla fugace e furtiva occhiata d'intesa che si erano scambiate le amiche a tavola pochi minuti prima, durante la cena, quando aveva espresso il bisogno di andare alla toilette. Ripensò alla sollecitudine con cui Rossana si era offerta di accompagnarla. Ripensò anche a come la stessa Rossana l'avesse con dolcezza, ma anche con una certa decisione, sospinta proprio verso il terzo dei tre WC disponibili per le signore. Proprio l'ultimo in fondo. Proprio quello confinante con chissà quale piccolo magazzino, o sgabuzzino, o sottoscala, attraverso una sottile parete di cartongesso. Proprio quello con un foro rotondo in quella parete, del diametro di una palla da tennis, a un metro scarso di distanza dal pavimento.

"Io resto qui fuori di guardia," le aveva detto Rossana. "Tu fai tutto quello che devi fare." Parole che ora assumevano un significato diverso. Molto diverso.

"Dunque di questo si tratta..." si disse Maura.

Tornò a guardare l'intruso. Ora era più incuriosita che ansiosa, ma comunque un po' in agitazione per quella presenza. Un gran bel cazzo, tra l'altro, si trovò a riconoscere. La situazione era talmente grottesca che allo spavento iniziale era subentrata una sorta di assurda ilarità. Quel cazzo che veniva fuori dal muro, come una specie di grossolano attaccapanni, aveva qualcosa di innegabilmente buffo. Maura sorrise. Probabilmente in un altro momento avrebbe trovato lo scherzo davvero di pessimo gusto, ma il vino bevuto quella sera a cena, ben più di quanto fosse nelle sue abitudini, la rendeva allegra e spensierata, incline anche a commettere qualche pazzia. Inoltre tutti i discorsi fatti a tavola, tutte le confidenze piccanti che si erano scambiate tra amiche, l'avevano messa in uno stato d'animo tutto particolare.

Allungò esitante una mano verso quell'ospite inatteso e ne sfiorò appena la pelle con la punta delle dita. Le sembrò che reagisse positivamente al contatto. Rinfrancata, continuò a far scorrere delicatamente i polpastrelli su e giù lungo l'asta. Il pene si fece più gonfio e duro, puntando orgogliosamente verso l'alto. Davvero un gran bel cazzo, pensò di nuovo, ancora più convinta.

* * * * *

Tutto era cominciato poche settimane prima, quando aveva confidato a Rossana, l'amica del cuore, che da qualche mese aveva una liaison extraconiugale. Confidenza incoraggiata dal sospetto, rivelatosi poi azzeccato, che la stessa Rossana fosse in una condizione analoga, e da molto più tempo. Così era nata una complicità man mano sempre più stretta tra lei e l'amica, che non risparmiava il raccontarsi reciprocamente anche i dettagli intimi delle loro avventure. Finché un giorno Rossana le disse "Devi assolutamente entrare nel nostro Gruppo!" spiegando che lei, insieme a una mezza dozzina di altre signore, faceva parte di una specie di circolo di amiche che si incontravano periodicamente a cena e si scambiavano confidenze, supporto, consigli, sulle rispettive situazioni adultere. Inoltre, insieme al patto di assoluta segretezza, c'era l'impegno di aiutarsi l'un l'altra per fornire coperture e alibi per le scappatelle di ognuna di loro, quando ce ne fosse stato il bisogno.

Così quella sera Maura era andata alla cena, aveva conosciuto queste simpatiche signore, tutte donne piacenti, appena sotto o appena sopra la soglia degli "anta", e aveva ascoltato le loro storie.

Luana, che era un po' l'animatrice del gruppo, aveva da qualche anno una relazione col proprietario della palestra che frequentava. Un fustone muscoloso e ben dotato, sebbene non più nel fiore degli anni. Da tempo ormai parecchi dei suoi "allenamenti", tre volte la settimana, si svolgevano in un ripostiglio nascosto, in mezzo ad attrezzi, tappetini e panche in disuso, tra le braccia possenti del tizio. E, a quanto pare, la sua forma fisica non ne risentiva affatto in negativo, tutt'altro, mentre l'effetto sull'umore era addirittura eccezionale. Confessò anche di aver recentemente messo l'occhio su qualche altro frequentatore della palestra, e di aver avuto segnali di ritorno incoraggianti. Avrebbe informato le amiche sugli sviluppi.

