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Cairo

 
Questo racconto è stato scritto per la mia amica Alisha e a lei dedicato in occasione del suo sedicesimo compleanno.


Alisha sospirò. Il suo sguardo si perse nel vuoto mentre la mente cominciava a volare leggera tra i ricordi.

Ciò che le tornò in mente come prima cosa, non fu un'immagine o un suono, ma una sensazione. La sensazione di quelle quattro mani maschili che esploravano il suo corpo nudo. Il contatto del freddo tavolo di marmo sotto il suo ventre appena addolcito da quel telo umido steso sotto di lei. Il profumo di quell'unguento oleoso, dall'aroma di sandalo e di mille altre spezie esotiche, che permetteva a quelle mani di scivolare piacevolmente sulla sua pelle. Mani dal tocco leggero, eppure deciso. Discrete e rispettose, ma allo stesso tempo invadenti, curiose, che si prendevano sempre maggiori libertà e si avvicinavano progressivamente alle sue zone proibite. Alisha ricordava distintamente il brivido che le provocava lo strofinarsi di quelle quattro mani sulla sua schiena, sulle gambe, sulle cosce, e la sensazione ancora più eccitante di sentirsi offerta, indifesa, vulnerabile, passiva. Nelle mani, in tutti i sensi, di quei due uomini.

* * * * *

Al Cairo, ad aprile, l'aria era già molto calda. Alisha aveva indossato un vestito tipicamente estivo, bianco, sopra al ginocchio, forse troppo audace per un paese arabo se non si fosse trattato del moderno, civile Egitto. Era la prima volta, in quindici anni di vita, che visitava quel paese. Non ci sarebbe stato niente di strano se non fosse che, in parte, quello era anche il "suo" paese.

Era figlia di padre egiziano e di madre italiana, e sapeva benissimo che l'ascendenza paterna dava un tocco deliziosamente esotico al suo aspetto, alla sua carnagione, al taglio e al colore dei suoi occhi, attirando numerosi ammiratori. Ma forse molti di loro erano respinti dal suo carattere schivo, dai suoi modi riservati, dal suo fare "strano" e scostante.

Quella volta il padre aveva insistito e l'aveva portata con se in un viaggio di lavoro di tre giorni al Cairo. Cui si sarebbe aggiunto, come premio per lei, un week end sul meraviglioso mare di Sharm-el-sheik. Fu così che mentre il padre sbrigava i suoi affari lei si trovò da sola a passeggiare per la città, osservando curiosa come la cultura e la tradizione araba si manifestassero in una città non troppo diversa, per taluni aspetti, dalle metropoli occidentali.

Fu alla casbah che incontrò i due gemelli. Capì subito che si trattava dei figli di qualche nobile locale. I due giovani, appena sopra la ventina, erano seguiti da un servitore che raccoglieva in un grosso cesto tutto quello che i giovani acquistavano per capriccio. La deferenza con cui tutti li riverivano era addirittura grottesca.

Alisha stava sbirciando la chincaglieria esposta su una bancarella, quando uno dei due le si affiancò. Prese il paio di orecchini più belli e più costosi, che rappresentavano ognuno un'aquila disegnata come un geroglifico, scambiò qualche parola incomprensibile con il mercante, e glieli offrì, sussurrandole compito una frase.

Alisha fu colpita dalla dolcezza del suo sguardo. Non c'era arroganza in quel gesto, ma quasi una sottile implorazione. "Ti prego accetta", sembrava che dicesse. Alisha spiegò che non capiva l'arabo, che era italiana. Allora il giovane le si rivolse con un inglese zoppicante. "For you". Non ci fu verso di rifiutare quell'omaggio inaspettato, ma quando alla fine capitolò e accettò il dono, l'altro gemello riemerse dalla folla, dove nel frattempo si era eclissato, porgendole uno stupendo medaglione che aveva appena acquistato ad un'altra bancarella.

Fu l'inizio di una simpatica contesa fra i due. Accompagnarono Alisha nella sua passeggiata facendo a gara a regalarle ogni oggetto su cui la ragazza posava lo sguardo, e ad assumere nei suoi confronti atteggiamenti corteggiatori. Alisha scoprì che si chiamavano Khaled e Selim. Faceva fatica a distinguere l'uno dall'altro, tanto erano simili. I due le dissero che sembrava una ragazza egiziana. Lei spiegò che per metà effettivamente lo era. Conclusero che la trovavano bellissima, e continuarono a ripeterle quel complimento all'infinito.

Alla fine della mattinata Alisha si ritrovò con una quantità impressionante di piccoli doni. Approfittando di un commento di Alisha sul caldo, i due la invitarono per una nuotata nella loro piscina per quel pomeriggio, offrendosi di andarla a prendere con la loro jeep all'albergo. Alisha accettò.

Si aspettava una piscina all'aperto. Rimase sconcertata quando i due la introdussero in un enorme palazzo da Mille e Una Notte. Li seguì per l'inestricabile dedalo di corridoi, incontrando ad ogni angolo un impressionante numero di servi ed ancelle che si inchinavano rispettosi al loro passaggio. Finché non giunsero in un ampia sala, in cui i raggi del caldo sole egiziano erano addolciti da vetrate colorate e arabescate. Al centro, un'enorme piscina.

Alisha si libero' dei suoi indumenti, fino a restare con un succinto due pezzi. Capì che forse quel costume era troppo audace per gli usi del Cairo, quando i due gemelli la fissarono con imbarazzata ammirazione. Si sentì lusingata da quegli sguardi. Represse un sorriso di compiacimento, voltò le spalle ai due offrendo la vista sulla sua schiena perfetta e delle curve armoniose e seducenti dei suoi fianchi. Passeggiò, ancheggiando appena, sino al bordo della piscina e si tuffò. Presto i due la raggiunsero e subito prese il via la solita universale serie di giochi in piscina, fatta di capriole, spinte, tuffi, scherzi vari, uguali a tutte le latitudini.

Più volte, con la scusa del gioco, i due approfittavano per palparla. Ma lo facevano con circospezione, temendo una sua reazione. Osservandola spaventati dopo ogni timida avance. Alisha si stava eccitando da questa situazione. Le piaceva sentirsi desiderata in quel modo. Non si ribellò, anzi, cominciò a fare il possibile per offrire le parti più attraenti del suo giovane corpo alla portata del tocco dei due ragazzi.

Dopo il bagno, Khaled e Selim le mostrarono una sala attigua, al centro della quale era un tavolo di marmo, coperto da un telo bianco. "Massage" le spiegò uno dei due indicando il tavolo. "You want?" le chiese con un sorriso, come fosse una provocazione, uno scherzo. Ma Alisha, rispondendo al sorriso, annuì. Con gesti aggraziati si liberò del costume, esponendosi in tutta la sua bellezza, e si stese prona sul tavolo, con la testa poggiata sul dorso delle mani. I gemelli erano rimasti di sasso. Alisha, pur con gli occhi chiusi, percepiva la loro sorpresa e il loro imbarazzo. Li sentì armeggiare dentro un armadietto. Le sue nari furono colpite dall'intenso profumo dell'unguento con cui i due stavano cospargendosi le mani.

Poi sentì il contatto di quelle mani. La sua pelle fu scossa da un brivido. Il suo corpo vibrava al tocco, inizialmente timido e rispettoso, di quelle quattro mani su di lei. Si abbandonò al piacere, restando ad occhi chiusi, lasciando che la esplorassero liberamente.

I due egiziani la accarezzarono a lungo, sempre evitando di toccare il suo delizioso culetto, ma avvicinandosi sempre più. In Alisha l'eccitazione cresceva. Il suo respiro si stava facendo affannato, la lingua si agitava senza pace nella sua bocca, mentre istintivamente, si accorse, cercava di spingere il bacino in avanti, come per sfregarsi contro il duro tavolo di marmo. Alisha stessa, ora, bramava dai due carezze più audaci.