Gemma, la più appariscente (un uomo avrebbe detto "la più figa"), era nel ramo vendite di un'azienda di materiali per l'edilizia, e spiegò con malizia quali fossero le sue tecniche per "fidelizzare" i clienti più remunerativi. "Ma poi vado davvero a letto solo con quelli che mi piacciono, e non sono più di tre o quattro" precisò. "Gli altri... beh, basta fargliela sospirare senza mollargliela mai, ma lasciando un sottile filo di speranza... che poi è il metodo che funziona meglio..."

Ursula aveva una relazione mistress/slave con uno studente universitario, sedici anni più giovane di lei. All'inizio erano una semplice coppia di amanti ("vanilla", spiegò, pronunciando la parola con una vaga punta di disprezzo), poi nel tempo avevano scoperto il piacere dei rispettivi ruoli, esplorando sempre più in profondità le possibilità di quel tipo di giochi. Successivamente avevano preso contatto con altre persone dai gusti affini, coinvolgendole nei loro incontri, ottenendo combinazioni molto intriganti e allargando così il giro delle conoscenze. Al punto che ora poteva vantare una pattuglia di una mezza dozzina di schiavetti con cui si divertiva, uno alla volta o più di loro insieme, fermo restando che il suo prediletto restava lo studentello con cui tutto era iniziato.

Ivana invece aveva gusti del tutto opposti, e gli occhi le brillavano quando raccontava i dettagli degli incontri col proprio "maestro" (come lo chiamava). Effettivamente sembrava che il tizio ci sapesse fare davvero. Ivana sosteneva che la propria devozione assoluta era in qualche modo ricambiata da lui e che ciò che li univa era qualcosa di più forte dell'amore. A differenza dell'amica precedente, né lei né il suo tizio sentivano la minima esigenza di coinvolgere altre persone nei loro incontri. Purtroppo però, per varie ragioni pratiche, non era loro possibile vedersi con adeguata frequenza, e Ivana non nascose di guardarsi un po' intorno per cercare un altro master all'altezza, tanto per ingannare il tempo tra una volta e l'altra.

Ursula e Ivana scambiarono qualche battuta polemica, tra il serio e il faceto, per stabilire quale delle due si divertisse di più, nei due ruoli antitetici. Allora intervenne Livia sostenendo che, per diretta esperienza, sono entrambe situazioni piacevoli, anche se diverse, e che una donna, potendo, non dovrebbe privarsi di nessuna delle due. "Mio marito adora che io sia dominante con lui, e non mi dispiace affatto accontentarlo, ma quando qualcuno dei miei amanti è brutale e dispotico con me mi fa letteralmente impazzire..." Livia era considerata una privilegiata, avendo un marito con gusti cuckold ("cornuto compiacente", tradusse al volo Rossana per Maura), cosa che le consentiva di muoversi con maggior libertà rispetto a tutte le altre amiche.
"Ma ogni privilegio ha un prezzo, non credete. Spesso vorrei non averlo tra le palle, o non dovergli raccontare sempre tutto quando torno a casa..."

Maura aveva poi ascoltato abbastanza distrattamente gli ultimi sviluppi delle avventure di Rossana con un dirigente dell'azienda in cui lavorava, visto che era già informata di tutto. Si era sentita un po' intimidita quando era toccato a lei. La sua storia sembrava piuttosto innocente e banale, rispetto alle altre. Era stata contattata un paio di mesi prima da una sua vecchia fiamma che l'aveva rintracciata su Facebook. Un amore di gioventù durato all'epoca poche settimane, di cui si ricordava appena. Si erano incontrati un paio di volte, avevano scoperto di piacersi ancora, ed avevano preso ad andare a letto insieme. Tutto qui. Però le altre sembravano aver ascoltato compiaciute la sua storia, soprattutto quando Maura si era soffermata sulle caratteristiche del suo amante, estroso e infaticabile, gran porco, capace di ridestare nel suo intimo corde che lei pensava non avrebbero vibrato più.