Fu Selim il primo ad osare. Prolungò la carezza che stava dedicando alla parte posteriore delle sue cosce, fino a raggiungere e a ricoprire i glutei di Alisha. La ragazza si lasciò sfuggire un sospiro che Selim interpretò correttamente come un segnale di approvazione ed un invito a proseguire. E proseguì, massaggiando le morbide carni di Alisha come un fornaio che impasta.

Khaled si avvicinò. Anche lui voleva palpare quel culetto meraviglioso. I due si disposero ai lati del tavolo e presero a viaggiare con le mani, ognuno dal suo versante, tra la parte superiore delle gambe e la bassa schiena. Le loro dita indugiavano all'interno delle cosce, sfiorando le tenere labbra della vulva. Alisha ansimava. Senza pensarci, allargò maggiormente le gambe. Desiderava esporsi di più ai loro sguardi e alle loro carezze.

D'un tratto li fermò. "Stop, please!" I due si immobilizzarono intimoriti. Alisha si girò sulla schiena mostrando il suo seno piccolo e sodo e dando ancor maggiore risalto al bocciolo tra le sue cosce, ora ancora più aperte. Sorrise provocante ai due e li incoraggiò a riprendere il massaggio. "Go on, now!" Poi richiuse gli occhi e si lasciò di nuovo andare.

Senza bisogno d'altro i due ripresero a carezzarla, dedicando molta attenzione alle sue tette, non ancora pienamente sviluppate, ma già voluttuosamente seducenti. Poi tornarono al suo fiorellino esposto, sfiorando e solleticando con estrema delicatezza tra i suoi petali. Alisha stava impazzendo di piacere. La sensazione di quelle quattro mani, venti dita, che giocavano lievi con la sua intimità era indescrivibile. Accolse l'orgasmo con un urlo liberatorio, mentre Khaled e Selim sorridevano compiaciuti.

Continuarono a carezzarla a lungo, ora con molta tenerezza, su tutto il corpo. Finché non fu per lei il momento di vestirsi e tornarsene via. 

* * * * *

Alisha si stese sul letto della sua stanza, con le mani dietro la nuca. Con i suoi ricordi del Cairo succedeva sempre cosi': entrava in quel vortice e non riusciva ad uscirne. Il respiro era affrettato. Il cuore batteva forte. Le palpebre le si richiusero sugli occhi neri e la mente tornò a volare tra i ricordi. 

* * * * *

Il giorno dopo Alisha tornò a nuotare con loro e di nuovo accettò l'offerta di un massaggio. Di nuovo si liberò disinvolta del costume e si offrì loro nuda, con le gambe aperte e la sua tenera femminilità in mostra. Li incoraggiò con un caldo sorriso e chiuse gli occhi abbandonandosi. Ma stavolta, invece delle mani, i due cominciarono ad omaggiarla con le bocche e le lingue.

Khaled si chinò di lato sul suo viso e prese a leccarle delicatamente le labbra. Selim, più sotto, dopo aver ricoperto di baci il ventre e le cosce, iniziò lo stesso lavoro sulle altre labbra, quelle più intime. Alisha si lasciò andare al piacere di quell'adorazione raggiungendo più volte l'orgasmo, mentre i due fratelli non sembravano mai paghi di accarezzarla con le loro lingue bagnate, dalla testa ai piedi, davanti e dietro, continuando a scambiarsi di posto.

Alisha era quasi stordita dal piacere quando i due la fecero alzare con gentilezza, le porsero una camicia da notte trasparente bianca, così corta da arrivare appena a coprirle il pube, e la accompagnarono di nuovo attraverso il labirinto di corridoi, in un'ampia stanza da letto. Fu eccitante per Alisha camminare per quelle sale così, praticamente nuda, con la scorta dei suoi due uomini a fianco a lei, offrendosi alla stupefatta ammirazione dei servitori quanto alla malcelata invidia delle ancelle.

Nella stanza da letto i due si spogliarono, mostrandole per la prima volta le loro superbe erezioni. Alisha accolse lo spettacolo un sospiro d'anticipazione. Poi si stesero ai suoi lati sul letto e ripresero a dedicarsi a lei.

Qui la memoria di Alisha si fa confusa. Non ricorda più la successione logica degli atti, ma solo dei flash di momenti e una continua sensazione di appagamento e di godimento. Ricorda che più volte, a turno, i due le furono sopra per possederla prima con dolcezza, poi con foga crescente. Ricorda che uno dei due la prese da dietro, di fianco, mentre lei baciava l'altro lingua in bocca, masturbandolo contemporaneamente con la mano. Ricorda di essersi ritrovata carponi, con la testa appoggiata al lenzuolo e le natiche esposte, mentre i due si alternavano con le loro verghe dure in brevi penetrazioni di pochi colpi possenti e veloci nella sua tana d'amore ormai aperta, accessibile, disponibile.

* * * * *

La mano di Alisha scivolò distrattamente verso il basso. In un attimo ebbe ragione del bottone e della zip dei pantaloni che indossava. Si avventurò lentamente oltre l'elastico delle mutandine, sfiorando i peli morbidi e arricciati. Prese contatto con le teneri carni della propria intimità. Verificò: era bagnata. Come sempre succedeva, d'altronde, quando ripensava al Cairo.

Ma, soddisfatta questa curiosità, la mano non si ritirò. Indugiò ancora, immobile, in quell'umido e caldo contatto. Poi, con estrema languida lentezza, cominciò impercettibilmente a vibrare e a roteare, mentre i polpastrelli delle dita cercavano abilmente i punti dove maggiore era il piacere.

Alisha respirava forte. La punta della sua lingua percorse dolcemente il circuito delle labbra. Gli occhi si persero ancora nel vuoto. La mente tornò a volare. I ricordi non erano finiti.

* * * * *

La luna piena illuminava il deserto disegnando un'atmosfera ultraterrena. Solo i fari della jeep, che avanzava ballonzolando sul suolo irregolare, strappavano, come spade, squarci di giallastra realtà da quel muto scenario da sogno.

Era l'ultima sera al Cairo, per Alisha. Quel pomeriggio era stata con il padre e non aveva potuto accettare il terzo invito in piscina. Ma i due avevano comunque insistito per averla fuori a cena.

A bordo della jeep i tre ridevano e scherzavano. Quel vino resinoso e dolciastro che avevano bevuto in quel ristorante tipico, favoriva il loro umore euforico. I due gemelli, sui sedili anteriori, continuavano a rivolgersi a lei con quel misto di arabo e inglese stentato, e ridevano ad ogni frase che dicevano. Alisha capiva appena un quinto delle loro battute, ma rideva di gusto ugualmente.

Con un'audacia figlia del suo stato di ebbrezza, Alisha fece scivolare le sue mani sotto il vestito corto e si liberò delle mutandine. Poi, come fosse uno scherzo, le porse ai suoi amici, allungando il braccio verso i sedili anteriori. I due tacquero all'improvviso e si guardarono tra di loro con gli occhi fuori dalle orbite. Alisha li osservava con un sorriso provocante. Poi i due scoppiarono a ridere. Selim s'impossessò di quel bianco indumento e se lo portò al naso, aspirando avidamente. Khaled, che guidava, cerco' di strappare quel trofeo al fratello. La jeep comincio' a sbandare vistosamente. Alisha si sentiva eccitata dalla sensazione di essere nuda sotto il vestito. Diverse volte approfittò maliziosamente degli scossoni del veicolo per far risalire l'orlo del vestito, allargare le ginocchia, ed esporre il suo delizioso fiorellino ai due contendenti, salvo poi ricomporsi e ricoprirsi con simulato pudore.

Nel frattempo la jeep aveva superato la cima di una collinetta. Lo spettacolo li colpì con violenza inaspettata. Khaled bloccò il veicolo e spense motore e fari. Tutti e tre scesero e si fermarono a contemplare il panorama.