* * * * *

Maura lo afferrò. Era piacevole sentirlo così caldo e duro nel palmo della mano. "E cosa dovrei farci adesso, secondo loro? Forse prenderlo in bocca..." si disse. Probabilmente in questo consisteva la prova. Un pompino. Non era una sfida che potesse spaventarla. Da ragazza aveva fatto parecchia esperienza, dimostrando una certa predisposizione innata, apprezzatissima dai suoi partner dell'epoca. Sapeva bene come far impazzire un uomo in quel modo. E recentemente con Lucio, il suo amante, aveva ripreso molta confidenza con quell'atto, scoprendo di non aver perso nulla della sua abilità.

Stavolta però si trattava di farlo con un perfetto estraneo. Un uomo che con ogni probabilità non avrebbe mai nemmeno visto in faccia. Eppure questa circostanza, invece di scoraggiarla, le dava uno strano brivido trasgressivo. Non poteva avere la minima idea di chi fosse e come fosse l'uomo di cui stava tenendo il cazzo nella mano. Avrebbe potuto essere chiunque. Le amiche però, ne era sicura, non le avrebbero mai mandato un uomo orrendo per la prova d'ammissione. Doveva essere perlomeno un uomo piacente. Magari anche un bel figo, pensò, ingolosita dalla possibilità. E comunque, si disse tagliando corto, non posso tirarmi indietro.

Accumulò un po' di saliva tra le fauci, al fine di attutire l'impatto con un eventuale sapore sgradito e, facendosi coraggio, abbassò la testa e imboccò la cappella. Non ce ne sarebbe stato bisogno. Era un cazzo pulito, ben lavato. Pronto all'uso. Sapeva e odorava semplicemente di cazzo, come era giusto che fosse. Un buon sapore di cazzo, ammise Maura tra sé, mentre dava le prime succhiate, cominciando a nutrire il sospetto che questa prova d'ammissione le sarebbe risultata tutt'altro che spiacevole.

Il cazzo riconobbe il contatto umido e si irrigidì ulteriormente. Maura si staccò e sorrise. "Ti piace, eh?" sussurrò pianissimo. Probabilmente continuando in quel modo avrebbe espletato la pratica in modo molto rapido. Decise invece di fare le cose con maggior cura e senza fretta. Ci teneva a dimostrare la propria bravura. "Lascia fare a me" sussurrò ancora, "non avrai di che lamentarti", e cominciò a lavorare sapientemente di lingua sulla punta. "Sono pazza... Ma con chi sto parlando?... Con un cazzo?" si chiedeva. L'uomo non sarebbe mai riuscito ad ascoltare i suoi flebili sussurri, né lei voleva che lui li ascoltasse. Quel muro stabiliva una sorta di tacita convenzione: quella di evitare qualsiasi interazione personale, fatto salvo lo stretto indispensabile. Maura non intendeva violarla. Non voleva aver nulla a che fare con l'uomo al di là del muro. Preferiva far finta che non esistesse. Per lei, a tutti gli effetti, non esisteva. Esisteva solo quel cazzo che lei stava ora omaggiando con la lingua e le labbra. Un cazzo senza padrone. Il Cazzo allo stato puro. Il Fallo.

Già. Cos'altro poteva esserci di più adeguato come rito di iniziazione per far parte di un circolo... di seguaci di Dioniso... di Baccanti... come altro definire quel gruppo di allegre signore? Non erano forse proprio come le antiche Baccanti, indipendenti e ribelli nei confronti degli uomini, eppure devote al Fallo, simbolo primo del dio, che portavano in processione nei villaggi? Dal background di studi classici della sua gioventù le tornarono alla mente alcuni versi semidimenticati.

E, in pugno stretto
alcuna il tirso, percotea la rupe,
e polle di fredda acqua ne sgorgavano:
con la ferula un'altra il suol batteva,
e spicciar vino ne faceva il Dio;
e quante brama avean di puro latte,
graffiando il suolo con le somme dita,
ne attingevano; e giú dai tirsi d'ellera
stillavano di miel rivoli dolci.

In grado di far venir fuori l'acqua dalle rocce, il latte e il vino dal terreno, il miele dai rampicanti... e magari anche un cazzo dal muro di un cesso, perché no?

"Sto delirando" si disse. "Sto sbocchinando uno sconosciuto nel bagno di un ristorante come l'ultima delle puttane, e mi riempio la testa di mitologia greca..."
Fatto sta che la situazione, sia che la interpretasse come sacro rito di iniziazione, sia che la vedesse come atto degradante e squallido, la stava eccitando. La vaga sensazione di pulsazione che aveva cominciato a sentire dalle parti del basso ventre era un sintomo molto significativo.

Era ancora seduta sul water, con le mutandine abbassate fino alle ginocchia. Si portò una mano tra le cosce, continuando a succhiare il cazzo. Non si era ancora asciugata dalle tracce della pipì appena fatta, ma non fu solo per quello che si scoprì alquanto bagnata. Il contatto con le proprie dita le diede una piacevole sensazione, e l'eccitazione si impennò ulteriormente. Decise di tenerle lì e di continuare a muoverle. "Tanto non mi vede nessuno..."

Ben presto però si accorse di quanto scomoda fosse la posizione. Cominciava a sentir tirare i muscoli del collo. Staccò un attimo la presa della bocca e si guardò frettolosamente intorno.

Il pavimento sembrava abbastanza pulito, ma era pur sempre il pavimento di un cesso di pubblico utilizzo. Prese allora il rotolo di carta igienica e formò una specie di improvvisato tappetino di carta a più strati, posto sulla verticale del buco nel muro. Quindi si inginocchiò ai piedi del Fallo. "Questa sì che è la posizione più consona per il rito sacro" si disse, con un filo d'ironia.

Il Fallo l'aveva aspettata impassibile, sempre teso e puntato obliquo verso il soffitto, scosso da piccole vibrazioni. "Eccomi di nuovo da te" gli sussurrò Maura con dolcezza, subito prima di tornare a imboccarlo avida, tenendolo con la mano sinistra. La destra invece era scesa ancora a massaggiare il bottoncino sensibile tra le cosce.

L'eccitazione tornò a crescere con prepotenza. Non solo per la sensazione di insolente invasione dell'intimità orale da parte di quel pezzo di carne maschile, duro e caldo, sconosciuto e misterioso. Non solo per effetto delle convulse carezze che si stava regalando da sola. Maura riusciva a raffigurarsi mentalmente la scena in cui era immersa, come se potesse vedersi dal di fuori, e l'effetto era sconvolgente. Una giovane signora, distinta, elegante, tacchi alti, vestito griffato, in ginocchio sul pavimento di un cesso, con le mutandine spiegazzate intorno alle caviglie, a sollazzare oralmente il cazzo duro di un estraneo che veniva fuori da un buco nel muro. Con tutto il corpo che si muoveva assecondando sinuosamente il movimento della testa. Riusciva a vedersi mentre si dava da fare frenetica di labbra e di lingua su quel grosso membro, senza riuscire a trattenere gemiti e mugolii, così presa dall'atto da non saper resistere alla tentazione di masturbarsi. Poggiata su un mucchio di carta igienica ruvida, a pochi centimetri dalla tazza da cui esalava l'odore della sua stessa urina. Era tutto così sporco, così assurdamente perverso, e proprio per questo tremendamente eccitante. Maura si accorse che tutta la parte interna delle cosce era ormai madida dei propri umori. "Che troia spudorata che sono..." prese a ripetersi, con morbosa insistenza. Le prime ondate dell'orgasmo incipiente cominciarono a salire dal basso ventre e Maura non fece niente per frenarle. Indice e medio della destra vibravano come impazziti sul clitoride, finché l'orgasmo esplose e lei lo accompagnò con rumorosi ansiti. Stavolta l'uomo probabilmente l'avrebbe sentita. "Non mi interessa... voglio che sappia che sto godendo... voglio che sappia che razza di troia che sono..." si disse, persa nei fumi del piacere, ricavandone un'ennesima scossa di eccitazione.

Qualche secondo dopo tornò in sé, col fiato grosso e la testa che girava. "Sono proprio pazza..." ripetè a se stessa per l'ennesima volta. Il cazzo era ancora lì, sempre teso e duro, in attesa, con l'aria imperturbabile. Maura sentì una nuova vampata di desiderio.

Le capitava spesso. Gli orgasmi procurati da stimolazione esterna la stordivano deliziosamente, ma poi le lasciavano un senso di inappagamento. Un senso di vuoto nel basso ventre. La voglia di qualcosa che la riempisse. "Non qualcosa..." precisò a se stessa. "Un cazzo, possibilmente..." E ora voleva sentire dentro di sé quel grosso cazzo che sporgeva dal muro. A tutti i costi.