Davanti a loro le tre piramidi di Giza si ergevano imponenti. Nella penombra lunare non erano visibili i segni dell'erosione del tempo sulle superfici dei monumenti. Risaltava invece la squisita perfezione geometrica di quelle tre costruzioni, come fossero diamanti interrati per metà nella superficie sabbiosa del deserto. Alisha era rimasta senza fiato, ma anche i due gemelli, che pure dovevano conoscere bene quello spettacolo, fissavano stupefatti la magia di quella visione. Una fresca brezza li sfiorava piacevolmente, e Alisha sentiva l'alito di quel vento impudente carezzarla tra le cosce sotto il vestito. Senza accorgersene, i tre si erano disposti come le tre piramidi: i due gemelli uno di fianco all'altro e Alisha, più piccola, mezzo passo più avanti alla loro destra. Khaled, Selim e Alisha come Keope, Kefren e Micerino. Nel cielo, le tre stelle della cintura di Orione (o di Osiride), ripetevano lo stesso identico schema.

Alisha si mosse con una solennità degna di un antico rito pagano, in stridente contrasto con la scomposta euforia dei minuti precedenti. Stavolta fu lei a prendere l'iniziativa. Prese Khaled per mano e lo condusse verso la jeep, mentre Selim li seguiva a pochi passi di distanza. Si sedette accanto al ragazzo sui sedili posteriori e offrì le proprie labbra schiuse a quelle di lui. Mentre si baciavano liberò la virilità del ragazzo dai pantaloni e prese ad accarezzarla piano con la mano, saggiandone la rigidità.
Poi si dispose a cavalcioni su di lui. Dolcemente si calò facendo scivolare il pene duro nella giovane vagina, umida e accogliente. Danzò languidamente sul giovane, deliziandosi e deliziandolo con il lento sfregamento delle sue morbide pareti interne. L'altro, nel frattempo, l'aveva aiutata con delicatezza a togliersi il vestito. Ora era nuda, completamente nuda, mentre si concedeva a due uomini, sotto il cielo stellato del deserto.

Alisha ricorda che ripeté con altrettanta passione la stessa danza erotica sul fallo di Selim. Poi, di nuovo i ricordi perdono ogni sequenzialità per trasformarsi in un confuso insieme di sensazioni e di immagini accavallate. Le loro mani che la frugavano senza posa. Le loro bocche e le loro lingue che esploravano ogni angolo segreto del suo corpo. I loro peni, sempre miracolosamente rigidi, che Alisha accoglieva con gioia, a ripetizione, dentro di sè. Che lei accarezzava, baciava, leccava. Il piacere. Gli innumerevoli orgasmi che ogni volta la costringevano a gemere di passione verso le stelle.

A poche centinaia di metri, la Sfinge non sembrava infastidita da quei suoni, e continuava a scrutare enigmatica nel vuoto. Come da migliaia e migliaia di anni.

* * * * *

Alisha, dalla finestra della sua stanza, scrutava nel vuoto. Al di là dei vetri, la nebbiosa pianura padana in quel pomeriggio invernale non aveva un grande spettacolo da offrirle.

Tornò a rivedere il pacchetto che aveva appena ricevuto per posta, e che aveva ridestato la spirale dei ricordi. Un papiro disegnato con grande abilità. Sicuramente da un artista, da un maestro, con una raffinatezza di gran lunga superiore rispetto a quella dei papiri che si vendevano sulle bancarelle della casbah del Cairo. In primo piano una rosa stupenda, rossa, tratteggiata sapientemente nei minimi dettagli. Sullo sfondo le tre piramidi di Giza e la Sfinge. Nel cielo, la luna piena. Sotto, vergata con mano incerta, non abituata alla scrittura occidentale, la scritta "Happy Birthday, Alisha. With love." Più in basso ancora, in caratteri arabi, le due firme, che Alisha riconobbe subito.

Khaled e Selim.

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