Senza pensarci troppo si alzò in piedi, ripiegò in fretta la gonna intorno alla vita e si avvicinò frontalmente. Strofinò la cappella sul pube, sul clitoride, e poi lungo le labbra, trovando estremamente stuzzicante il contatto con quel cazzo duro. Ma ogni tentativo di farselo scivolare dentro si scontrava con l'ingombro della presenza di quel muro bianco, che la respingeva e le impediva di assumere qualsiasi posizione congeniale alla penetrazione.

Allora si girò su se stessa e si chinò in avanti, avvicinandosi di spalle. Così andava decisamente meglio. Ma non benissimo. Aiutandosi con una mano da sotto le gambe riusciva a infilarselo dentro, sì, ma scomodamente e solo per pochi centimetri. Un sollievo troppo piccolo alla sua voglia di sentirsi riempita. Peggio, uno stimolo da cui quella voglia veniva amplificata. L'istinto la spingeva a ondeggiare avanti e indietro contro il muro, ma alla minima oscillazione appena più accentuata il cazzo sgusciava fuori, costringendola a nuove contorsioni per tornare a infilarselo.

Di nuovo riuscì a guardarsi dall'esterno. A immaginarsi dal di fuori la scena di se stessa piegata in avanti, con la gonna ammucchiata sulla schiena a scoprire il culo, poggiata con una mano sull'orlo del water, a sudare e ansimare nei suoi sforzi goffi e maldestri per guadagnare mezzo centimetro di cazzo in più nella figa, schiacciandosi contro quel muro con ogni stilla di forza. E di nuovo quello spettacolo degradante la eccitò in modo furioso. Tornò a toccarsi davanti con le dita, cercando nel frattempo di strizzare i muscoli vaginali per sentire meglio possibile quel prezioso troncone di cazzo che riusciva a tener dentro. I tendini le facevano male per lo sforzo, ma questo dolore perversamente contribuiva a eccitarla. Poco dopo venne ancora: un orgasmo duro e faticoso, devastante.

"Sì, ora penso anche a te..." sussurrò dolcemente al cazzo appena ebbe ripreso fiato. Si chiese cosa avesse capito di tutte le sue assurde manovre l'uomo dall'altra parte del muro. Forse non molto, ma sicuramente si stava divertendo anche lui. Il cazzo era teso all'inverosimile, ancora più bello a vedersi con la punta lucida dei suoi succhi vaginali, probabilmente non lontano dall'esplodere a sua volta nell'orgasmo. Era giustissimo che ora fosse lui a godere. E piuttosto in fretta. Non poteva restare in quel cesso tutta la sera.

Tornò quindi a inginocchiarsi e a succhiarlo con passione e devozione, aiutandosi masturbandolo in contemporanea con la mano. Ogni tanto staccava la bocca per poter muovere più velocemente il braccio, limitandosi ad accompagnare qualche colpo di lingua sulla punta. Proprio in uno di questi momenti il cazzo esplose in una pioggia di schizzi di sperma. Maura si sentì imbrattata sul viso, sul collo, tra i capelli. Tornò a imboccare la punta per succhiare gli ultimi fiotti. Poi si dedicò a ripulirlo tutto con la lingua, incurante dello sperma che aveva addosso che stava colando dappertutto.

Finito il trattamento, il cazzo rientrò e scomparve silenziosamente nel buco nero. Una porta si aprì e si richiuse, e il locale dall'altra parte del muro tornò nell'oscurità. Maura restò qualche secondo in ginocchio, come inebetita. Man mano che tornava lucida le riusciva difficile accettare quello che era successo. Si sentiva piuttosto sconvolta. Cominciò a raccogliere la carta igienica da terra e a usarla per cercare di pulirsi. Con scarsi risultati. La carta ruvida e secca assorbiva poco e lasciava una fastidiosa sensazione di appiccicoso. A quanto pare il vestito si era miracolosamente salvato, ma aveva assolutamente bisogno di sciacquarsi per bene al lavandino che era appena fuori.

Si ricompose, per quanto poteva, e cercò di assumere un'espressione di indifferenza. Girò la chiave e uscì. Dall'altra parte c'era Rossana, che l'aspettava con un briciolo di preoccupazione nello sguardo.

"Tutto bene, Maura?"

"Direi di sì, tutto sommato..." rispose Maura fredda, ostentando tranquillità. "D'altra parte... immagino che anche tu avrai fatto la tua prova d'ammissione a suo tempo... quindi puoi farti un'idea..."

Rossana restò basita. "Prova d'ammissione? Ma di cosa stai parlando, Maura?"

Maura sentì un oceano di ghiaccio riversarlesi addosso.

Rossana continuò. "La prova d'ammissione ci sarà dopo cena... Dovrai leggere una specie di giuramento... è una cazzata tra di noi, per farci due risate... Cosa c'entra la prova d'ammissione con l'andare al cesso in un ristorante?"

Maura era confusa. "Io... Volevo dire... Niente... Lascia perdere... Scusami un attimo... Mi lavo le mani..." e si diresse barcollante verso il lavandino.

"Maura, sei sicura di sentirti bene? Ti vedo un po' strana... Sei rimasta quasi un quarto d'ora dentro quel cesso... Mi è perfino sembrato di sentire dei lamenti... Stavo per andare in cerca di aiuto..."

"No... no... sto bene... arrivo subito..."

Sbirciò nello specchio sopra il lavandino. Dall'altra parte del vetro una donna incredula e disperata ricambiò lo sguardo. Santo cielo, cosa ho combinato, urlava una voce dentro di lei. Ma ti rendi conto? Come ho potuto fare una cosa così schifosa? Ma cosa mi ha preso? E come se non bastasse c'era quel gusto dolciastro in bocca e la sensazione di sporco e appiccicaticcio addosso a ricordarle l'enormità di quello che era appena successo. Sentiva di puzzare di cazzo e di sperma come un avanzo di bordello, come faceva Rossana a non accorgersene? E non poteva nemmeno lavarsi il viso e il collo come avrebbe voluto, per non destare sospetti. Rossana continuava a guardarla perplessa a pochi passi da lei. La situazione giustificava solo la rapida sciacquata di mani che era di prassi.

La mente di Maura non trovava pace. Chi poteva essere stato? Qualcuno del ristorante, un cameriere, un cuoco, uno sguattero della cucina, qualcosa del genere... Un depravato esibizionista, senz'altro... E io invece di urlare, di scappare, di denunciarlo e mandarlo in galera, mi sono inginocchiata di corsa a spompinarlo, come se non chiedessi altro dalla vita... La vera depravata sono io... Ma cosa mi sta succedendo? Da quando ho cominciato a vedermi con Lucio non mi riconosco più... Non faccio che pensare al sesso... Ho la testa sempre piena di immagini, di pensieri... Sto diventando una zoccola senza freni... E si vede... Guarda stasera cosa è successo... Basta mettermi un cazzo duro sotto il naso e non capisco più nulla...

Durante il tragitto per tornare al tavolo, Maura squadrava con angoscia ogni uomo vedesse intorno chiedendosi "sarà lui?" Era terrorizzata dalla possibilità che da un momento all'altro qualcuno le indirizzasse un'occhiata d'intesa, un sorriso complice, una strizzata d'occhio, magari un commento ad alta voce. Sarebbe schiattata all'istante, ne era sicura, per la vergogna e per l'umiliazione.

Intanto le altre signore erano immerse in allegro vociante chiacchiericcio. Bottiglie di vino erano sparite, sostituite da altre. L'argomento di conversazione non era difficile da intuire. Maura sentiva di odiarle con tutto il cuore. Loro e il loro maledetto gruppo di sgualdrine ninfomani. Per colpa loro era successa quella cosa tremenda e orribile. Colpa loro? Colpa mia... Santo cielo, cosa ho combinato... Maledetta stupida troia che non sono altro...

Maura riprese il suo posto a tavola, ma appena si sedette la conversazione si troncò bruscamente e tutti gli sguardi si puntarono su di lei. Maura impallidì.

"Allora Maura? Tutto a posto? Eravamo preoccupate... Tutto questo tempo..." chiese Gemma.

"Sì, sì... tutto a posto... tutto a posto..." si affrettò a rispondere Maura.

"Tutto a posto, dici?" intervenne Luana, con uno sguardo ironico e malizioso. "Ma come sarebbe a dire? Fai un pompino a uno sconosciuto nel cesso del ristorante e non ci racconti niente? Non è mica questo lo spirito con cui si sta nel Gruppo, signora mia cara!"

Mentre tutte scoppiavano a ridere, Maura si girò inquisitoria e adirata verso Rossana che le fece un gesto di scusa. "Ora posso dirtelo: so bene come ti senti. Anche io ci sono passata, e anche a me poi hanno fatto credere che non ne sapevano niente!"

Maura si coprì il volto con le mani. Improvvisamente si sentì sciogliere, e cominciò a ridere anche lei. "Siete pazze, totalmente pazze..."

"Silenzio!" disse Luana dopo qualche secondo, elevando la voce sopra il coro di risate. Alzò con gesto solenne il suo cellulare, leggendo sul display un SMS appena arrivato. "Ricevo in questo momento una comunicazione importante. A quanto pare la nostra Maura se l'è cavata alla grande. Leggo apprezzamenti entusiastici. Bene! Maura, non ci sono dubbi, hai superato la prova d'ammissione a pieni voti, e con lode! Ora fai parte ufficialmente del nostro Gruppo!" E qui partì l'applauso di tutte, tra congratulazioni e gridolini di gioia.

Maura era commossa e confusa. Troppe emozioni contrastanti tutte insieme nella stessa serata. Qualcosa dentro di sé le suggeriva che avrebbe dovuto sentirsi furente. Ma proprio non ce la faceva. Le veniva più facile lasciarsi contagiare dall'entusiasmo e dalle risate delle altre. In fondo non era successo nulla di così terribile. Anzi, se proprio voleva essere sincera con se stessa, era stato tutto piuttosto emozionante e divertente.

Luana continuava a leggere dal display del cellulare. "Maura, qui qualcuno scrive che gli piacerebbe moltissimo fare un bis, prima o poi... Cosa gli rispondo?"

"Ma wow!" "Abbiamo fatto conquiste!" "Mica male la nostra Maura!" commentarono gaie le altre amiche.

Tutti gli sguardi tornarono a posarsi su di lei, in attesa della sua risposta. Maura esitò un attimo. Cosa si aspettavano da lei le altre? E lei stessa, cosa voleva veramente?

"Direi... direi che se ne può parlare" rispose timidamente. "Ma assolutamente non... nello stesso modo... se è chiaro cosa intendo dire..."

Le amiche approvarono all'unanimità. "Ottima risposta!" "Mi sembra giusto!" "Brava Maura!" "E già! Troppo comodo, signori uomini, starsene sempre nascosti dietro un muro!" commentò Gemma. "E' ora di abbattere tutti i muri tra le due metà del cielo!" proclamò Ursula. "E tutti i muri che talvolta gli uomini mettono tra sé e il proprio cazzo" aggiunse Ivana.

"Bene," disse Luana, pigiando con le dita sui tasti per comporre il messaggio. "Gli mando la tua risposta... e il tuo numero." E così fece, mentre il chiacchiericcio tornava a salire di tono.

Maura si chiese se non si fosse sbilanciata un po' troppo. Si chinò di lato verso Rossana.

"Ma chi è? Tu lo sai?" le chiese a bassa voce.

"Non ne ho la minima idea. Ognuna di noi ha avuto un... ehm... un volontario diverso, per la prova. Non ho mai saputo chi fosse il mio. Che io sappia è la prima volta che succede questa cosa del bis. In un certo senso è carino da parte sua. Voglio dire, piuttosto che farsi fare il servizietto e sparire nel nulla, no? Devi proprio aver fatto colpo..."

Maura non aveva considerato le cose da quel punto di vista, ma il ragionamento dell'amica era abbastanza gratificante per lei. Proprio in quel momento avvertì, quasi completamente coperto dal vociare intorno, un breve suono elettronico provenire dalla sua borsetta. Era arrivato un SMS. Il tizio non perdeva tempo. Maura sorrise dentro di sé. Lo avrebbe letto tra qualche minuto. Con tutta calma. Avrai pure il tuo bis prima o poi, mio caro, pensò, ma dovrai sudartelo un po' di più. Che diamine!

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